Francesco Vietti laureato in lingue straniere, si occupa di progetti di valorizzazione delle “culture della migrazione” e tiene laboratori di alfabetizzazione per studenti stranieri. Nel 2006 ha curato per la casa editrice Tracce diverse di Torino l'antologia di testi di autori migranti In madrelingua (vedi scheda bibliografica)
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In madrelingua: intervista a Francesco Vietti In Madrelingua (
Traccediverse Edizioni, Torino 2006 ) è un libro piacevole ed emozionante,
per come si presenta a chi lo sfoglia e soprattutto per ciò che
contiene: circa 50 fra poesie e racconti scritti nella loro lingua di
origine da altrettanti autori stranieri residenti a Torino, ma originari
di ogni parte del mondo. Il libro si presenta come una mappa multicolore,
e non soltanto metaforicamente, visto che l’indice è un vero
e proprio planisfero che segna le provenienze dei diversi autori. Ogni
testo, compresa l’immagine di copertina, realizzata da una calligrafa
cinese, fa prendere consistenza e ci avvicina ad esistenze, a persone,
che altrimenti ci parrebbero lontane, non solo per questioni geografiche,
ma per via dell’indifferenza, della disattenzione, o peggio, del
pregiudizio che le nostre città riescono a offrire ai tanti stranieri
che le popolano. Io sono studente alla Facoltà di lingue
e letterature straniere all’Università di Torino. Ogni giorno
nelle aule decine di studenti studiano le lingue di tutto il mondo su
libri e dizionari, mentre fuori da quelle aule delle persone vive, concrete,
parlano le stesse lingue nelle strade, nei negozi, nei cantieri della
città. Ecco, l’idea di un libro “in madrelingua”
è nata così, dal desiderio di un incontro, dalla scoperta
del multilinguismo che oggi segna chiaramente il paesaggio urbano italiano,
dalle grandi metropoli ai piccoli centri di provincia. In Madrelingua, più che un semplice progetto editoriale, sembra contenere in sé le caratteristiche di una ricerca nella direzione dell’interculturalità. Come è stata vissuta questa esperienza dalle tante persone che ne sono state coinvolte? E’ paradossale, ma la cosa più bella
di questo libro è ciò che sta dietro a ogni pagina: ossia
le storie di coloro che hanno scritto i testi. Per molti è stata
la prima esperienza come autori letterari, per altri invece partecipare
a questo progetto ha significato riallacciare un filo con un discorso
abbandonato tanti anni fa, nel momento dell’emigrazione. Posso dire
che tutti, magari dopo un attimo di iniziale sconcerto, hanno compreso
il significato dell’iniziativa e hanno voluto far sentire la propria
voce. E cosa ha significato per te seguire questa iniziativa: quali sono stati i momenti che ricordi con maggiore piacere e, se ce ne sono stati, quelli più spiacevoli? Quando si dice: un libro che ti cambia la vita.
Ecco, nel mio caso, è stato proprio così. Curare questo
progetto è stata davvero un’avventura unica, che ha finito
per cambiare il corso dei miei studi e dei miei interessi. Attraverso queste testimonianze estemporanee, nelle forme e nei linguaggi più svariati, emerge una ricchezza straordinaria di idiomi, di culture, di tonalità espressive, di sguardi…, si ha quasi l’impressione che a Torino ci sia una città dentro la città che attenda di essere esplorata e conosciuta più in profondità. Io amo profondamente Torino e credo che questo
libro, nel suo complesso, sia una dichiarazione d’amore e di fiducia
nei confronti di questa città. I giornali spesso sembrano voler
raccontare solo le risse, le retate, le violenze che feriscono Torino.
Ma per fortuna ogni giorno decine di persone si impegnano per un altro
obiettivo: abitare la città. E questo significa innanzitutto lavorare
per superare il disagio sociale, le barriere e i pregiudizi e che dividono
i “quartieri degli italiani” dai “quartieri degli stranieri”,
le vie dove si passeggia la sera da quelle da evitare dopo il calar del
sole, i giardinetti dei bambini da quelli dei “pusher”. Pensi che il progetto che ha guidato la realizzazione di In madrelingua possa avere uno sviluppo ulteriore? Sì, credo che sarebbe un peccato far finire
tutto qui. La casa editrice Traccediverse ha da poco bandito la seconda
edizione del suo concorso per scrittori migranti “Lo sguardo dell’altro”.
Anche se con caratteristiche un po’ diverse, credo che questa iniziativa
rappresenti un ulteriore e validissimo sviluppo del progetto.
a cura di Paolo Trabucco (Ferrara - Torino, Ottobre 2006) |