Scritture & linguaggi del mondo
di Roberta Alunni/Pietro Deandrea/ Pier Paolo Eramo

Roberta Alunni/Pietro Deandrea/Pier Paolo Eramo
Scritture & linguaggi del mondo
La Nuova Italia, 2001 - Euro 9,65

Presentazione dell'autore

“Scritture e linguaggi del mondo”: voce alla letteratura del Sud di Pier Paolo Eramo


    Un vecchio pastore indiano, un inglese innamorato dei ghetti sudafricani, un briccone maliano alla ricerca di avventure, un colono bianco tra gli indios dell’Amazzonia, pakistani a Londra e Algerini a Parigi sono tra i variopinti personaggi che popolano un’antologia di recente pubblicazione dedicata alla letteratura del Sud del mondo (R. Alunni, P. Deandrea, P.P. Eramo, Scritture e linguaggi del mondo. Narrativa per l’educazione interculturale, La Nuova Italia, Rcs Scuola, Milano 2001). L’antologia è un percorso tra romanzi e di racconti di autori africani, indiani, asiatici e sudamericani alla ricerca di temi che vanno da Le storie degli “altri” (l’incontro/scontro tra Nord e Sud) alle Altre visioni del mondo (le culture e i valori oltre l’Occidente), passando per gli squilibri e le ingiustizie del nostro sistema (Ai margini della globalizzazione), i diritti umani e il fenomeno migratorio (Migrazioni e culture).

   
Compilare un’antologia di letteratura, per di più con un orizzonte così vasto, pone certamente delle questioni molto complesse, la cui trattazione – pur molto sintetica – può essere utile a un suo corretto utilizzo nella scuola italiana.
   
Intanto, che cos’è il Sud del mondo? Sono i paesi poveri che troviamo nelle classifiche degli organismi internazionali? Ha senso adottare un criterio economico per parlare di letteratura? E poi chiameremo Sud anche i paesi dell’Est europeo? Oppure la Cina? Il criterio che abbiamo scelto è un altro: nell’antologia abbiamo concentrato la nostra attenzione sulla letteratura prodotta nei paesi che hanno avuto con l’Europa prima, con gli Stati Uniti poi un rapporto di sudditanza coloniale (o neocoloniale), senza tralasciare i fenomeni di colonialismo "interno": penso agli indigeni in America settentrionale, centrale e meridionale, alle popolazioni caraibiche, agli aborigeni e a tutte le grandi minoranze che nella storia hanno avuto la peggio (dalla Turchia al Sudafrica).
   
Allo studioso o al lettore smaliziato che ci chiedesse che razza di criterio è mai questo, risponderemmo con un certo imbarazzo che ne conosciamo tutti i limiti, ma che siamo altrettanto pronti a difenderlo. Pur avendo nobili antenati nei cosiddetti post-colonial studies (di tradizione soprattutto anglosassone e poi francese) e in quel filone di studi che ha coniato il termine di world fiction, ammettiamo che si tratta pur sempre di una notevole marmellata, dal momento che con disinvoltura abbiamo messo insieme uno scrittore egiziano con uno cileno, affiancati - magari – da un pakistano che scrive a Londra o da un indonesiano che vive negli Stati Uniti.
La nostra scelta è giustificata da due criteri: il primo è che ci rivolgiamo principalmente alla scuola italiana, con particolare attenzione ai programmi di insegnamento della letteratura nel biennio e nel triennio delle superiori. Dove la presenza di autori ‘del Sud’ è assolutamente sporadica, ma nello stesso tempo la ‘domanda’ di strumenti per l’educazione interculturale che si integrino nel curricolo si fa sempre più pressante. Questo ci porta a compiere scelte drastiche, a privilegiare testi di facile lettura, adatti a un adolescente, intriganti per l’insegnante e soprattutto ‘sfruttabili’ dal punto di vista educativo.
   
