(Pubblichiamo
un estratto della tesi di Laurea in Scienze
dell'educazione presentata da Chiara Martini presso
l'Università degli studi di Bergamo nell'anno accademico
2003 - 04)
La
questione zingara in prospetiva interculturale
di Chiara Villa
INTRODUZIONE
Quando ho iniziato a
pensare agli argomenti che avrei potuto trattare nella
mia prova finale, tra molti dubbi avevo solo una certezza:
l'ambito generale che volevo approfondire era
l'educazione interculturale. Gli approfondimenti in
questo ambito possono essere molteplici, tutti molto
interessanti.
Il concetto di diversità è una delle parole chiave
dell'educazione interculturale più interessante e dai
molti significati: concepire la diversità come risorsa,
e non come ostacolo, è un concetto che mi ha da subito
coinvolto ed appassionato. Nei corsi che ho seguito
all'università nell'ambito dell'educazione
interculturale (educazione comparata, approcci
interculturali all'educazione e pedagogia della
cooperazione internazionale) ho sempre riscontrato questo
"sfondo" comune: la valorizzazione di tutte le
differenze come patrimonio globale. Apparentemente si
tratta di un concetto abbastanza ovvio e semplice: in
realtà si vivono quotidianamente delle situazioni in cui
si verifica esattamente il contrario.
La scelta di svolgere una ricerca sulla società zingara
è nata perché gli Zingari rappresentano una "diversità
nella diversità", per due motivi: innanzitutto tra
i molti gruppi di persone straniere che vivono oggi in
Europa, gli Zingari sono coloro i quali subiscono, oggi
come in passato, le discriminazioni peggiori. Intorno
agli Zingari sono stati creati degli stereotipi e dei
pregiudizi tali che ormai fanno parte della "mentalità
comune" quasi come dati di fatto: sinceramente,
credo che la strada per demolire questi luoghi comuni sia
molto dura ed impervia.
La seconda ragione per cui gli Zingari costituiscono una
"diversità nella diversità" è che queste
persone non hanno una patria, una terra: la loro terra
diventa ogni volta quella in cui si trovano in quel
momento. Purtroppo i diversi stati europei in cui gli
Zingari hanno vissuto nel corso dei secoli e in cui
vivono oggi, si sono sempre "impegnati" a fondo
nel far sentire loro degli estranei indesiderati: il
vivere quotidiano già difficile degli Zingari diventa
così ancora più difficoltoso e drammatico.
Approfondendo la storia, l'organizzazione sociale e la
cultura degli Zingari, ho scoperto aspetti per me nuovi e
sconosciuti; ho scoperto che gli Zingari hanno una storia
molto antica e una cultura molto solida e densa di valori.
Consiglio un approfondimento di questa società dalle
mille sfaccettature a tutti i coloro i quali, quando
sentono parlare di Zingari, non esprimono altro che
disprezzo e rifiuto, alimentando, in un circolo senza
fine, pregiudizi e luoghi comuni. È solo attraverso la
conoscenza (attività di cui noi uomini siamo dotati, ma
che spesso preferiamo non mettere in atto) che si arriva
ad intendere la diversità come elemento prezioso e unico
per il nostro arricchimento e per il nostro sviluppo.
Capitolo
secondo
Gli zingari: origini e organizzazione sociale
Nel variegato contesto multiculturale che viviamo in
questi anni, vorrei volgere l'attenzione ad un gruppo in
particolare: gli Zingari. Si tratta di circa quindici
milioni di persone sparse sul pianeta, di cui nove in
Europa, che rappresentano, in un certo senso, una "diversità
nella diversità": tra tutti i gruppi stranieri, tra
tutti i popoli immigrati, penso costituiscano il gruppo
che sempre è stato considerato da un punto di vista
particolare, che sempre ha subito trattamenti differenti,
forse i peggiori. Queste persone vengono generalmente
disprezzate in modo molto marcato, vivono ai margini
delle nostre società, sono coloro i quali trovano più
ostacoli nel percorso di integrazione, hanno meno tutele
dal punto di vista giuridico e sociale. Sono, come li
definisce Carla Osella, presidente nazionale dell'Opera
Nomadi, un "popolo invisibile" (1).
