*
Parte della seguente intervista a Paolo Trabucco è compresa
in una più ampia intervista a più voci, pubblicata
con lo stesso titolo su www.alice.it il 14 aprile 2004
-
Quest'anno è il terzo appuntamento con il Convegno Culture
e letterature della migrazione, come organizzatore dell'evento qual
è il significato e la valenza da attribuire ad occasioni
come queste?
Il convegno, promosso dal Cies - Ferrara
e dall'associazione Cittadini del Mondo, si pone in continuità
con il lavoro svolto da queste associazioni, che da anni cercano
di favorire l'integrazione e la tutela degli immigrati, realizzano
interventi sull'educazione interculturale, offrono alle scuole un
servizio di mediazione linguistico-culturale e organizzano attività
volte alla promozione del dialogo tra culture diverse.
Negli ultimi anni il Cies di Ferrara si è occupato anche
di letteratura della migrazione, curando il sito Voci dal silenzio
(www.comune.fe.it/vocidalsilenzio), che promuove iniziative culturali
sulle tematiche dell'immigrazione e pubblica testi di scrittori
migranti. Questo percorso si è arricchito con l'ideazione,
nel 2002, di un convegno specifico sulle culture e letteratura della
migrazione.
Uno degli obbiettivi perseguiti sia da Voci dal silenzio che dal
convegno è quello di far dialogare tra loro artisti e scrittori
italiani e stranieri, in un contesto di confronto e di conoscenza
reciproca tra "voci migranti e autoctone", nella convinzione
che stringere relazioni sempre più strette tra questi universi
culturali costituisca la base per un reciproco arricchimento e per
l'integrazione tra espressioni culturali diverse.
L'espressione artistica e letteraria, che sono potenti veicoli di
messaggi, possono contribuire a sviluppare questo confronto, creando
momenti di conoscenza reciproca e di mutuo arricchimento culturale.
Vorrei poi ricordare le parole del nostro amico Franco Argento,
recentemente scomparso, che con la sua inesauribile passione militante
ha dato un impulso fondamentale all'ideazione e all'identità
di queste iniziative:
"Le parole della letteratura, i nostri sguardi, rispecchiati
in quelli degli altri, favoriscono il dialogo fra le persone e le
culture; particolarmente importante oggi, quando le parole come
"sicurezza" e "stabilità" nascondono
chiusure razziste anche in una piccola realtà come Ferrara."
-
Il tema proposto quest'anno è oralità e scrittura,
un tema molto ampio. Nello sceglierlo, quali aspetti della letteratura
migrante si vogliono sottolineare?
Questo tema è emerso da alcune suggestioni fornite dal convegno
dello scorso anno. Certamente può apparire vasto e poco circoscritto,
ma l'abbiamo volutamente lasciato così ampio, perché
abbiamo immaginato un incontro non di tipo "accademico",
ma aperto soprattutto al confronto tra autori, alla luce delle loro
personali esperienze umane, artistiche e letterarie.
Alcuni autori portano con sé le tracce di culture ancora
intimamente legate ad una tradizione orale, e con questo significativo
patrimonio si misura costantemente la loro esperienza letteraria.
Ma più in generale, così come nel passaggio dalla
lingua parlata a quella scritta si conserva una "memoria sonora"
della parola, della sua tonalità semantica, anche nel passaggio
da un canone espressivo ad un altro, da un sistema linguistico ad
un altro si conservano tracce di antiche appartenenze che si mescolano
alle nuove.
Questi intrecci, fatti anche di interferenze linguistiche, stratificazioni
di registri, scarti dalla norma, pluralità di memorie, di
storie, di tonalità emotive o la vitalità che i temi
letterari, la narrazione orale, la poesia possono assumere nel contaminarsi
con forme espressive quali il canto, la musica, la drammatizzazione
rappresentano senza dubbio un aspetto comune a tante creazioni artistiche
e letterarie prodotte da chi ha vissuto o partecipa in vario modo
dell'esperienza della migranza.
E queste forme espressive risultano tanto più evocative e
capaci di veicolare significati quanto più si arricchiscono,
oltre che di diversi linguaggi, di diverse culture e di diverse
capacità di leggere il mondo e tradurlo in gesto comunicativo
capace di scavalcare ogni frontiera linguistica e culturale.
