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Il Manifesto, 24 Agosto 2010
Ecco
il cielo sopra Riace, l'accoglienza è possibile
Mercoledì 25 Agosto 2010 00:01 Silvio Messinetti - Riace (Reggio
Calabria)
CALABRIA - Il piccolo Ramadullah, la festa rom
Era diventato il simbolo della nuova Riace, la new town che il coraggioso
sindaco Mimmo Lucano ha costruito negli ultimi 5 anni. Non con cemento e calcestruzzo
ma con un processo virtuoso di ripopolamento del borgo fondato sull'accoglienza
a profughi, rifugiati e genti di ogni dove. La figura minuta di Ramadullah,
chino a pregare, con le braccia conserte, al seggio elettorale nello spoglio
delle ultime comunali, è l'istantanea che meglio ha raffigurato il
laboratorio Riace.
Da oggi Ramadullah, il piccolo afgano scampato alla guerra, non vive più
nella Locride. Si è ricongiunto al padre che lo ha riconosciuto in
Norvegia dalla visione de Il volo, il mediometraggio che Wim Wenders ha girato
a Riace- ma anche a Badolato e Caulonia - e in cui il bambino è protagonista.
Quella di Ramadullah non è la classica favola dal lieto fine. È
piuttosto il frutto maturo di una buona politica che include e non esclude,
che unisce e non discrimina. Insomma, Riace non è Parigi e Lucano non
è Sarkozy. Non fosse altro perchè la crociata antirom del presidente
francese a Riace non potrebbe albergare. Qui, infatti, ogni anno a fine settembre,
nei pressi del santuario dei santi Cosma e Damiano, patroni del paese, si
riuniscono i rom di Calabria e Sicilia. Una festa che da decenni lega i rom
ai riacesi che in quei giorni aprono le loro case agli zingari. In nome di
un comune destino di emigrazione ci si scambia i prodotti delle due diverse
culture: i rom l'artigianato in ferro e in rame, la gente di Riace l'olio,
i pomodori e le conserve. Il più grande raduno votivo dei rom e sinti
d'Italia si conclude, poi, con un pellegrinaggio al santuario aperto da zigani
al ritmo di balli e tarantelle romanì.
Otto giorni al buio dentro a un container con l'acqua razionata e una manciata
di biscotti. Ramadullah scappa dall'Afghanistan con uno zio e i cugini nel
2008. Riesce miracolosamente a salvarsi da un attentato che ha distrutto la
sua casa di Kabul. Non ha più notizie dei genitori, del padre Amir,
ingegnere civile, e della madre Faranoze. Li crede morti, seppelliti in uno
dei tanti cimiteri dei senza nome. Dopo aver attraversato Turchia e Grecia
sbarca a Crotone insieme a decine di profughi. Viene condotto nel Cpt di Isola
Capo Rizzuto e, dopo 4 mesi, si trasferisce a Riace. La famiglia di rifugiati
afgani viene ospitata dall'Associazione Città Futura. Intanto a Riace
iniziano a riaprire le vecchie botteghe, si sviluppa la microeconomia e il
turismo solidale. E i migranti apprendono un mestiere nei laboratori di ceramica,
vetro, rame,sartoria artigianale e lavorazione della ginestra. Si scongiura
la soppressione della scuola con diciassette bambini immigrati e nove italiani.
Ramadullah si fa ben volere dai riacesi. «Frequentava la scuola, aveva
imparato in fretta l'italiano e qualche espressione del nostro dialetto -
ci racconta Cosimo Curiale di Città Futura - allo zio l'associazione
pagava il fitto di un negozietto che aveva aperto con i prodotti tipici arabi».
Da qualche tempo lo zio di Ramadullah, però, è partito. Si è
trasferito ad Ancona dove lavora ai cantieri navali.
Nel mentre nella Locride sbarca Wenders per girare un corto dal titolo Il
volo. Una storia di finzione girata a Badolato,borgo arroccato sul cocuzzolo
di una montagna a una dozzina di chilometri da Riace, che racconta le vicende
di un bambino che, a causa dello spopolamento, non trova più compagni
con cui giocare a pallone. Ma nel paese arriva un gruppo di africani che con
i loro figli ripopolano la case, le scuole e anche i campetti di Badolato.
Wenders prende consapevolezza che la sceneggiatura ometteva di narrare la
storia presente di Riace. Così, con un escamotage narrativo, forza
la sceneggiatura in corso d'opera per farvi entrare l'esperienza reale di
Riace. Il film si trasforma così in un docufilm. E l'ultima scena ha
proprio come sfondo la piazza centrale di Riace:le donne con i neonati attaccati
al collo, i bambini, tra cui Ramadullah, Mohammed, Ann, Mustafà, Sabir,
che corrono amalgamandosi in un mosaico di facce, di sorrisi e di colori.
Un arcobaleno di nazioni in pochi metri quadri: ci sono etiopi, curdi, afgani,
serbi, palestinesi, bosniaci, somali, eritrei.
«Sono molto contento per Ramadullah - dichiara al manifesto il sindaco
Lucano - quando ci ha salutato era commosso. È stato con noi per due
anni. Era speciale, molto maturo per la sua età. Da Crotone, quando
ci annunciarono il suo arrivo, ci avevano parlato di un 'piccolo grande uomo'.
E cosi è stato. L'ho portato con me in un liceo di Catanzaro e ha descritto
il sangue, le bombe, la guerra in tutta la sua ferocia». Lucano si definisce
parte di una sinistra immaginaria che feconda dal basso e fuori dai partiti.
Il suo chiodo fisso è l'antirazzismo perché «chi ha paura
di un altro uomo per il colore o profumo della pelle non sarà mai un
vero uomo. Lo stesso vale per chi respinge o per chi deporta con gli aerei
come in Francia». E a proposito dei rom ribadisce: «Noi da decenni
accogliamo i popoli nomadi in allegria e partecipazione. Gli stessi santi
Cosma e Damiano, nostri patroni e icone dei rom, erano medici arrivati via
mare proprio come i curdi che arrivarono qui oltre 10 anni fa e che sin da
allora, grazie anche a Dino Frisullo, iniziammo ad ospitare. Ma anche i bronzi
sono giunti da noi via mare. Perchè il mare è vita e chi chiede
aiuto dal mare va accolto e non respinto a cannonate».