Ecco che emerge, quindi, con forza, la necessità di
un'educazione alla diversità: non tanto un'educazione
del diverso, che poi è l'intenzione, più o meno
esplicita, che ritroviamo nella maggior parte degli
interventi rivolti a queste personesi . Attraverso
l'educazione alla diversità può iniziare un percorso
serio di integrazione e di valorizzazione degli Zingari:
le diversità culturali, linguistiche, sociali come punto
di partenza per qualsiasi intervento e progetto; queste
differenze vengono generalmente considerate come
ostacoli, come barriere da abbattere ed è così che si
attuano giganteschi tentativi di assimilazione, di
educazione del diverso, che hanno, come unico risultato,
quello di aumentare la frattura già esistente. Da una
parte gli Zingari, che si sentono minacciati di perdere
la loro identità, si irrigidiscono e si rinchiudono
sempre di più in loro stessi, dall'altra i non Zingari,
che interpretano questo atteggiamento come volontà di
restare isolati e quindi tendono ad emarginarli sempre di
più.
Questa situazione non è recente, ma si può dire abbia
attraversato tutta la storia degli Zingari: dal Medio Evo
ad oggi i conflitti e gli scontri sono stati quotidiani e
la causa è sempre stata una sostanziale paura delle
diversità: ritengo, a questo punto, che sia molto
importante ricordare la storia degli Zingari attraverso i
secoli, per poter meglio comprendere la loro situazione
attuale.
2.1 Le origini
C'è una grande confusione riguardo alle diverse
popolazioni zingare e alla loro composizione.
All'interno della popolazione degli Zingari, troviamo
cinque grandi gruppi principali: i Rom, i Sinti, i Kalé,
i Manouches e i Romanichals; tutti quanti nascono dal
vasto ed eterogeneo gruppo d'origine indiana chiamato
inizialmente Dom e poi, in seguito a mutamenti
linguistici, Rom. Sia Dom che Rom vogliono dire
originariamente "uomo libero".
La distinzione fra questi cinque gruppi è stata fatta in
base ai luoghi di insediamento nel corso della storia. I
Rom si sono stanziati nelle regioni balcaniche,
nell'Europa centro-orientale e nell' Italia meridionale;
oggi li ritroviamo anche nell'Italia settentrionale in
seguito alla fuga dalla ex Yugoslavia durante la guerra
dei primi anni Novanta.
I Sinti sono quei gruppi insediatisi nell'Europa nord-occidentale,
in Francia e in Italia settentrionale.
I Kalé si sono stanziati in Finlandia, in Galles, in
Spagna ed in Portogallo; il loro nome (attribuito da loro
stessi) è conseguenza del colore delle pelle,
generalmente più scura: il termine hindi "kala"
significa, infatti, "nero".
I Manouches sono per lo più sottogruppi di Sinti e sono
coloro i quali si stanziarono nella Francia meridionale e
nell'attuale zona del Piemonte.
Infine i Romanichals giunsero in Inghilterra e, in
seguito alle deportazioni cui furono sottoposti, in
Australia e in America del Nord.
Oltre a questi cinque gruppi principali esistono
moltissimi sottogruppi con proprie tradizioni culturali,
etiche, linguistiche; questi sottogruppi vengono
classificati in base a diversi criteri: per esempio, in
base all'attività esercitata (i Rom Kalderasa sono così
chiamati perché lavoratori di rame), in base al dialetto
parlato, alla regione di provenienza, alla religione
professata (i Rom Xoraxané sono i Rom di religione
musulmana), e così via.