Confidiamo nel fatto che l'incontro tra autori di diversa provenienza
e formazione e il loro confronto su un tema come questo, proprio
perché ampio e quindi aperto a differenti chiavi di lettura,
possa fornire un interessante terreno di riflessione.
-
Come viene percepito (editorialmente parlando) il lavoro degli scrittori
migranti?
Non sono un profondo conoscitore del mondo
e dei meccanismi editoriali.
Quello che posso osservare è che al di là di alcuni
autori che pubblicano per grandi case editrici, la visibilità
di questa letteratura è affidata, oltre che al dinamismo
culturale degli stessi autori migranti, all'impegno quasi militante
di chi tenta di promuoverla: penso, per esempio, al ruolo pionieristico
svolto dagli studi del Prof. Armando Gnisci, dal concorso Eks&tra,
e a quello di ricercatori, riviste, associazioni e piccole case
editrici, che tentano di alimentarne la conoscenza e la diffusione.
-
E' possibile configurare una identità per la letteratura
migrante ? E semmai si possono tracciare alcuni degli elementi che
la valorizzano.
Nonostante la letteratura migrante non costituisca
ancora un fenomeno ampiamente diffuso e conosciuto, il dibattito
intorno ad essa è piuttosto approfondito e ha consolidato
alcune consapevolezze largamente condivise.
Di fronte a una realtà in così rapida e profonda trasformazione,
la letteratura della migrazione si offre, da un lato, come specchio
dei mutamenti sociali e culturali in corso, dall'altro come chiave
di lettura di questa nuova complessità.
La letteratura della migrazione rappresenta una significativa testimonianza
su altre culture e tradizioni; rivela una particolare sensibilità
verso tematiche legate all'emarginazione e allo sfruttamento. Inoltre
le opere degli scrittori migranti, facendo incontrare e mescolando
le diverse culture di provenienza con quelle del paese d'arrivo
producono un significativo rinnovamento del panorama linguistico
e letterario e costringono a riconsiderare i confini della mentalità
comune e della stessa geografia letteraria. Proprio per questo,
poi, per il contributo che offre nel far prendere coscienza del
fatto che ogni identità culturale è sintesi di molteplici
apporti, scambi, incontri, questa letteratura contiene un alto valore
educativo nella prospettiva interculturale.
Si potrebbe aggiungere che ciò che distingue il rapporto
tra letteratura e migrazione, e ne fa un motivo di profondo interesse
e di confronto obbligato in una prospettiva transculturale, è
la sua prerogativa di consentire diversi livelli di indagine, se
si assume la "migranza", nel suo senso più ampio,
al di là di rigide categorie sociologiche, come metafora
della condizione umana contemporanea.
-
Come organizzatore, quali sono state, se ci sono state, le maggiori
difficoltà nel dare vita a questo tipo di eventi?
A rendere concretamente possibile la realizzazione
dei nostri convegni sono la grande disponibilità e l'entusiasmo
di coloro che vi partecipano, con i quali nella maggior parte dei
casi, la sintonia culturale si trasforma in veri e propri rapporti
di amicizia.
Una grande difficoltà diventa, allora, per noi, il momento
di scegliere ogni volta gli ospiti, perché questa scelta
comporta inevitabilmente delle esclusioni.
Occorre dire che nessuno ci ha mai fatto pesare l'imperizia, il
carattere un po' "ruspante", le inevitabili ingenuità
che caratterizzano le nostre manifestazioni, conseguenze di uno
slancio volontaristico che deve supplire competenze di ordine pratico
o organizzativo che rappresentano per noi, alle volte, misteri sconosciuti.
Quest'anno, però, una difficoltà ha sormontato tutte
le altre: doverci confrontare con l'assenza di Franco Argento, il
modo, suo, di far nascere gli incontri culturali e umani, il suo
prendersi cura di tutti, la sua spigliata ma in realtà attenta
dedizione al convegno di cui era il primo a sentirsi destinatario
curioso e privilegiato. Per me la mancanza di un amico.
