![]() |
Marica
Peron
|
Il testo che segue scaturisce dalla consultazione degli atti del Consiglio Comunale, della Giunta e delle pratiche amministrative degli anni 1956-1957 ed ha per oggetto un argomento certo dal non forte spessore politico-economico-culturale se paragonato alle problematiche, di ben più gran rilievo per la nostra città, rivestite in quei medesimi anni dal Piano di Ricostruzione dalle distruzioni belliche e dal Piano Regolatore Generale di Ferrara.
Il carteggio esaminato riguarda semplicemente il dibattito sull’ opportunità o meno, svoltosi in Consiglio Comunale, di addivenire all’intitolazione di alcune nuove strade cittadine al nome di personaggi della famiglia d’Este che alla città ha dato il maggior lustro storico.
Al nome di duchesse del casato, in questo caso: Eleonora, Renata, Lucrezia.
Perché l’intitolazione di strade della città al nome delle duchesse Estensi Eleonora, Renata di Francia e Lucrezia? Perché a loro e non invece a ricordo di tre illustri musicisti, universalmente conosciuti: Giacomo Puccini, Gioacchino Rossini e Gaetano Donizetti come invece inizialmente proposto dalla Commissione per le Pubbliche Onoranze? Prevalse il criterio di ricordare possibilmente personaggi della storia ferrarese "figure di gran rilievo di uno dei periodi più fulgidi della storia di Ferrara; che tali nomi rivestono un interesse notevole anche ai fini turistici, senza tener conto che il giudizio comunemente dato su di essi fino ad oggi non sembra possa reggersi alla luce di nuovi studi".
Il Consiglio Comunale, nella seduta del 10 maggio 1957, prese in esame, senza deliberare, la proposta della Giunta di dare un nome a nuove strade cittadine, periferiche rispetto al centro storico, nella zona urbana interessata dalle costruzioni abitative della lottizzazione Bigoni-Società Ariostea, tra le vie Luigi Borsari e Montebello e attuate in seguito all’adozione recentissima del nuovo Piano Regolatore Generale della città.
Lo storico ed erudito cultore di storia ferrarese Gualtiero Medri, all’epoca Direttore della Pinacoteca Comunale di Palazzo dei Diamanti, socio e già Segretario della Deputazione di Storia Patria venne interpellato per fornire una scheda biografica sulle candidate alla intitolazione.
Di Eleonora scrisse:
"Figlia di Ferdinando d’Aragona re di Napoli, venne a Ferrara sposa di Ercole I nel 1473. Nei vent’anni in cui fu nostra duchessa si dimostrò moglie ottima e madre amorosissima. Come sovrana rivelò una rara intelligenza degli affari di Stato e fu sempre la più saggia e la più avveduta consigliera del marito. Questi nelle sue assenze lasciava a lei la direzione del governo che guidava con maschia energia. Generosa coi poveri, fu larga soccorritrice di ospedali e di altre benefiche istituzioni, provvide all’accasarsi di numerose giovani fornendole di dote, intervenne persino a sistemare difficili situazioni familiari. Considerava il popolo una grande famiglia della quale sentiva il dovere di essere la reggitrice."
Della duchessa Renata di Francia, sicuramente la più conosciuta delle tre per il suo più ampio spessore culturale e per le ripercussioni che le sue scelte religiose ebbero sulle vicende politiche e sociali della Signoria, il Medri disse: "Figlia di Luigi XII, fu sposa di Ercole II; visse a Ferrara dal 1528 al 1560. In tale anno lasciò l’Italia e si ritirò nel suo castello di Montargis in Francia. Fu d’illibati costumi e di grande intelligenza. Orgogliosa della sua nascita reale e strettamente legata alla sua patria, considerò la sua permanenza a Ferrara come un esilio. Calvinista, fece della sua Corte un centro ereticale che sollevò l’indignazione di Roma, e procurò al marito, feudatario della Chiesa, numerose e gravi preoccupazioni. Rimasta vedova nel 1559, fu dal figlio Alfonso II costretta a scegliere tra l’abiura e l’esilio; ritiratasi a Montargis, vi morì nel 1575. Il nome di questa sovrana, celebre nella storia dei movimenti ereticali in Italia e in Francia, esercita tuttora un grande fascino, e la cosiddetta "Cappella di Renata di Francia" in Castello è frequente meta di visitatori stranieri, specialmente tedeschi."