Riguardo la loro origine storica, sono state fatte
tantissime ipotesi e narrate numerose leggende, alcune
delle quali estremamente inverosimili: per esempio c'è
chi sostiene che gli Zingari fossero all'origine di tutte
le grandi civiltà dell'Oriente, della Grecia,
dell'Italia e della Gallia; questo poiché istruiti nelle
scienze dell'India e quindi depositari del "Cur"
(il perché delle cose). Un'altra leggenda li vuole nati
ad Atlantide e, sopravvissuti al cataclisma, sbarcati poi
in Egitto dove si sarebbero divisi in diversi gruppi.
Un antropologa, Nicole Martinez, sostiene che gli Zingari
provengono da gruppi generati dai bassifondi delle società
europee, soprattutto balcaniche e mediterranee; la
caratteristica comune a questi gruppi sarebbe una
psicologia regressiva che conduce a condotte asociali.
Sicuramente la loro origine storica è rimasta misteriosa
fino alla scoperta dell'origine della loro lingua: c'è
voluto molto tempo a causa della mancanza di una cultura
scritta zingara e della carenza di documenti nei loro
confronti. Dal Rinascimento fino al XVIII secolo sono
stati raccolti alcuni elementi di lingua zingara, ma non
sono mai stati collegati a gruppi di lingue note; è
sulla fine del XVIII secolo che due studiosi della
linguistica, Rudiger e Bryant, scoprono
contemporaneamente l'origine indiana: essi ,infatti,
notano una notevole condivisione di caratteristiche
linguistiche tra la lingua indiana e quella zingara. Si
è risaliti, quindi, alla nascita della lingua romanì (zingara)
come appartenente alla famiglia delle lingue indoeuropee
collegate al sanscrito; questa lingua, poi, si è
continuamente arricchita dalle lingue dei paesi
attraversati.
Stabilita l'origine indiana degli Zingari, si è poi
scoperto che essi provengono da una regione situata a
nord-ovest dell'India, oggi appartenente al Pakistan.
Molto probabilmente in India occupavano la casta più
bassa dei "paria", cioè degli "intoccabili";
una minoranza di studiosi sostiene, al contrario, che
appartenessero alle caste più elevate, ma ciò non
spiegherebbe la loro improvvisa fuga. Improvvisamente,
infatti, intorno all'anno Mille, abbandonano l'India per
giungere in Persia e la causa non è certa: forse per
scappare da un conflitto o a causa della loro povertà;
il loro innato talento per la danza, la musica, la loro
abilità nella lavorazione dei metalli, costituiscono
qualità che permettono di guadagnarsi da vivere presso
diverse popolazioni; la Persia, luogo ricco e prosperoso,
rappresenta in questo senso una forte attrattiva.
In Persia soggiornano a lungo e qui si separano in due
gruppi: gli Zingari Ben e gli Zingari Phen; i primi si
sposteranno poi verso sud - ovest, arrivando in Egitto, i
secondi si muoveranno verso nord - ovest, giungendo in
Armenia e a Sud del Caucaso.
Il XIV secolo, con l'arrivo degli Zingari nelle terre
bizantine, costituisce la fine della preistoria degli
Zingari e l'inizio della storia: compaiono i primi testi
narrativi che li riguardano e numerose testimonianze di
viaggiatori occidentali che li vedono nei loro viaggi;
per esempio, all'inizio del 1300, compare una
testimonianza di un frate francescano che li vede a
Creta, a Cipro e poi a Corfù. È interessante la
testimonianza che li segnala in un luogo greco chiamato
"piccolo Egitto": da qui deriverebbe
l'appellativo "Egiziani", trasformato poi in
"Gitani" in Spagna e in "Gypsies" in
Gran Bretagna.
La lunga permanenza nell'impero bizantino, dove si
disperdono su tutto il territorio, li segna profondamente:
in alcuni casi sono obbligati a seguire la religione
cristiana; nei territori arabi sono costretti a
convertirsi all'Islam, ignorando i loro antichi riti indù
e buddisti. Subiscono, inoltre, una forte influenza
linguistica che modifica il loro vocabolario.