-
Il convegno prevede come spettatori eccellenti gli studenti delle
scuole superiori, quanto è importante questa scelta nel contesto
di una società italiana sempre più multiculturale
ma che fatica ad attuare un progetto etico di interculturalità?
Per noi è stato importantissimo confrontarci,
in questi anni, con un pubblico così "eccellente".
Il nostro convegno è stato sempre preceduto da una fitta
rete di collaborazione con le scuole superiori di Ferrara, presso
le quali sono state avviate attività sulla letteratura della
migrazione e si sono tenuti incontri con scrittori migranti.
Le attività degli insegnanti e degli i studenti e i loro
contributi, ricchi e a volte originali, vengono presentati al convegno
mescolandosi agli interventi degli scrittori, e ne costituiscono,
indubbiamente, la caratteristica distintiva.
Noi crediamo che sia indispensabile educare i giovani al confronto
con altre lingue e culture come veicolo per costruire relazioni
aperte, soprattutto alla luce di quanto si manifesta quotidianamente
davanti ai nostri occhi.
Quello che ci scorre davanti è un mondo nel quale le frontiere
e i confini paiono sempre più rarefatti. In realtà,
al crescente universalismo delle merci non corrisponde l'universalismo
dei valori e dei diritti. Dietro all'apparente integrazione dello
spazio economico e comunicativo, le distanze non si misurano più
in chilometri, bensì in denaro e si approfondiscono le distanze
sociali (il reddito medio di un cittadino statunitense è
pari a 232 volte quello di un mozambicano); si diffondono nuove
forme di estraneità, resistenze localistiche, forme xenofobe
ostili verso ogni forma di alterità.
Di fronte a tutto questo pensiamo che iniziative come la nostra
costituiscano un' utile proposta formativa fatta di interesse per
le altre culture, scambio di esperienze, rimessa in discussione
dei propri punti di vista, apertura all'altro, riconoscimento di
un comune patrimonio umano: insomma gli atteggiamenti indispensabili
per la scoperta dell'interculturalità.
-
Paolo, ora che il convegno si è concluso quali sono le tue
considerazioni in merito a questa terza edizione?
Questa terza edizione del convegno ad un
primo, provvisorio, bilancio, ci sembra aver avuto una riuscita
che è andata perfino oltre le aspettative. Abbiamo sperimentato
una formula che è parsa particolarmente efficace: sia nelle
due sessioni mattutine, durante le quali gli autori hanno avuto
ampio spazio per la presentazione delle loro opere, sia in quella
pomeridiana, in un contesto più raccolto, dedicata alla tavola
rotonda. Il pubblico, composto prevalentemente di studenti, ha partecipato
con interesse e, come nelle precedenti edizioni, ha portato al convegno
i frutti delle esperienze didattiche che si sono realizzate in questi
mesi nelle scuole sui temi dell'educazione interculturale e della
letteratura migrante, mescolando così le voci dei ragazzi
con quelle degli scrittori.
Il risultato complessivo ci è parso in assoluta sintonia
con le finalità dell'iniziativa. Si sono intrecciate voci,
storie, linguaggi diversi, differenti punti di vista. La riflessione
sul tema dei rapporti tra oralità e scrittura ha fatto poi
emergere come le pluralità di voci, di storie e linguaggi
possono ritrovare un terreno comune, radici estese che percorrono
i tempi e i luoghi, là dove risuona la voce di tradizioni
orali e popolari solo apparentemente lontane.
Può capitare dunque di riscoprire il rituale e le strumentazioni
vocali del canto a tenore sardo in alcune esperienze di poesia sperimentale
contemporanea, si può ritrovare l'Europa medievale nella
letteratura orale del Sertao, nel Nordeste brasiliano, si possono
riscoprire affinità inaspettate tra la literatura de cordel,
i cantastorie padani, i meddah che raccontano storie nei cortili
nordafricani e gli improvvisatori in ottava rima dell'appennino
tosco-laziale. E ritrovare tracce di questa migranza di senso e
significati in quelle esperienze letterarie che sanno testimoniare
di come la parola poetica, la parola narrata, possano attraversare
luoghi e culture, scavalcare confini e appartenenze in una prospettiva
sempre aperta.
|