La preziosa opportunità offerta
dal CIES di conoscere e incontrare Tahar Lamri, scrittore “migrante”,
ha rappresentato un’esperienza significativa nella formazione degli
studenti di III E dell’Indirizzo Linguistico, per la carica di valori
che porta con sé la testimonianza diretta di chi è ricco
di culture diverse. Il progetto si è inserito “ di diritto” nel
curricolo di questi studenti, per i quali le capacità di rapportarsi
a culture “altre”, di essere aperti alle differenze e flessibili al
cambiamento sono obiettivi fondanti del loro specifico corso di studi.
Nella programmazione del Consiglio di Classe gli allievi hanno affrontato
i testi di Tahar Lamri in un percorso storico circa lo studio dell’emigrazione
e attraverso la lettura di opere di scrittori maghrebini francofoni,
centrate sulle problematiche culturali e linguistiche di artisti dalle
appartenenze plurime. Gli esempi forniti dalla lezione di Tahar Lamri
hanno avuto una ricaduta motivazionale positiva che ha fornito stimoli
per approfondire ulteriori progetti di ricerca, ma soprattutto ha sviluppato
negli studenti una maggiore consapevolezza circa l’importanza del dialogo
e della conoscenza reciproca tra culture diverse, per accogliere senza
pregiudizi la prospettiva di una società multietnica.
Questa la consegna agli studenti.
Scrivi una lettera ad un amico/a o un breve commento per esprimere
le tue riflessioni in seguito all’incontro con lo scrittore algerino
Tahar Lamri e al convegno a cui hai partecipato "Culture della
migrazione, scrittori, poeti e artisti migranti" (Ferrara 10-11-12
aprile 2003).
.....
Ti scrivo per riferirti come vanno
le cose, in particolare volevo parlarti di qualche considerazione personale
che credo sia inevitabile pensando alla situazione mondiale attuale
e alla guerra che ufficialmente è finita da poco.
E’ chiaro che c’è un problema di fondo. Certo, le sfaccettature
della questione sono molte e la situazione è delicata e io non
posso avere la presunzione di avere un quadro chiaro delle conclusioni
a cui arrivare. Ma è doveroso farsi delle domande, e cercare,
per quanto possibile, delle risposte.
Il problema basilare è che l’uomo, ancora troppo spesso, si fa
guidare dall’istinto, o meglio da un istinto ancora molto animale che
diventa sintomo di ignoranza in una società moderna. In questo
caso, la mancata accettazione delle differenze tra culture e la volontà
di marcare il proprio territorio per evitare eventuali contaminazioni
esterne. Questo partendo dal presupposto che la propria cultura non
abbia bisogno di un contatto con le altre. Spesso si nota addirittura
una volontà implicita di imporre i propri costumi ed il proprio
stile di vita a società impostate diversamente, pensando che
la propria concezione del benessere sia adattabile a qualsiasi modello
socio-culturale.
La scuola mi ha aiutato, fortunatamente, a chiarire qualche idea. Ho
partecipato con la mia classe alla conferenza tenuta da Tahar Lamri,
uno scrittore di origine algerina che vive e lavora in Italia dall’’87.
Ha parlato delle vicinanze e delle differenze fra la cultura islamica
e quella occidentale. L’impressione che mi ha colpito maggiormente è
stata quanta familiarità si può acquisire in un paio d’ore
di dialogo verso qualcosa che prima si conosceva grossolanamente.
Abbiamo poi letto alcuni brani riguardanti la conquista delle Americhe
fra la fine del 1400 e l’inizio del ‘500; testimonianze originali e
analisi successive. In quel tempo, diverso significava automaticamente
sbagliato e incivile, quindi eliminabile. E tutto è avvenuto
di conseguenza. Non può più esserci traccia di questo
pensiero, la conoscenza del proprio passato impone il superamento di
ogni tensione fra popoli impauriti dall’idea di essere sottomessi da
altri.
Con la mia classe ho partecipato anche a uno spettacolo riguardante
la guerra del Golfo e le sue tragiche conseguenze. La rappresentazione
era particolare, una voce accompagnava cantando la recitazione in prosa
di un testo. L’atmosfera non era quella adeguata, e lo spettacolo non
era adatto a un pubblico impreparato. Ma si è toccato il tema
della guerra, diretta conseguenza di quell’inutile separazione fra culture
di cui ti parlavo prima. Secondo il mio parere, al di là di tutto,
è inaccettabile la legittimazione dell’uccisione di esseri umani,
in ogni caso e in ogni situazione.