Nei territori bizantini sono chiamati "Athingani"
o "Atsinganos" (intoccabili): lo stesso nome in
precedenza era stato dato agli appartenenti di una antica
setta considerata eretica poiché al suo interno veniva
praticata la magia: questo termine, da cui in seguito è
derivato il termine "Zingari" in Italia, "Tsiganes"
in Francia, "Zigeuner" in Germania, è
espressivo del disprezzo che gli Zingari hanno sempre
subito. Gli Zingari, circondati da un velo di mistero, e
per questo temuti, spesso venivano considerati come
adepti di tale setta.
Intorno all'inizio del XV secolo lasciano i territori
bizantini per dirigersi verso occidente; i motivi sono
sostanzialmente due: fuggire dalla schiavitù a cui molti
sono stati sottoposti nei territori della Valacchia ed
evitare di subire l'invasione dei turchi nel frattempo
giunti alle porte di Costantinopoli; non si tratta
comunque di un esodo massiccio, visto che la maggior
parte di loro resta nei Balcani.
In Europa si muovono abbastanza agevolmente per un
periodo, grazie alle lettere di protezione di principi e
duchi che si procurano e, molto spesso, falsificano; si
spostano in piccoli gruppi di poche centinaia di persone,
con donne e bambini, e colpiscono subito l'immaginazione
popolare per via degli abiti sgargianti, dei gioielli che
portano un po' tutti e dei bei cavalli che conducono.
Sono condotti da un capo che si fa chiamare "conte",
"duca", "capitano" e, per questo,
vengono rispettati e possono ottenere il permesso dei
regnanti di attraversare e soggiornare nelle loro terre.
Si tratta di appellativi molto usati, ma che in realtà
non hanno nessun reale valore: non è mai esistito e non
esiste nemmeno oggi un capo supremo degli Zingari, anche
se alcuni capi di gruppi si fecero chiamare "re"
e "regina". Sono poi molto abili nell'inventare
storie riguardo alla loro venuta: per molti anni
raccontano di essere stati condannati da precedenti
imperatori cristiani a vagare per sette anni in modo da
espiare la loro presunta apostasia; si tratta,
ovviamente, di una storia falsa, che, però, permette
loro di muoversi attraverso l'Europa senza grossi
problemi, almeno inizialmente.
L'Italia è certamente raggiunta sia dal Sud che dal Nord:
a Sud direttamente dai Balcani via mare e a Nord
attraverso la Germania. In Italia decidono di giungere a
Roma per ottenere la protezione dal papa Martino V: molto
probabilmente la visita al papa non viene mai fatta, non
si sa per quale ragione.
Tra coloro che non si fermano in Italia, alcuni si
dirigono verso la Francia e successivamente in Spagna,
altri ancora in Gran Bretagna e nei paesi scandinavi. Una
parte si muove verso est, dalla Polonia alla Russia.
L'Africa e le Americhe sono pure toccate dalle migrazioni
zingare, soprattutto in seguito a misure di deportazione
prese dalle autorità portoghesi e spagnole nel XVII
secolo, e poi inglesi e francesi. L'Angola è stata, per
esempio, la principale colonia portoghese e ricevere gli
Zingari a partire dal XVI secolo.
I gruppi che giungono in Europa occidentale, continuano
spesso le loro migrazioni da una regione all'altra,
alternando questi spostamenti a periodi di
sedentarizzazione: in questi periodi avviano delle
attività commerciali e artigianali, o partecipano ad
attività agricole stagionali.
Le ragioni delle migrazioni sono diverse. In primo luogo
sono le persecuzioni, di cui gli Zingari sono oggetto,
che li spingono a fuggire. Dopo una prima fase di
accoglienza, nel corso dei secoli innumerevoli diventano
le misure di espulsione o di bando e le punizioni che le
accompagnano (marchio a fuoco, prigione, ecc.); vengono
fatte delle vere e proprie cacce organizzate contro gli
Zingari: pratiche molto diffuse soprattutto in Olanda
intorno al 1600. Di fronte alle ostilità di coloro che
li circondano, la sola possibilità per gli Zingari è
quella di andare a vedere se più lontano l'accoglienza
è migliore: la migrazione imponente nei primi anni '90
dalla ex Yugoslavia in seguito allo scoppio della guerra
ne è una crudele dimostrazione. Ciò dimostra come il
nomadismo degli Zingari sia sostanzialmente una necessità
imposta, più che un modo d'essere e di vivere.
