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Per una nuova grammatica
MIHAI MIRCEA BUTCOVAN
Devo confessare che,
appena rientrato dalle vacanze agostane, ho inizialmente sottovalutato la
scritta apparsa su un muro di Sesto San Giovanni: “No hai negri di merda.”
Che avesse troppo caldo chi l’aveva scritta? Che fosse soltanto un errore
di ortografia? O magari un isolato esercizio di recupero imposto a qualche
studente durante l’estate? In tal caso il ragazzo aveva sbagliato non solo
l’esercizio, ma anche il supporto.
In realtà quella scritta sembrava riassumere il crescente clima di
insofferenza che avrebbe portato poco dopo, agli episodi di violenza scoppiati
in autunno. Episodi in cui l’avversione per lo straniero, per il “negro” e
per il diverso - ancor più che per l’uso dell’acca - si è trasformata
in aggressione verbale e fisica.
Di questo clima è responsabile chi, negli ultimi mesi, ha dettato regole
e sintassi dei rapporti con gli immigrati. Nelle dichiarazioni pubbliche,
nei provvedimenti presi e nei manifesti elettorali che, guardando all’America,
invocano la creazione di riserve, usando l’icona dell’indiano pennuto. Come
sono responsabili quelli che, in colpevole silenzio, hanno assistito o aderito
a questa propaganda.
Per fortuna c’è chi, per combattere questi errori e orrori non solo
ortografici, coinvolge direttamente bambini, famiglie, educatori e istituzioni.
Persone che promuovono iniziative come la Settimana dei bambini del mediterraneo,
che si è svolta dal 20 al 25 ottobre. Da dieci anni burattinai e marionettisti,
menestrelli e illustratori, cantastorie e giocolieri, scrittori e poeti, sbarcano
entusiasti nella Città Bianca. Per sei giorni, sparpagliati in diversi
comuni del circondario e di altre province, entrano nelle classi delle scuole
- elementari, medie inferiori e superiori - e coinvolgono ragazzi e ragazze
in laboratori sui nuovi linguaggi della convivenza umana.
Anche quest’anno ci sono state delegazioni di studenti palestinesi, iracheni,
israeliani, turchi e albanesi, oltre ai bambini rom provenienti da Bari e
da Lecce. Lorenzo Caiolo, l’ideatore dell’iniziativa, nel programma di questa
decima edizione cita una frase della pedagogista Sira Macchietti: “L’educazione
attuale o si configura come interculturale o non è educazione”.
Tutto questo aiuta a scrivere una nuova grammatica delle relazioni in Italia.
Guardando ancora una volta all’America, chissà se la vittoria di un
nero alle elezioni presidenziali ci spingerebbe ad abbassare i toni e ad abbracciare
un nuovo “politicamente corretto” interculturale.
Caro anonimo scrittore sui muri dei pregiudizi, nessuno inventerà per
te le classi differenziali! Dovessi mai esprimere il tuo rammarico per quella
frase, forse scriverai un semplice “ahimè”.
l’OSSERVATORE ROMENO