Scusami, sono sicura di averti annoiato, ma se ti va fammi sapere come
la pensi tu al riguardo.
Ci sentiamo
Daria.
Daria Pasquini classe
3 E
Cara Giulia,
l’esperienza intrapresa durante questi giorni è stata proprio
un successo! La scuola ha organizzato alcuni incontri, appartenenti
al progetto culturale “Il dialogo come didattica della pace”, ai quali
sono intervenuti scrittori, poeti e artisti migranti. Il fine di questo
percorso era favorire l’incontro tra differenti linguaggi ed esperienze
culturali e far conoscere la cultura e la letteratura dell’immigrazione…
devo ammettere che è stata veramente un’esperienza interessante!
Ciò che maggiormente mi ha colpito è stato il metodo con
cui i diversi professionisti hanno operato: non si sono dilungati in
pesanti ed estenuanti lezioni riguardanti il fenomeno delle migrazioni
in tutte le sue particolarità come, a dire il vero, mi aspettavo,
ma anzi tutti loro sono riusciti perfettamente a coinvolgermi e ad ampliare
le mie conoscenze verso un mondo e una cultura totalmente diversi dall’Occidente,
attraverso racconti di avvenimenti e situazioni tratti dalla propria
esperienza personale, presentandosi dunque agli studenti non come “computer
di date e cifre”, ma come semplici persone.
Penso che proprio per questo motivo il progetto sia stato realizzato
in pieno! Il racconto di alcuni frammenti di vita, filtrati con i sentimenti
e le emozioni di coloro che hanno reso partecipi il pubblico di questo
prezioso bagaglio di conoscenze, riesce perfettamente a rendere le diversità
di due grandi culture come quella Orientale e Occidentale, senza però
emettere giudizi su quale sia la migliore o la peggiore.
Con lo scrittore algerino Tahar Lamri, per esempio, si è preso
in esame il diverso rapporto con il cibo tra il mondo arabo e la cultura
italiana: in Italia un semplice bicchiere di vino è visto come
una maniera per socializzare, mentre nell’Islam il vino è una
bevanda proibita poiché le si attribuisce come unica funzione
quella di ubriacare; e le diverse regole comportamentali: quando si
è ospiti, durante una cena, in Italia è buona educazione
complimentarsi con la persona che ha cucinato, al fine di gratificarla
e di dare segno di apprezzamento del suo impegno, in Islam invece complimentarsi
con le donne è vista come una grande offesa. In Italia uomini
e donne siedono alla stessa tavola, mentre nel mondo islamico vi è
una rigorosa separazione dei sessi (infisal).
Si è passati poi a termini di confronto più seri e difficili,
come quello del velo per le donne islamiche. Lo scrittore ha spiegato
che il velo funge da protezione, per le donne, dal mondo intero, questo
a causa del senso di solitudine che la coscienza individuale porta con
sé: dover affrontare il mondo da soli. Inoltre ha paragonato
la schiavitù del velo alla “schiavitù del bello, magro
e perfetto” imposta dai canoni di bellezza occidentale… su questo però
vorrei dire la mia! Sinceramente penso che il mondo occidentale sia
“invaso” da un numero troppo elevato di “prototipi di perfezione”, persiste
la convinzione (superficiale e insulsa) che “il Bello” non sia altro
che esteriorità, ma la gente che abita in questo mondo, o meglio
le donne, non sono obbligate a sottostare a tali stereotipi, non hanno
l’imposizione di vivere in una così assurda condizione di superficialità,
non sono punibili per qualsiasi minima manifestazione del fatto che
esistono (fare rumore per strada, parlare con altri uomini che non siano
i rispettivi mariti… e potrei andare avanti a lungo) e della loro femminilità
( unghie dipinte che “si affacciano” dal velo, tintinnio di braccialetti
indossati…pena, rispettivamente taglio di dita e mano). La cosa fondamentale
che ogni persona in tutto il mondo dovrebbe avere è la LIBERTA’,
di pensiero, di parola, di azione (entro i limiti), qualsiasi libertà
di espressione di se stessi, ma non mi sembra che questo, purtroppo,
sia sempre presente…
Una frase enunciata da Tahar Lamri è rimasta ben nitida nella
mia mente a causa del suo grande carattere di veridicità: “…LE
DIFFERENZE SONO LE GRANDISSIME RICCHEZZE DELL’UMANITA’” e io aggiungo
“SEMPRE RISPETTANDO LA LIBERTA’ INDIVIDUALE DI OGNI UOMO”.