Di Lucrezia Borgia, discussa presenza di non breve durata presso la Signoria Estense, Gualtiero Medri tracciò questo profilo biografico che risente degli studi della scrittrice Maria Bellonci che hanno contribuito, in modo determinante, a ridefinirne la personalità: "Seconda moglie di Alfonso I. Fu Duchessa di Ferrara dal 1501 al 1519 anno di sua morte. Bella, colta, raffinata, accentuò nella Corte l’atmosfera di eleganza e di fasto, in perfetta armonia col pieno fiorire del Rinascimento. Benché accolta senza entusiasmo nella famiglia Estense lei seppe col suo fascino e colla sua irreprensibile vita conquistare i nuovi congiunti e volgere in affetto la primitiva freddezza. Le esaltazioni poetiche dell’Ariosto e di altri illustri, non furono soltanto il doveroso omaggio di letterati di Corte, ma sincere espressioni di una meritata ammirazione. Alfonso nutrì per lei un affetto profondo e fidando nella sua vivida intelligenza la ebbe a preziosa collaboratrice negli affari di Stato. A lei aveva affidata, in particolare la pubblica beneficenza, che dirigeva con avvedutezza e con regale generosità. Nonostante che studi equi e sereni d’illustri storici e primo tra questi il Gregorovius, tedesco e protestante, abbiano detersa la sua fama, insozzata da infami calunnie, il nome di Lucrezia Borgia, la più celebre donna del suo tempo e la più celebre duchessa di Ferrara, esercita ancora un grande fascino…"
Un "grande fascino", che ancora esercitava il suo influsso e perdurava nella memoria collettiva dei nostri amministratori, dopo tanti secoli dalla sua scomparsa e di quel periodo storico irrepetibile in cui si trovò a vivere, importantissimo per la storia di Ferrara.
In Consiglio Comunale, il 21 novembre 1957, si svolse un'accesa discussione in merito all’intitolazione: intervennero Consiglieri della maggioranza e della minoranza con opinioni divergenti tra loro e talvolta difformi dal rispettivo schieramento politico di appartenenza. In discussione è soprattutto il merito acquisito da Lucrezia Borgia ad avere intitolata al proprio nome una strada.
Il Consigliere della minoranza Mario Dotti così argomentò la sua dichiarazione a favore: "…Non si tratta di dare una medaglia di benemerenza a Lucrezia, a R enata o a Eleonora; qui si tratta soltanto di ricordare dei personaggi che hanno risonanza storica, che non è poi una risonanza malvagia come quella di Cesare Borgia. Non staremo qui a fare della polemica su delle esagerazioni: non dico che Lucrezia sia stata una donna da canonizzare sugli altari, me ne guardo bene!; dico, però, che la storia di Lucrezia ha un grande fascino perché si intreccia con quello di personaggi di cartello, di primissimo piano…Mi pare che possiamo con tranquilla coscienza dedicare una strada a Lucrezia Borgia, senza assumere la responsabilità dei suoi trascorsi, che probabilmente sono forse inferiori alla fama che il romanticismo del secolo scorso le ha creato."
Concordò con le affermazioni del Consigliere Dotti l’Assessore alla Pubblica Istruzione Francesco Loperfido che nel suo intervento mise in rilievo il ruolo politico e culturale che queste donne rivestirono nella società del loro tempo: "Lucrezia e le altre duchesse hanno avuto una funzione storica di primissimo piano nella politica dello Stato Estense, sia nei rapporti con gli Stati confinanti di Mantova, con lo Stato romano, con lo Stato di Venezia, sia anche con lo Stato di Francia che allora era una grande monarchia, la più grande e la più efficiente monarchia d’Europa insieme a quella spagnola. Sono nomi, che non si possono distogliere e distaccare dalla storia del Ducato Estense. E’ la storia del Ducato estense, e la storia anche delle nostre tradizioni, perché del Ducato non facevano parte solo i duchi, ma faceva parte anche il popolo ferrarese. Che il popolo ferrarese fosse in posizione, subalterna, non significa che non abbia esercitato in certi momenti un’azione dal punto di vista storico molto efficiente e molto importante…i nomi delle tre duchesse hanno bisogno di essere ricordati proprio dai ferraresi, prima di tutto. La nostra storia non possiamo trascurarla…posto che, poi, Lucrezia Borgia incarnasse o incarni, soltanto il male, il che non è, a una serie di studiosi che hanno in certo senso ripreso la vecchia polemica ottocentesca e, direi, anche in certo senso volgarmente anticlericale contro quel periodo, una serie di studiosi è venuta oggi ad un più sereno ed approfondito giudizio sulla funzione di Lucrezia Borgia e sulla sua figura, più strumento di una politica in molti momenti, che parte attiva e responsabile."
