Atti del Quarto Convegno Nazionale
Culture e letteratura della migrazione - "Città identità culture"

Ferrara 15 - 16 aprile 2005

 

 

Città, identità, culture
La misura del mondo tra modelli cartografici e descrizioni letterarie

di Franco Farinelli


integrazioni fra tratti dell’intervento di Franco Farinelli nella Tavola rotonda del Convegno e passi del suo libro Geografia, Einaudi, 2003

 

A proposito di migranti e di città: chi si sposta oggi fa problema perché tutta la mentalità occidentale vuole che il soggetto stia fermo. Oggi non è possibile rifare la cartografia e tuttavia si ammette che esista la distanza. Il Portico degli Innocenti di Firenze, come metafora della staticità del soggetto: per un problema di prospettiva, il soggetto deve star fermo; Firenze si accorge di essere una città prospettica proprio nel Quattrocento, quando viene scoperto Tolomeo (geografo del II secolo d.C.), un migrante fra i linguaggi

In un testo di saggezza cinese comunemente ritenuto la <Bibbia> del taoismo, il Tao-tê-ching, si descrive alla fine la felicità di un paese ideale: dove tra l’altro non si usano strumenti di lavoro, non si adoperano mezzi di trasporto, dove gli uomini non emigrano e, sebbene esistano villaggi l’un l’altro vicini in modo tale che si odono cantare i galli e abbaiare i cani, i loro abitanti non si frequentano mai. Si tratta probabilmente di una contrada mai esistita, almeno in tempi storici e almeno in Occidente. Se Ulisse non avesse sentito le voci dei Ciclopi e i belati delle capre provenire dalla terra di fronte alla spiaggia dov’era approdato insieme con i suoi compagni, lo spazio non sarebbe mai stato inventato, come vedremo. Proprio la terra dei Ciclopi anzi, non arata né seminata, e abitata da giganti che vivono sul mare ma non conoscono le navi, somiglia molto al paese descritto dal maestro taoista. Lo scontro tra Ulisse e Polifemo è lo scontro tra chi conosce leggi e assemblee, dunque agisce in termini politici, che presuppongono cioè l’esistenza della città, e chi invece non conosce nulla di tutto questo. Ma prima ancora è lo scontro tra chi si muove e chi sta fermo: l’opposizione originaria, il cui esito, favorevole alla mobilità, ha fatto di quest’ultima la condizione fondamentale per tutto quello che chiamiamo cultura.
(
F.Farinelli, Geografia, p. 118)

Se lo spazio è l’applicazione al mondo di una misura metrica lineare e la terra è un globo, noi non possiamo ignorare che la terra è un globo.

Il più bel libro di geografia della seconda metà del Novecento è stato scritto da uno storico della scienza e da un’antropologa, de Santillana e von Dechend (Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, Adelphi, 1983) e prende il titolo dal mulino che, secondo l’antica saga nordica macinava in sabbia gli scogli e le membra degli esseri viventi. Il mulino veniva mosso dall’obliquità dell’eclittica, dall’inclinazione dell’asse terrestre rispetto alla traiettoria del Sole nel corso dell’anno. Esso è insomma la Terra stessa, che ai giorni nostri frantuma senza sosta l’unità delle formazioni politiche, sociali e culturali e disperde da una parte all’altra i corpi delle donne e degli uomini. I quali sono così costretti a riscoprire nel vivo della carne, violentemente, il carattere illusorio di ogni visione del mondo fondata sull’unità piuttosto che sulla molteplicità, e sulla staticità delle cose piuttosto che sulle relazioni basate sui flussi: le antinomie alla base di ogni racconto mitico, dunque di tutta la conoscenza occidentale.
(F.Farinelli,Geografia, p. 118)

Lo Spazio e il tempo oggi non esistono più nell’epoca della globalizzazione. Il funzionamento del mondo dipende da altro: denaro e informazioni non viaggiano nello spazio. I processi di produzione e la stessa esistenza nelle città si svolgono sempre più in una dimensione invisibile che è quella dei flussi elettronici.
Nessuna cartografia rispecchia più il mondo come è adesso. Non ci sono più modelli per rappresentare il mondo.
Il mondo oggi comincia a smaterializzarsi: agli atomi si sostituiscono i bit, e ciò comporta la distruzione dello spazio: non c’è più distanza, quindi unità di misura del mondo. Ci mancano le parole perché non sappiamo più vedere. Ci servonoi descrizioni letterarie, non spiegazioni scientifiche. Ecco perché abbiamo bisogno degli scrittori.
E agli interventi degli scrittori Lamsuni (“la città come spazio di integrazione, di civiltà”), Paraskeva (un racconto autobiografico che ha come protagonista il lungomare di Atene), Mmaka (esempi, in Africa, di spazio usato come strumento di controllo: il ghetto, in Sudafrica – ma il ghetto è, anche, un luogo nel quale si mantiene viva la cultura di un gruppo? - ; Mombasa, in Kenia, città fatta di tanti ghetti) Farinelli risponde osservando che il racconto di Helene Paraskeva mostra come un luogo, il lungomare, si trasformi in spazio perché vissuto col cuore e il ricordo e sostenendo l’opportunità che si studi il modo in cui i migranti si dispongono nelle città (e, aggiunge, curiosamente i modelli sono migranti).

Un luogo, è stato affermato, è un “campo d’attenzione”, la cui forza dipende dall’investimento emotivo di chi lo frequenta. A differenza di un monumento, un luogo non può essere conosciuto dall’esterno, ma soltanto dall’interno, ed esso è strettamente connesso alla nostra identità, che è qualcosa di definibile unicamente in competizione con gli altri. Proprio per questo ogni luogo è un piccolo mondo, nel senso di qualcosa che dipende da un complesso di relazioni tra esseri umani.”
(F.Farinelli, Geografia, p. 121)

Che cos’è, allora, la città? […] Per definire in genere la città basta generalizzare tale idea: città è ogni sede in grado di produrre un’immagine materiale, pubblica e perciò condivisa, della forma e del funzionamento del mondo o di una sua parte. […] la produzione di informazione specializzata è il motore dell’attività urbana anche prima dell’epoca moderna. E soltanto ai giorni nostri essa tende ad assumere la forma immateriale, come lo stesso funzionamento urbano.
(F.Farinelli, Geografia, p. 153)



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