In questo contesto anche il commercio diventa una ragione
per spostarsi: è difficile mantenere clienti in una
nazione dove non si è accettati.
Un altro motivo che spinge al viaggio è la volontà di
mantenere i legami, di incontrarsi, essendo gli Zingari
molto uniti fra di loro: senz'altro si tratta della
motivazione meno determinante nei continui spostamenti.
2.2 L'organizzazione sociale
I diversi gruppi zingari presentano una notevole varietà
ed eterogeneità di elementi sociali dovute per lo più
alla diversità del vissuto storico di ogni gruppo. I
segni più evidenti della diversità sono i nomi, sotto i
quali gli individui si raggruppano; le diverse
denominazioni utilizzate hanno, quindi, una funzione
essenziale di identificazione e di riconoscimento.
Nel mondo attuale, che tenta in ogni modo di ridurre le
diversità, gli Zingari cercano di mantenere la loro
originalità: la loro tipica flessibilità, la loro
indipendenze, il loro attaccamento alla propria
specificità, costituiscono dei vantaggi in questo senso.
La società degli Zingari non è per niente immobile e
fissa, come potrebbe sembrare, ma è in continuo
movimento alla ricerca di sempre nuovi equilibri.
La tradizione di cambiamento e di rinnovamento che gli
Zingari hanno sviluppato nel corso dei secoli ha permesso
e permette oggi una stabilità relativa.
Si tratta di una società patrilineare (i diritti di
successione e le eredità passano solo attraverso gli
uomini) basata su un sistema egualitario in cui i
rapporti fra le persone sono caratterizzati dai semplici
concetti di "dare", "avere" e "ricambiare";
non esistono classi sociali, ma i rapporti sono di tipo
orizzontale. I valori centrali sono la solidarietà, la
reciprocità fra i membri, il rispetto, l'amicizia, la
sacralità della vita, l'amore per la natura. Questi
valori sono comuni a tutti i gruppi e sottogruppi e sono
stati ereditati dall'antica cultura indiana.
Uno dei concetti chiave della cultura zingara è la pace:
pace all'interno della comunità, pace fra i popoli di
diverse nazionalità (gli Zingari sono sempre stati
contrari a qualsiasi guerra), pace nella famiglia. Gli
Zingari ricorrono alla violenza in rari casi.
La caratteristica principale dell'organizzazione sociale
degli Zingari è la percezione dualistica del mondo: la
loro visione della vita si basa su grandi dualità. Una
di queste è la dualità "puro (susìpé)/impuro (mellipé)":
sono puri i comportamenti e le azioni che onorano un
individuo (per esempio il rispetto, la cordialità,
l'igiene personale); impuri sono, al contrario, i
comportamenti disonorevoli (l'indecenza, l'impudicizia,
l'adulterio, l'omicidio). Gli Zingari hanno una profonda
preoccupazione per la purezza morale e materiale e per
questo utilizzano un grande numero di parole per
esprimere questi concetti.
Molta attenzione viene data al corpo: sono pure le parti
interne, mentre sono impure quelle esterne, come la pelle
e i capelli in quanto sono le prime ad essere contaminate
dalla sporcizia. Le parti superiori, come testa e bocca
sono pure, mentre i genitali ed i piedi sono impuri. La
donna ha il potere di contaminare l'uomo perché, a causa
del parto, la sua sessualità è impura, mentre la
sessualità maschile è pura in quanto segno di fertilità.
Accade così che la donna per mantenersi pura, non deve
esporre il proprio corpo, deve avere un abbigliamento che
la scopra il meno possibile, deve passare un periodo di
isolamento in casa appena dopo il parto.
