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Vincenzo Monti e sua moglie Teresa Pikler vivevano a Roma in via dei Prefetti, non lontano dall’abitazione di Antonio Canova, quando il 7 giugno 1792 nasceva la loro figlia Costanza. Era una bella bambina; crescendo il suo incarnato diventava sempre più vellutato e colorato come i boccioli delle rose. Nel palazzo di famiglia a Maiano, dove trascorse gli anni della prima fanciullezza, gli zii paterni Francesco Antonio e il sacerdote don Cesare aspettavano a braccia aperte la nipotina che ricordava nei tratti le sembianze della nonna. Tra la gioia dei genitori ben presto Costanza manifestò doti di intelligenza non comuni e una spiccata sensibilità per le arti e la letteratura. A trent’anni, Costanza, vedova Perticari e in gravi ristrettezze economiche, tornava a vivere a Milano, dove risiedevano i suoi genitori; qui conobbe Paride Zajotti, con il quale strinse un’amicizia che l’accompagnò fino alla sofferenza terminale della sua vita, e la confortò nella dura prova della malattia. Con non poche difficoltà per i prezzi esosi prendeva in affitto un modesto appartamento a Ferrara in strada del Pollaro n. 908(odierna via Ariosto, n. 29), vicina al collegio delle Orsoline, dove sperava di poter tornare come insegnante di storia e letteratura italiana. Dopo
la morte di Costanza, avvenuta il 7 settembre 1840, alcuni cimeli da
lei posseduti, legati alla memoria dell’adorato padre, vennero in possesso
della Biblioteca Pubblica di Ferrara, dopo diverse traversie, mentre
i suoi amatissimi libri furono ceduti. Alla dispersione sopravvive a
Ferrara, in una collezione privata, una piccola raccolta di opere. Vi
figurano edizioni di Teofrasto, Orazio, Virgilio, le Visioni di Alfonso Varano, lettere e versi
di Torquato Tasso, la Vita di
Dante compilata dal Boccaccio: i grandi maestri dai quali, sull’esempio
del padre prima e del marito poi, Costanza aveva appreso l’amore della
patria letteraria e della parola poetica. |