CIES
Ferrara |
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Associazione
|
“Si
può dire che Leopardi sia «smarrito» solo perché non
si accontenta mai di alcun approdo”
Alberto Folin, Interminati spazi. Leopardi e L’infinito, Donzelli, 2021 “Lei
non è del Castello, lei non è del paese, lei non è
nulla. Eppure, anche lei è qualcosa,
sventuratamente, è un
forestiero, uno che è sempre di troppo e sempre
fra i piedi, uno che vi
procura un mucchio di grattacapi”.
Franz Kafka, Il Castello “I confini dell’anima non riusciresti a trovare, per quanto cammini percorrendo ogni strada: così profonda ne è la misura”.
Eraclito, 22B45 DK “La frontiera corre sempre nel mezzo. Di qua c'è il mondo di prima. Di là quello che deve ancora venire, e che forse non arriverà mai.” Alessandro Leogrande, La Frontiera |
“INTERMINATI SPAZI”
Il
tema del confine
rinvia a infinite sfumature di significato a seconda dei contesti
in cui lo si considera. Come testimonia il carattere
interdisciplinare dei border
studies,
il
confine può
essere osservato attraverso diverse lenti: quella della geografia,
della storia, della geopolitica, delle norme giuridiche, ma anche
quelle dell’antropologia culturale, della diverse scienze umane
(sociologia, psicologia, linguistica...), fino alle rappresentazioni
artistiche e letterarie. Costituisce inoltre,
sul piano simbolico,
una dimensione individuale e interiore: si pensi ai “confini”
culturali, religiosi, di genere in cui ciascuno di noi si può
imbattere.
Globalizzazione e nuove tecnologie ci avevano fatto immaginare un mondo nel quale i confini sarebbero diventati sempre più fluidi. Ma se ciò è diventato vero per bit, merci e denaro, per gli esseri umani la libertà di circolazione si è ridotta. Si è materializzata una nuova “età dei muri” che amplifica le tragedie della migrazione, in Europa, sul Mediterraneo, lungo il confine tra gli Stati Uniti e il Messico, nelle acque settentrionali al largo dell’Australia. E in nome dei muri e dei confini deflagrano conflitti nel cuore dell’Europa e nel Medio Oriente. Le
disuguaglianze economiche globali sono in crescita. La FAO stima che
nel 2022 il 29,6% della popolazione mondiale
si è trovato in situazioni di moderata o severa insicurezza
alimentare, 2,2 miliardi di persone non avevano accesso all’acqua
potabile, 1,5 miliardi non
avevano
accesso a strutture igieniche sanitarie di base; 32,6 milioni di
persone si sono trovate ad abbandonare, anche solo temporaneamente,
la loro dimora abituale a causa di disastri ambientali, mentre 28,3
milioni di persone sono sfollate a causa di guerre, conflitti e
violenze. La letteratura scientifica avanza poi l’ipotesi che a
causa dei mutamenti climatici nei prossimi 50 anni vaste aree del
pianeta potrebbero
risultare
inabitabili per alcuni
miliardi di persone.
Di
fronte a questi scenari, che non sono “emergenziali” ma un dato
strutturale del nostro tempo, la risposta degli stati è sempre più
quella di proteggere i propri confini se non con muri reali con muri
legali: come l’invenzione del reato di “immigrazione
clandestina”, che legittima pratiche di espulsione e
“respingimento”, in contraddizione con lo spirito della nostra
Costituzione, di alcune normative internazionali (Convenzione di
Ginevra, Convenzione
europea dei diritti umani...),
ma soprattutto del più comune senso di umanità.
I
confini sono concepiti dall’uomo, sono strutture artificiali. Il
senso di specificità e “identità” che i confini sembrano
designare, non sono, a volte, che il prodotto di una
rappresentazione.
Ambrose
Bierce, scrittore e polemista americano del secolo scorso, così
definisce il
confine:
«linea immaginaria tra due nazioni, che separa i diritti
immaginari dell’una dai diritti immaginari dell’altra» (Il
dizionario del diavolo,
Sugarco, Varese, 1995).
“Nessuno
nasce illegalmente o migrante. È su questo fulcro che le idee
astratte di giustizia, identità e appartenenza acquisiscono il volto
concreto di storie e vite, drammaticamente urgenti e immediate. Ciò
che viene tenuto fuori – corpi estranei, altre storie e culture –
al fine di mantenere il presunto ordine omogeneo di chi è dentro ora
insiste per avere la propria parte nella narrazione”.