La purezza fisica è molto importante perché sottende
una purezza morale; influisce sullo status sociale.
Lo spazio, inoltre, viene considerato molto importante:
l'est è puro perché è il luogo dove sorge il sole (per
sua natura puro), dove nascono il calore e la luce;
l'ovest è impuro poiché è il regno degli spiriti. Il
giorno è puro, la notte è impura.
Un'altra grande dualità è rappresentata dai concetti di
onore, che si raggiunge con il prestigio, e di vergogna.
Elemento fondamentale di prestigio è la virilità.
L'onore, personale e della propria famiglia, è mantenuto
attraverso un comportamento ineccepibile (rispetto,
cordialità, convivialità, solidarietà, ospitalità), e
attraverso una profonda conoscenza della tradizione; ne
consegue che sono gli uomini anziani quelli dotati di
maggior prestigio. La non gerarchizzazione della società
non impedisce ai suoi componenti di ricercare il
prestigio. L'uomo di prestigio (barò rom) deve sapere
badare alla propria famiglia, senza farle mancare niente;
il timore di perdere la faccia di fronte agli altri (e
quindi la vergogna) lo impegna in un'aspra competizione.
Ciò implica un'altra grande dualità: da una parte una
fortissima solidarietà tra tutti i membri del gruppo,
dall'altra, tensioni e rivalità per la ricerca del
prestigio; viene messo in atto un complesso sistema di
doni e controdoni per accaparrarsi le simpatie degli
altri individui. L'eccessiva ostentazione di ricchezza e
di generosità, però, dà luogo a derisione e disprezzo:
è questo un modo per mantenere la competizione entro
limiti socialmente accettati.
Non conformarsi alle norme che regolano la comunità in
base al proprio ruolo e sesso implica l'esclusione, che
è ciò di più vergognoso possa capitare.
Per evitare che l'uomo di maggior prestigio del gruppo
assuma comportamenti eccessivamente autoritari e
dispotici, ci si affida all'importanza del consenso
sociale: il responsabile del gruppo non può esserlo
senza il consenso della comunità e deve giungere a
questo ruolo per designazione degli altri; e benché
responsabile di una grande famiglia, magari quella più
numerosa della comunità, non è possibile che possa
essere considerato come rappresentante di altre famiglie.
Esistono sempre più responsabili, non un solo capo.
Fulcro della società è la famiglia (familije), non solo
quella coniugale, ma soprattutto la famiglia estesa.
L'appartenenza è profondamente sentita; significa
sentirsi parte di un complesso di valori etici vincolanti.
L'individuo esiste perché dotato di un'identità sociale
determinata dalla famiglia di appartenenza. Il punto di
forza della famiglia estesa è la solidarietà, la
protezione morale, il sostegno psicologico e materiale,
la condivisione di tutte le risorse. Essere esclusi dalla
famiglia è una vera e propria morte sociale.
All'interno della famiglia i ruoli della donna e
dell'uomo sono stabiliti rigidamente: l'uomo si occupa
della sfera pubblica, degli spazi aperti di rilievo
sociale; stare in casa è segno di mollezza e debolezza.
La donna deve occuparsi della vita domestica; il suo
prestigio è determinato dalle attività di moglie e di
madre. Detiene il potere di compromettere l'onore della
famiglia, per esempio tramite il tradimento; questo
spiega il controllo ferreo a cui sono sottoposte le donne
nubili della famiglia: eventuali comportamenti "impuri"
rovinerebbero l'onore della famiglia.
Nella famiglia riveste grande importanza l'uomo anziano (phuro):
in quanto capofamiglia, protegge l'onore e il prestigio,
prende le decisioni importanti sul futuro dei figli, ma
la sua autorità non è comunque coercitiva; la sua
autorità morale è tenuta in grande considerazione.