Il secondo, immediatamente collegato, discende da una celebre affermazione dello scrittore nigeriano Chinua Achebe, per il quale “la cosiddetta autonomia della letteratura è merda deodorata”: lo scrittore ha il compito di spiegare al suo popolo “dove batte la pioggia”, secondo un’interpretazione fortemente engagée dell’attività letteraria. Le obiezioni sono ovvie: la letteratura è prima di tutto letteratura e non possiamo imporre o pretendere da un autore diciamo brasiliano restrizioni tematiche o un ‘impegno’ sociale o politico che mai ci sogneremmo di chiedere a uno europeo. A queste rispondiamo con una constatazione di fatto e una motivazione ‘utilitaristica’: la prima è che la maggior parte della produzione letteraria del Sud è profondamente segnata da tematiche sociali e politiche, dalla riflessione sull’ineguaglianza, sul colonialismo, sull’ibridazione culturale, ecc.; la seconda è che questi temi risultano per noi utilissimi per costruire una via ‘narrativa’ all’educazione interculturale nella scuola, intesa come riflessione/azione su tematiche globali quali l’ambiente, lo sviluppo, i diritti umani, le relazioni tra culture.
Considerati questi fini, l’utilizzo dell’antologia risulta fortemente produttivo. Intanto perché mette di fronte la cultura scolastica italiana, un po’ malata di eurocentrismo, a una prima significativa constatazione: negli ultimi anni la produzione letteraria soprattutto in lingua inglese e francese (proveniente dalle ex-colonie, ma anche da autori di origine “coloniale” che vivono nei Paesi europei, in Nordamerica e Canada) si è fortemente sviluppata e ha raggiunto notevoli risultati qualitativi. Da tutto questo il mercato italiano è stato per molti anni escluso, a parte alcune traduzioni e l’opera innovativa di alcune piccole o piccolissime case editrici. Si tratta di testi che hanno ormai un mercato globale, non di letteratura marginale: non conoscere le loro tematiche e il mondo che sottendono significa isolarsi da una delle ‘correnti’ più produttive della letteratura mondiale.
In secondo luogo dare spazio nella nostra quotidianità educativa alle voci letterarie provenienti dal Sud significa restituire nel dialogo interculturale un ruolo di soggetti a culture che sono state per decenni schiacciate dal colonialismo e dalle sue eredità e che nel corso del Novecento (a parte la letteratura araba, che ha ben altro passato) hanno imparato a servirsi in modo nuovo degli strumenti stessi dei colonizzatori (in primo luogo la lingua). Nello stesso tempo va detto che molta di questa letteratura non va considerata una produzione ‘etnica’ (buona per studiare storie, usi e costumi di popoli che molti considerano ‘primitivi’): questi testi hanno – come qualsiasi opera letteraria degna di questo nome – un valore universale, come a dire che in buona sostanza parlano anche di noi (de te fabula narratur, diceva il buon Orazio). Ci parlano cioè del futuro delle nostre città e delle nostre società: l’inquietudine e l’insicurezza, i temi globali (ambiente, sviluppo, povertà e ricchezza, violenza, potere), la multicultura e la multiappartenenza, ecc. Per questo sono produttive in senso interculturale.
   
In terzo luogo frequentare le letterature del Sud ci aiuta ad assumere un approccio ‘narrativo’ alla differenza: un romanzo crea uno spazio e un tempo di ascolto ‘lunghi’ e particolarmente privilegiati, che spesso ci mancano quando ci capita di incontrare il Sud del mondo nelle nostre città (il ristorante etnico, i volti per la strada, i servizi dei media); ci trasporta su un terreno culturale sconosciuto, provocandoci un effetto di ‘straniamento’ che forse solo in letteratura accettiamo di sperimentare senza paura; ci fa nascere la sensazione che ognuno (individuo, cultura, popolo) ha diritto al ‘suo’ racconto e alle sue storie, che le storie sono infinite e che non ne esistono di superiori e di inferiori; favorisce identificazioni (con i personaggi, con la vicenda) e cambiamenti del punto di vista; genera probabilmente nuove storie, che il lettore può a sua volta raccontarsi e raccontare.     Le cose fin qui dette non sono ovviamente caratteri esclusivi di un racconto mozambicano o di un romanzo peruviano, ma lo sono in relazione ai temi che maggiormente ci interessano. Le letterature del Sud, opportunamente sfruttate, possono sviluppare sensibilità multiculturali (le differenze che ci separano, ma che impariamo se non altro ad ascoltare e a capire), interculturali (il meticciato, lo scambio) e transculturali (ciò che ci unisce al di là delle culture).
   