(Iain
Chambers,
Paesaggi migratori,
1994, 2018, Meltemi).
La
sacralizzazione, il culto e l’ossessione dei confini,
senso del dominio e concezione
proprietaria
del territorio contribuiscono
a fondare il pregiudizio che differenze fra culture e modi di vita
si fondino su qualche principio naturale e originario, mentre spesso
sono solo il frutto di determinazioni storiche, a volte relativamente
recenti.
In
nome di questa idea di stato entrano nel nostro lessico quotidiano,
attraverso la lente del telegiornale, le immagini dei morti che
affollano il mediterraneo nel tentativo di attraversare un confine, e
ci abituiamo gradualmente a considerare “normale” che una persona
possa essere internata senza che abbia commesso alcun reato, ma per
il solo fatto di essere straniero.
Ma
in questo cortocircuito “La
stessa sintassi dello stato, della nazione, della cittadinanza e
dell’identità, è direttamente contestata dalle storie clandestine
del migrante e dalla sua presenza “illegale” e “fuori posto”.
I meccanismi che apparentemente ci fissano nella nostra “casa”
sono qui drammaticamente esposti in tutta la loro violenza
arbitraria”. (Iain
Chambers,
“il
passato che non passa”,
in Presente imperfetto. Eredità
coloniali e immaginari razziali contemporanei,
a cura di Giulia Grechi e Viviana Gravano, Mimesis Edizioni, 2016).
Se,
come invita a fare la filosofa Donatella Di Cesare, provassimo a
rovesciare i termini, potremmo convenire che “il problema è lo
Stato-nazione, non le migrazioni”.
“Se
guardiamo ai fenomeni migratori esclusivamente in un’ottica
statocentrica, cioè a partire solo da quel che avviene all’interno
dei confini di una nazione [...],il miglior risultato possibile non
può che essere quello dei porti chiusi. Il problema sono i flussi
migratori o lo Stato nazione che è una forma politica assolutamente
obsoleta? Dobbiamo ribaltare la prospettiva. Il sovranismo nasce
esattamente qui: dalla volontà di tenere in vita lo Stato-nazione,
mentre si dovrebbe guardare, nel contesto della globalizzazione, a
forme politiche post-nazionali […]
L’alternativa
è proprio la comunità. Ma non quella fondata sull’identità e
l’immunizzazione, ma una comunità fondata sull’ospitalità.
Dobbiamo anche superare il diritto d’asilo per guardare a
un’ospitalità che diventi un dato costitutivo delle nostre società
”.
(Donatella Di Cesare, “Una politica oltre la nazione”, 26 Maggio
2019, https://jacobinitalia.it/una-politica-oltre-la-nazione/)
E SE NON CI FOSSERO CONFINI? I
geografi solitamente distinguono il significato dei termini «confine
»
e «frontiera»:
col primo si intende una linea divisoria tra due territori, segnata
sul terreno da un tratto continuo e di solito riconosciuta
internazionalmente;
col secondo
si fa riferimento a un’area che separa due territori, non sempre
delimitata con precisione e soggetta a variazioni, ridefinizioni e
spostamenti.
Nelle
sue riflessioni a proposito di confini
e migrazioni,
il filosofo Massimo Cacciari
propone l’alternativa tra
limen
e
limes.
Il primo termine significa “porta” da cui per definizione si
entra e si esce; il secondo indica viceversa una barriera, dunque,
più nettamente, richiama una chiusura. “Oggi
- sostiene
Cacciari - siamo
obbligati a decidere se il confine è limen
o
limes,
soglia o barriera, luogo dove ci trinceriamo o dove arriva lo
sguardo, la volontà e il desiderio”
(“Riflessioni su cambiamenti confini limiti”, conferenza XXI
Congresso Nazionale della Societa' Italiana di Psicopatologia, Roma
22-25 febbraio 2017).
Per
mettere più a fuoco l’orientamento attraverso il quale vorremmo
svolgere le nostre “indagini di confine”, ci piace rinviare alla
testimonianza della sociologa e scrittrice Melita Richter, che
nell’edizione del 2007 del convegno ci diceva:
“Il
confine presume la diversità che sta al di là dell’area da esso
delimitata. Si tratta di una diversità reale o artificiale […] Il
confine si pone come violenza in ogni tessuto che attraversa. E come
se il continuum di forme geografiche, culturali, linguistiche non
esistesse ed in ogni punto la realtà potesse essere spezzata e
separata in almeno due gruppi opposti […]
Vorrei
distanziarmi da una simile interpretazione del confine e avvicinarmi
a un concetto diverso, alla “soglia”. La soglia [...]