I figli costituiscono la massima ambizione per i genitori:
la nascita è l'evento che finalizza il matrimonio,
soprattutto se si tratta di figli maschi. Con la nascita
di un figlio maschio, infatti, la donna diventa una
"romni", cioè una donna a tutti gli effetti,
mentre il marito diventa "rom", cioè uomo.
L'educazione dei figli è collettiva, assicurata da tutta
la famiglia; non c'è separazione fra il modo del bambino
e quello degli adulti: sono in continuo contatto fisico e
sociale. Il bambino ha tre tipi di educatori: gli
anziani, i genitori e i fratelli maggiori. Il bambino
apprende per immersione nella famiglia: l'esperienza,
l'iniziativa personale, la responsabilità sono
continuamente sollecitate; i bambini vivono in assoluta
libertà, imparano, crescendo, le restrizioni morali a
cui dovranno sottoporsi nel corso della loro vita. La
libertà d'iniziativa non è mancanza di controllo: il
controllo è globale, da parte del gruppo; si tratta di
un'educazione all'indipendenza e all'autonomia. I bambini
aiutano fin da piccoli i genitori nel lavoro: le femmine
resteranno in casa, i maschi seguiranno il padre.
Questo tipo di educazione spiega l'avversione degli
Zingari verso la scolarizzazione dei propri figli. Di
questo parlerò approfonditamente nei capitoli successivi.
Il matrimonio (biav) conferisce prestigio sociale, ed è
quindi un vero dovere; garantisce la sopravvivenza della
famiglia. È strettamente connesso al concetto di moralità,
soprattutto dal punto di vista femminile: il suo
comportamento determina il prestigio dell'uomo, ma non
viceversa; la donna, infatti, non può imporre nessun
comportamento al marito. I matrimoni possono essere
legali o di fatto, ma comunque è la comunità che
ratifica l'unione con la sua approvazione.
Oggi la famiglia tradizionale sta subendo alcune
trasformazioni: si tratta soprattutto della riduzione
della numerosità dei gruppi famigliari dovuta al tipo di
sedentarizzazione in atto che impedisce i grandi
assembramenti; si ha anche un aumento delle iniziative
personali nella scelta del coniuge e del desiderio di
cambiamento voluto dai giovani. Ci sono cambiamenti nel
ruolo della donna e i mezzi di comunicazione di massa
minano la storica capacità degli Zingari di mantenere la
propria originalità.
Il sistema di mantenimento dell'ordine sociale è
costituito da un insieme di leggi morali tramandate
oralmente che regolano la convivenza; l'efficacia di
questo sistema giuridico dipende dal consenso sociale.
Non adeguarsi a queste norme significa in molti casi
essere esclusi.
Esiste una specie di corte di giustizia (kris) che
regolamenta le controversie che turbano l'ordine sociale
e indeboliscono la società: gli uomini che ne fanno
parte sono scelti dalla comunità in funzione della loro
reputazione e della loro rispettabilità e esprimono il
pensiero della collettività. L'aspetto "comunitario"
si manifesta anche attraverso le sanzioni: qualunque sia
il tipo di sanzione inflitta al colpevole, da una parte
la sanzione colpisce tutta la famiglia, perché la
responsabilità è collettiva, e dall'altra è una
sanzione innanzitutto sociale, accompagnata dalla
riprovazione della comunità intera. Il potere della kris
è innanzitutto di coesione sociale: senza il consenso
del gruppo la punizione non avrebbe più senso in quanto
non esiste nessun individuo incaricato di esercitare il
potere.
Per quanto riguarda la religione, non esiste una
religione tipicamente zingara, ma esistono diverse
religioni a seconda del paese di stabilizzazione.
Inizialmente, adattarsi agli usi religiosi del luogo, era
un modo per evitare le persecuzioni; nonostante questo,
le diverse Chiese hanno sempre escluso gli Zingari, anzi
hanno dato un forte contributo alle loro persecuzioni.