Un avvertimento: il nostro entusiasmo nel proporre la letteratura del Sud non ci ha oscurato il buon senso. Sappiamo bene che leggere un romanzo non ci trasforma per incanto in homines interculturales; sappiamo che questa è una lunga fatica fatta di rapporti e conflitti reali con persone reali, rispetto e promozione di diritti concreti, costruzione di regole e sistemi che includano invece che escludere.
Solo crediamo che la letteratura possa essere uno degli inizi possibili.

 

Recensioni

Da "Il manifesto" - 19 settembre 2001

Segnalibro in direzione Sud
di Maria Antonietta Saracino

Scritture e Linguaggi del Mondo. Narrativa per l'educazione interculturale (La Nuova Italia Editrice, pp. 270, L.18.200), curato da tre giovani studiosi torinesi, Roberta Alunni, Pietro Deandrea Pier Paolo Eramo, che con il criterio della antologizzazione - criterio che fa comprensibilmente storcere il naso a quanti amano misurarsi con testi completi, e non con semplici brani, ma che è ancora il solo che permette di offrire un ampio ventaglio di esempi di scrittura percorre in lungo e in largo i sud del mondo, dal Pakistan alla Jamaica! dall'India al Cile, dagli scritti degli Indiani d'America alle Filippine, attraverso brani dei più rappresentativi, o quantomeno dei più noti, fra gli scrittori dei rispettivi paesi, offerti in italiano da traduzioni già presenti in commercio, alle quali i lettori potranno riferirsi nel caso desiderassero approfondirne la lettura. Il testo, che si rivolge a studenti delle prime classi delle superiori, dispone i brani secondo grandi aree tematiche: globalizzazione, diritti dei più deboli, migrazioni e culture. Un modo intelligente per riempire di senso dei termini tanto abusati quanto vaghi, attraverso le parole di chi ne vive gli effetti sulla propria pelle.


Da "Carta - Cantieri sociali"

                        Scrittori del mondo

In tempi di guerra agli immigrati e di fondamentalismi religiosi sono in molti a pensare che l'unica strada da percorrere sia quella dell'educazione e della formazione interculturale, Ai lettori più attenti non sarà sfuggito lo sforzo redazionale di usare concetti e parole,  come ad esempio cultura, etnia o indigeno, con la dovuta cautela, perché badare a certe "sotti­gliezze filologiche" non è più solo un problema formale.
Dello stesso parere sembrano essere Pietro Deandrea, Roberta Alunni e Pier Paolo Eramo, autori di"Scritture e linguaggi del mondo. Narrativa ­per una educazione interculturale" [edizioni La Nuova Italia, tel.-fax 02809506]. Fossimo il ministro Moratti [ma per fortuna non lo siamo], avremmo regalato quel libro a tutti i professori e alunni delle scuole medie superiori. Il testo è un antologia dedicata alla letteratura del Sud del mondo che raccoglie racconti, tra gli al­tri, dell'indiana Arundhati Roy, del kurdo Yu­suf Yeshshilöz, del palestinese Ghassan Kanafani, dell'egiziana Ahdaf Soueif, del peruviano Manuel Scorza.e del sudafricano André Brink.
OItre all'analisi dei testi, gli autori propongo­no numerosi spunti di riflessione (attraverso schede su colonialismo, razzismo e pregiudizi, globalizzazione della povertà, azioni per un pia­neta giusto, diritti dei bambini, immigrazione in Italia) sulle origini degli stereotipi che accompagnano la nostra immagine distorta del Sud del mondo e che ancora oggi rendono possibile l'affermarsi di quel modello liberista che rende umana la vita a solo un quinto dell'umanità. (G.Ca)