è il confine visto nella prospettiva dinamica del suo superamento”.
Ed
è con questa lente che Melita Richter ci accompagnava alla lettura,
o rilettura, di classici autori “di confine” come Claudio Magris,
Fulvio Tomizza, ma aprendo ad interessanti suggestioni, che noi
vorremmo riprendere, portate dalla letteratura degli scrittori
migranti.
LINGUE E CULTURE IN MOVIMENTO Se
si assume il concetto di “soglia”, di “limen” come
prospettiva culturale,
si può percepire come milioni di donne e uomini expats,
emigrati, rifugiati, déracinés
che scavalcano confini contribuiscono a costruire culture
composite, che si intrecciano secondo traiettorie inedite,
alimentandosi di mescolanze di linguaggi, stili e generi
(letteratura, musica, teatro graphic
novel,
street
art,
cinema, arti visive...) e l’esito di questa fertile produzione
poetica orienta verso una continua ridefinizione del nostro tempo.
La sessantesima edizione della Biennale
d’arte di Venezia, che si terrà dal 20 aprile al 24
novembre 2024, avrà come titolo Stranieri
ovunque. Tale
condizione di estraneità sarà espressa in una miriade di lingue,
con parole lampeggianti nella fredda luce del
neon, simbolo di ulteriore distacco e lontananza.
“L’espressione
Stranieri
Ovunque – sostiene
il Curatore brasiliano Adriano Pedrosa
-
ha (almeno) un duplice significato. Innanzitutto vuole intendere che
ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli
stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a
prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre
veramente stranieri”.
La
società civile è quasi sempre più avanti della sua rappresentanza
politica. Oggi nel mondo ogni tradizione è simultaneamente anche
spazio di traduzione: “la
macchina del confine è un’architettura interattiva”. E questi
‘confini’, come ci insegna la metropoli moderna e ‘globalizzata’,
non sono là fuori nella frontiera, sul limes, nei luoghi lontani ed
esclusi dal centro; al contrario, corrono attraverso il cuore della
vita metropolitana, sentiti, gustati e ascoltati nelle sue
letterature, musiche, arti, cibi” (Iain
Chambers,
italia mediterranea:altre mappe, altre storie, altre modernità,
2009)
Nel
corso del convegno cercheremo di fare emergere questa sintassi
collettiva, ma anche di portare il racconto in prima persona di
personalità che operano sui territori di confine a vario titolo:
giornalisti, scrittori, artisti, esperti di diritti umani, volontari
che si occupano dell’accoglienza dei migranti.
Ne
parleremo con Alessandra
Ballerini:
avvocata, specializzata in Diritti umani e immigrazione.
Si
occupa di affidi di minori, di tutela di emarginati e di donne. È
inoltre giornalista pubblicista e scrittrice; ha
pubblicato
La
vita ti sia lieve. Storie di migranti e altri esclusi
(Zolfo,
2023).
Narine Abgarjan, scrittrice, accompagnata dalla sua traduttrice in Italiano Claudia Zonchetti. Narine è nata in Armenia, ha vissuto a Mosca e ora vive da esule in Germania. Il suo più grande successo, E dal cielo caddero tre mele (Francesco Brioschi Editore, 2018) è stato tradotto in tutto il mondo e si è aggiudicato il prestigioso premio Jasnaja Poljana. Riccardo
Bottazzo è
giornalista e scrittore. Nelle sue inchieste si è occupato di
discriminazioni e questioni ambientali. Nel libro Disarmati
(Altreconomia, 2023), racconta le vicende dei Paesi che hanno
rinunciato alle forze armate.
Lorena
Fornasir
e Gian
Andrea Franchi
sono
i fondatori
dell’Associazione “Linea d’ombra” di Trieste, con la quale
soccorrono e si “prendono cura” dei migranti che varcano il
confine provenienti
dalle rotte balcaniche. Alla Piazza di Trieste, palcoscenico di
questa attività di solidarietà, è dedicata la mostra fotografica
di Luca
Greco,
fotografo,
cooperante, sindacalista, che si potrà vedere alla Galleria del
Carbone nella
settimana di svolgimento del Convegno, da sabato 6 a sabato 13
aprile.