L'adattamento religioso non è stato solo opportunistico:
una parte delle credenze e di rituali sono sempre stati
assorbite nel complesso culturale zingaro. È il caso del
culto di certi santi, che non sono santi zingari, ma che
determinano pratiche religiose e sociali zingare,
trasformate dalla cultura. È il caso della devozione che
molti hanno per la Madonna. Nella società zingara, il
sacro è sempre presente nel quotidiano e il quotidiano
fa sempre riferimento in qualche modo al sacro.
I pellegrinaggi costituiscono l'aspetto più visibile
all'esterno delle pratiche religiose degli Zingari: nati
come giustificazione ai loro spostamenti, alcuni sono
diventati oggi veri e propri pellegrinaggi zingari
riconosciuti tali dalle autorità religiose. Negli anni
Cinquanta è nato in Francia un movimento pentecostale
zingaro che si sta ampiamente estendendo in Europa e nel
mondo.
I riti originali, che sono poi legati al buddismo e
all'induismo, praticati quando ancora vivevano in India,
sono praticamente del tutto scomparsi: ne rimangono solo
alcune tracce, come, per esempio, il bruciare tutto ciò
che apparteneva al defunto. Secondo la loro tipica
visione dualistica, gli Zingari credono nell'esistenza di
una forza benefica (Devel) e di una forza malefica (Beng);
a queste forze, presenti in ogni momento della giornata,
sono collegati i concetti di buona (baxt) e cattiva (bibaxt)
sorte. Gli Zingari sono molto superstiziosi e fatalisti e
pensano che gli eventi della vita siano regolati dalla
fortuna, intesa come tutto ciò che è desiderato e
realizzato con successo.
Per gli Zingari, la morte rappresenta la cessazione di
tutto: non credono né nell'aldilà né nella
resurrezione. Hanno un grande rispetto per il defunto,
tant'è che giurare sui propri morti è segno di assoluta
credibilità e sincerità. Al dolore per un lutto
partecipa tutta la comunità in modo sincero.
Rispetto all'organizzazione economica, si può dire che i
lavori svolti dagli Zingari sono sempre stati vari e
variabili. Le attività economiche tradizionali sono il
lavoro dei metalli, il recupero di materiali diversi e la
loro vendita, il commercio dei cavalli, i mestieri dello
spettacolo viaggiante e del circo, la vendita ambulante o
nei mercati,i lavori agricoli stagionali, la buona
ventura. Alcuni di questi lavori stanno scomparendo (come
gli arrotini, gli ombrellai), mentre altri si stanno
sviluppando (commercio di auto uste, antiquariato, lavori
stagionali nell'edilizia).
Tutti questi mestieri sono concepiti come se si trattasse
di una vendita, di beni o servizi, a clienti non Zingari;
l'aspetto del negoziare è sempre presente in tutte le
loro attività.
Quello che caratterizza lo Zingaro nell'esercizio delle
sue attività economiche è la sua polivalenza: a seconda
del luogo, del momento, dell'occasione, sviluppa
differenti attività e questa disposizione rende
l'organizzazione economica adattabile alle risorse
offerte nel luogo e dinamica. Un'altra caratteristica dei
mestieri degli Zingari è quella di essere creativi: nel
corso della storia hanno sempre saputo sfruttare alla
perfezione le loro abilità manuali, diventando ottimi
professionisti.
Il lavoro è ritenuto una necessità; lo Zingaro lavora
per il sostentamento, non per arricchirsi: il lavoro deve
togliere meno tempo possibile agli affari sociali.
Oggi la situazione economica degli Zingari va, in molti
casi, peggiorando: le risorse da sfruttare sono sempre più
limitate, la differenza fra gruppi familiari poveri e
ricchi diviene sempre più marcata e la disoccupazione
diventa dilagante così come la dipendenza dai servizi
sociali.
Note:
1. Osella C.,
"Zingari profughi", Edizioni Gruppo Abele,
Torino, 1997, p.5
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Quaderni Zingari 59, Associazione Italiana Zingari Oggi,
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· Celim Bergamo, Quaderno 6, "Verso una società
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