Di ben altro avviso fu l’Assessore alla Cultura Mario Roffi che nella seduta del Consiglio Comunale del 10 maggio 1957 manifestò perplessità complessive sull’opportunità di intitolare al nome delle tre duchesse altrettante strade della città, ma soprattutto pronunciò espressioni particolarmente crude nei riguardi di Lucrezia: " Renata di Francia…ha dato una sua impronta alla corte ferrarese, proprio attirando presso di essa grandi personaggi che erano, si, della sua stessa opinione religiosa ma, per quello che interessa noi, erano grandi studiosi, uomini insigni che hanno dato lustro, con le loro visite, alla città di Ferrara…Eleonora d’Este, per quello che mi risulta, è stata una duchessa Estense, è vero, ma non ha alcun altro titolo di merito speciale…Partendo da questi presupposti, dovremmo intitolare una via a tutte le duchesse Estensi…A maggior ragione, poi, non vedo il motivo per il quale dobbiamo dedicare una via a Lucrezia Borgia, e questo non certo per motivi moralistici…Certo è che il personaggio di Lucrezia Borgia, anche se si sta tentando di rivalutarlo con un'indagine storica più intelligente, più acuta –quale è, ad esempio, sul piano di un bel romanzo, il libro di Maria Bellonci- è sempre di poco rilievo nelle vicende storiche della sua epoca. Direi anche che la rivalutazione di Lucrezia Borgia porta ad una considerevole riduzione del personaggio. Infatti, essa appare la vittima di mene altrui, però sempre partecipe di azioni gravi ed assai losche e non dico tanto da un punto di vista della morale corrente, quanto proprio dall’alta morale…se noi togliamo ad essa quell’aureola di "fiore del male", di cui è contornata dalla storia o dalla leggenda, se la spogliamo di quella fama, falsa od esatta che sia…di lei non resta nulla.La questione è questa. Ammettiamo pure che essa non abbia compiuto nessuno dei delitti di cui è stata accusata, a torto o a ragione, ammettiamo che non si sia macchiata di nessuna delle sozzure – perché di sozzure si tratta e non più di "godersi la via" – di cui è stata accusata dai suoi contemporanei…e allora di lei che cosa rimane? Nulla…Se è celebre, lo è per delle cose alle quali non merita davvero dare pubblicità. Se togliamo questo, resta Lucrezia Borgia, buona madre di famiglia, se lo è stata, bella donna, cantata dall’Ariosto e dagli altri cortigiani del tempo che avevano steso un generoso velo sul suo passato burrascoso vissuto prima di arrivare alla Corte Estense: troppo poco per intitolarle una via."
Nessuna discussione suscitò invece la proposta di intitolare una strada al nome di Isabella d’Este, nell’ambito della stessa seduta del Consiglio Comunale.
La sua scheda biografica fu stesa dal Direttore della Biblioteca Comunale Ariostea Luciano Capra che ne evidenziò il grande impegno a favore della cultura del suo tempo.
"Isabella d’Este Aragona, marchesa di Mantova. Nata a Ferrara nel 1474 dal duca Ercole e da Eleonora d’Aragona, fu educata da Battista Guarini e da altri. A sedici anni andò sposa a Francesco Gonzaga, marchese di Mantova. Donna coltissima, raccolse intorno a sé, a corte, l’Equicola, Battista Spagnoli, Baldassare Castiglione, Matteo Bandello. L’Ariosto nel ’32 le offrì copia della prima e dell’ultima edizione del Poema. Ebbe relazione col Boiardo, col Berni, col Bibbiena, col Trissino, col Bembo e con Girolamo Vida. Leonardo, il Francia e il Tiziano dipinsero ritratti di lei. Così ricca attività nel campo della cultura e dell’arte, fu accompagnata in Isabella da altrettanta e saggia attività in negozi politici delicatissimi. Morì il 14.2.1539."
Ad oltre quattro secoli dalla morte, il personaggio di Lucrezia Borgia faceva ancora discutere ed era in grado di appassionare i membri del nostro massimo consesso cittadino, divisi nel giudizio, ma allo stesso tempo affascinati dall’aura di mistero che circondava una discussa donna, divenuta, forse suo malgrado, un "mito".