Kúmá/Novità editoriali

Camilla Macro
Scritture e linguaggi del mondo
Narrativa per l'educazione interculturale


Dopo una serie di pubblicazioni sull'educazione interculturale caratterizzate da superficialità, banalità e ottuso buonismo, è stato pubblicato nel 2001 da La Nuova Italia un testo intelligente, acuto, non retorico, trasparente, estremamente interessante e ben fatto: Scritture e linguaggi del mondo. Narrativa per l'educazione interculturale di Roberta Alunni, Pietro Deandrea e Pier Paolo Eramo (pp.268, £18.200).
Si tratta di un'antologia, rivolta agli studenti e non solo, piacevole per i modi e accattivante per i contenuti, che ha, tra gli altri, il pregio di esplicitare con chiarezza le proprie finalità e i propri limiti.
Per precisare meglio l'ottica di questa antologia lasciamo parlare gli autori: 'un avvertimento: il nostro entusiasmo nel proporre questi testi non ci ha oscurato il buon senso. Sappiamo bene che leggere un romanzo non ci trasforma per incanto in persone capaci di dialogare con gli altri - da qualsiasi nazione provengano -; sappiamo che questa è una lunga fatica fatta di rapporti e conflitti reali con persone reali, rispetto e promozione di diritti concreti, costruzione di regole e sistemi che includano invece che escludere.
Crediamo che la letteratura possa essere uno degli inizi possibili'.
Obiettivo del testo antologico è dunque 'dare spazio alla voce dei popoli del Sud attraverso i loro scrittori', fornire degli strumenti per permettere una revisione critica della storia passata e dell'attualità, aprire a una pluralità di punti di vista che scalzino pregiudizi e mistificazioni di lunga data.
I brani antologizzati non sono riportati come semplici testimonianze, ma, come specificano gli autori nell'introduzione, 'hanno - come qualsiasi opera letteraria degna di questo nome - un valore universale, come a dire che in buona sostanza parlano di noi, anche se sono stati scritti in una lontana città indiana'.
Oltre alla onestà dell'impianto culturale e alla precisa inquadratura dell'ambito in cui questo testo va a inserirsi, è felice anche l'impostazione generale della raccolta e la modalità di presentazione dei brani: ad un'iniziale richiesta di prerequisiti per la lettura segue un indice diviso per sezioni (Le storie degli 'altri', Ai margini della globalizzazione, I diritti dei più deboli, Migrazioni e culture, Altre visioni del mondo), affiancato da uno schema in cui vengono riassunti gli obiettivi delle singole sezioni, riguardo alla Comprensione dei temi, all'Analisi dei testi e all'Esposizione orale e scritta. Inoltre ogni brano è supportato da una breve scheda informativa sull'autore, la nazione di appartenenza, l'opera da cui il brano stesso è tratto; ed è seguito da alcune proposte di lavoro, accurate e di facile realizzazione, attente ai processi di comprensione del testo ma anche al loro valore letterario. Tra una sezione e l'altra ci sono delle schede interessanti, come quelle sulla carta geografica di Peters, sul colonialismo, sul razzismo e i pregiudizi, etc.
Insomma, Scritture e linguaggi del mondo ha tutte le caratteristiche per essere un ottimo testo di formazione e un valido strumento didattico.
Una piacevole sorpresa, infine, è costituita dal prezzo dell'opera, decisamente contenuto, soprattutto se consideriamo la sua ricchezza informativa e propositiva.
Manca una bibliografia di riferimento per gli argomenti trattati, che ci auspichiamo venga inserita in una prossima ristampa.

Kúmá 4, aprile 2002

 

 


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