Il concetto di libertà è stato affrontato come uno dei
temi fondamentali da Alberto Masala, Miriam Palma e Yousiflatif Jaralla
nello spettacolo musicale “Stop”: libertà ma, soprattutto, assenza
di libertà. Il popolo irakeno, il popolo curdo, il popolo del
Kuwait… il popolo … che deve sottostare al potere di un leader-dittatore
che prende le decisioni, a suo vantaggio, che si arricchisce, a discapito
di quel popolo che muore di fame per le strade. Quel popolo-vittima
delle guerre, economiche e non… diciamo solamente economiche, volute,
gestite e guidate dai potenti, la cui unica preoccupazione è
“fare gli interessi della nazione”, “far rispettare gli accordi”, “cautelarsi”…
possedere e controllare. Desert Strorm, Durino Freedom, nomi diversi,
epoche diverse ma sempre guerre rimangono… eppure, nonostante gli effetti
disastrosi sulle popolazioni, sull’ambiente, su animali e cose, su tutto,
l’uomo si ostina ancora ad affermare che certe guerre sono “inevitabili”
e come opporsi, come impedire che una “guerra inevitabile” scoppi in
tutta la sua violenza e la sua forza? Come? Non ci sono guerre giuste
o sbagliate, perché tutte le guerre sono sbagliate, ma in un
mondo così, nel quale questo importante principio non è
rispettato, in cui l’uomo non è abbastanza uomo “ci vuole la
forza di mille leoni per alzarsi il mattino e mettere un piede davanti
all’altro”… in un mondo così ci vuole coraggio a intraprendere
quella grande e infinita sfida che è la vita.
--Rossella--
Rossella Rinaldi classe 3E
In questi giorni ti viene da chiederti
perché sei nato nella parte del mondo dove tutto sembra perfetto.
Nell’emisfero che conta. Che si impone con la forza.
Perché i nostri sprechi, le nostre abitudini alimentari…tutto
ci sembra dovuto.
E i nostri vizi e capricci non fanno altro che accentuare l’abissale
divario con i paesi che da sempre sono stati sfruttati, hanno perso
risorse, uomini, intere generazioni.
Ma agli occhi di una società capitalista desiderosa di affermarsi
sempre e comunque, tutto ciò non è sufficiente, ed ecco
la brama di altre materie prime, oro nero.
Perché non giustificare quest’ambizione salvando un popolo dal
più atroce dei dittatori? Tutto parte come azione mirata…bombe
intelligenti…poi si passa alla vecchia guerra in grande stile ,come
quella del ’91 di Bush padre. Non importa se in tutto il mondo si protesta,
le fondate democrazie occidentali hanno imparato ad ignorare la voce
della gente, ad ignorare il grido delle vittime sotto i bombardamenti.
Si preoccupano invece di tranquillizzarci. Interi servizi al Tg parlano
dei poveri marines torturati, cinque addirittura morti carbonizzati
nel loro carroarmato. Gli ultimi trenta secondi (sperano i più
rassicuranti?) sono dedicati ad informare con non chalance, che nell’arco
della giornata 1000 soldati iracheni sono rimasti uccisi.
Per quanto tempo migliaia di « nessuno » continuranno a
pagare con la vita le strategie di due giocatori d’azzardo ? Per quanto
tempo i deboli continueranno ad essere mandati nelle zone del fuoco
? »
Siamo divenuti nuovi colonizzatori sullo stile di Sepulveda, intolleranti,
non possiamo concepire tradizioni diverse dalle nostre…e allora altre
guerre, questa volta non nel vero senso della parola, ma di presunta
civilizzazione.
Battaglie per salvare le donne islamiche, prigioniere di un velo che
ha il solo scopo di eguagliarle agli uomini, e che senz’altro può
essere considerato una schiavitù minore rispetto a quella delle
mode occidentali ; leggi contro pericolosissimi immigrati pronti a condividere
con noi chissà quale strana e sbagliata cultura.
E in questo momento di conflitti e difficili rapporti internazionali,
anche la religione - oppio dei popoli anche secondo Tahar Lamri – ci
separa.