Valerio
Evangelista, scrittore
italiano trapiantato in Bulgaria e Nicolino
Sapio,
fotoreporter italiano naturalizzato svizzero,
hanno
da poco dato alle stampe
KM
21. Dove le ciliegie tacevano, (Töpffer
edizioni, 2024), un romanzo ambientato in Bosnia che sulla base di
precise ricostruzioni dà
voce ai testimoni degli orrori e delle pulizie etniche
avvenute durante le guerre civili nella ex Jugoslavia.
Tahar
Lamri,
giornalista, autore teatrale, animatore culturale, appartiene alla
prima generazione degli scrittori stranieri che hanno pubblicato
libri scrivendoli direttamente in lingua italiana.
Nader
Ghazvinizadeh,
dopo
avere pubblicato alcune raccolte di versi (Arte
di Fare il bagno,
2004,
Metropoli,
2011) si è dedicato alla narrativa con le raccolte di racconti I
Cosmonauti, 2015 e
Addio
Vint,
2019. Cura i testi degli spettacoli messi in scena dal “Burattinicio
Mangiafoco”, teatro dei burattini di sua moglie Margherita Cennamo.
Le
ragazze e i ragazzi di OCCHIOAIMEDIA,
una redazione di giovani nata nel 2010 all’interno
dell’associazione multietnica “Cittadini del Mondo di Ferrara”.
Il
gruppo
di giovani si è dato il ruolo di
analizzare gli articoli della stampa e segnalare quelli che mirano a
denigrare e discriminare le minoranze etniche, senza rispettare il
codice deontologico instaurato dall’ODG (Ordine Dei Giornalisti) e
dalla Associazione Carta
di Roma.
Dedichiamo
questo convegno alla memoria di Ousmane
Sylla, il 22enne il cui corpo è stato trovato esanime
nella mattinata di domenica 4 febbraio all’interno del CPR di
Ponte Galeria, nella periferia di Roma. Si è impiccato con un
lenzuolo annodato a una grata. Adorava disegnare, giocare a calcio e
cantare canzoni ispirate alla cultura rasta,
in slang giamaicano e in sousou,
la sua lingua madre.
Paolo Trabucco
Cies
Ferrara, aprile 2024
Una
piccola guida bibliografica:
Alessandra
Ballerini, La
vita ti sia lieve. Storie di migranti e altri esclusi,
Zolfo
, 2023
Narine
Abgarjan,
E
dal cielo caddero tre mele, Francesco
Brioschi Editore, 2018;
Simone,
Francesco Brioschi Editore, 2022
Riccardo
Bottazzo, Disarmati.
Paesi senza esercito e altre strategie di pace, Altraeconomia,
2023
Luca
Greco,
le
Strade dell’Apartheid,
Mondo
Nuovo Edizioni, 2022
Gian
Andrea Franchi,
Il
diritto di Antigone,
Ombre corte, 2022
Nader
Gazvinizadeh,
Metropoli,
Edizioni
CFR, 2011; I
cosmonauti, Pendragon,
2015; Addio
Vint,
Bebert edizioni, 2019
Tahar
Lamri,
“Il pellegrinaggio della voce” e “Ma dove andiamo? Da nessuna
parte solo più lontano” in Parole
di sabbia
(a cura di Franco Argento, Alberto Melandri, Paolo Trabucco),
Edizioni Il Grappolo, 2002;
I sessantanomi dell’amore, Fara Editore, 2006
Occhioaimedia
(a
cura di),
Nel
mio paese nessuno è straniero,
Edizioni
Il razzismo è una brutta storia, 2012
Marco
Aime e
Davide Papotti,
Confini.
Realtà e invenzioni, Edizioni
Gruppo Abele, 2023
Alessandro
Ricci,
La
geografia dell’incertezza,
Exorma, 2018
Donatella
Di Cesare,
Stranieri
residenti. Una filosofia della migrazione,
Bollati Boringhieri, 2017
Alessandro
Leogrande,
La frontiera,
Feltrinelli, 2015
Iain
Chambers,
Paesaggi
migratori,
Meltemi, 1994, 2018
Iain
Chambers e Marta Cariello,
La
questione mediterranea,
Mondadori, 2019
|
Per informazioni:
• tel.
3356542434
• E-mail: info.vocidalsilenzio@tiscali.it