« Nessuna parola d’amore potrà mai essere pronunciata in
nome di un Dio assoluto
Nessun uccello potrà mai sorvolare un’esplosione
Nessun albero potrà mai crescere su una bomba
Nessun’idea potra mai nascere sui cadaveri
e nessun figlio potrà mai nascere da un morto
Nessuna cultura potrà mai impugnare un’arma
Nessuna malta potrà mai essere impastata col sangue
Nessuna libertà potrà mai essere raccontata da un militare
Nessuna pace potrà mai essere cantata in una caserma. »
(Alberto Masala)
Caterina Monini classe 3E
Rédigez un compte-rendu pour un journal (quotidien ou magazine
littéraire ) pour présenter l’écrivain algérien
Tahar Lamri.
En vous appuyant sur vos lectures et sur la rencontre avec l’écrivain
, essayez de donner le plus d’informations possibles et de réserver
une partie de votre texte à des remarques critiques personnelles
(sur ses idées, ses réponses , les thèmes qu’il
aborde , le style adopté etc…. ).
La progressive globalisation nous offre l’opportunité de vivre
à l’intérieur de sociétés multiethniques
où la comparaison entre des réalités différentes
est toujours plus fréquente . Tahar Lamri est l’expression du
multiculturalisme . L’écrivain , né en Algérie
en 1958 a pris une licence en droit à Bengasi (Libye) et, après
avoir voyagé beaucoup en Europe , il s’est installé en
Italie . Aujourd’hui il travaille comme traducteur- interprète
et il s’occupe de la rédaction de pièces de théâtre
; il gagné le premier prix au concours littèraire Esk&tra
avec le récit “Solo allora sono certo potrò capire “.
L’écrivain aime se définir “ un voyageur immobile” vu
qu’il a plantè ses racines dans notre pays , en gardant grâce
à la langue et à la mémoire , les contacts avec
les gens et les lieux visités précédemment “ toujours
prêt à perdre son identité sans aucune crainte mais
en cultivant , en secret , celle primordiale”; Lamri nous apprend che
pour vivre ensemble de façon pacifique , il est nécessaire
de réprimer une partie de notre bagage culturel .
Pendant la conférence qui a eu lieu vendredi 28 mars dans la
bibliothèque du Lycée Classique “L.Ariosto” de Ferrare
, Tahar lamri a expliqué qu’il s’exprime à travers l’italien
pour arriver jusqu’au coeur des lecteurs , en appauvrissant son lexique
et en fuyant , avec un regard jeune , les aspects que nos “yeux habitués
“ ne voient plus; en outre ce choix lui permet de s’homologuer aux autres
et d’être apprécié par ses compatriotes.
Dans le récit “ Dove andiamo ? Da nessuna parte solo più
lontano “ , il aborde le concept de la contextualisation des termes
, en expliquant qu’on peut saisir la vraie signification des mots seulement
si on analyse le cadre social et historique dans lequel ils sont placés
. De ce fait on comprend que le monde occidental ne peut pas critiquer
et examiner la culture arabe , qui se fonde sur des principes dissemblables
en employant ses stéréotypes et canons . Par exemple il
est en train de se répandre la croyance que les femmes musulmanes
sont prisonnières du voile , mais dans la société
islamique ces vêtements leur permettent de vivre presque pareillement
aux hommes et d’être toutes égales : le voile qui “couvre”
les émotions est donc un esclavage plus petit que celui de l’image
que la mode occidentale impose aux femmes européennes .
Tahar Lamri souligne une autre diffèrence parmi les peuples séparés
simplement par la mer Méditerranée : dans les pays arabes
la conscience individuelle n’existe pas , vu que les individus constituent
une partie intègrante de la tribu , et que la collectivité
prive les êtres humains de la liberté, mais à la
fois elle les libère des difficultés que comporte le fait
de vivre de façon solitaire.
La capacité la plus stupéfiante de cet auteur est celle
d’exprimer une multitude de sensations grâce à la description
d’un paysage qui semble contenir tous les mystères et les symboles
du monde . Il semble aussi remarquable la critique qu’il adresse à
la sociétè capitaliste convaincue d’apporter la civilisation
avec des guerres et des impositions (“Les chrétiens sont partis
et ils ont été remplacés par des gouvernements
, des passeports, des citoyennetés …. Comme ça la tragédie
a commencé.
Caterina Monini Classe
III E