Rap...sodie
migranti
di Viorel Boldis
Viorel
Boldis |
Introduzione Viorel Boldis lo conobbi alcuni anni fa nel corso di un poetry slam promosso da Poesia Totale. Figurata pacata dal volto beat, portava i segni evidenti di un difficile sbarco nel nostro paese. Mi aspettavo, nel corso dei tre minuti canonici che fissano il tempo dello “slammer”, una poesia antieroica, sgonfia, ai limiti della noia. Sorprendentemente scoprii, nel corso della performance, una serie di versi ritmici, netti, coraggiosi, quasi una lotta contro il “sistema”. La poesia era “Il conto” dove il poeta Viorel Boldis, già dalle prime battute, lasciava intravedere il “design” della sua costruzione: “nemmeno un conto corrente / mi affido al vento / incostante stridente”. Questa poesia apre, con mia grande e infantile soddisfazione, la sua seconda raccolta dal titolo “Rap... sodie migranti”. La copertina è a dir poco dissacrante, kitsch, leggermente pop, il titolo scritto con un carattere trapassato, eppure non riesco a farmela dispiacere. Non fa altro che rispecchiare l’approccio che l’autore ha con il mondo. Viorel Boldis, pur coltivando una poesia quasi “riconosciuta”, è decisamente “antiaccademico”, pare voglia conservare quelle mani grandi e callose da lavoratore come protezione dall’imperversare, anche nel fantastico mondo della “cultura”, delle baronìe, dei politici e dei salotti. L’etichetta di “poeta migrante”, come quella di “letteratura della migrazione” e varianti, è da assumere con molto distacco. Con denominazioni simili si indica sempre, anche per gli italiani all’estero, una sorta di letteratura minore o di genere in cui il tema di fondo viene utilizzato per schiacciare l’individualità in questione e condannarla, non senza qualche coccola riservata al “buon selvaggio”, alla cifra della “marginalità”. Anche John Fante, a questo punto, sarebbe potuto finire, colto da sfortuna, in una “retata antologica” riservata a sconosciuti scrittori italoamericani. Viorel Boldis è prima di tutto un poeta. Riconoscersi pubblicamente come poeta è manifestazione di un produrre secondo la propria volontà, rivendicarlo è un diritto e un dovere che non implica autocelebrazioni ma semplicemente uno stato di fatto. Viorel Boldis è prima di tutto un poeta, che inanella viaggio territoriale ed interiore, società dei consumi, desideri, latitanza dell’amore. Poco importa da dove venga. A mio avviso, poi, Viorel Boldis è un poeta capace, la sua raccolta esprime una voce limpida, sodica e rapsodica, anarchica e libertaria, con molti passaggi capaci di filtrare la realtà dell’uno e dei molti, capaci di far contenere — per usare una (u)topica descrizione — il mare in un bicchiere. Max Ponte - Torino, 2009 IL CONTO non tengo niente né case né terre nemmeno un conto corrente mi affido al vento incostante stridente ormai non mi spavento non tengo denaro nada nulla nafing che cazzo di vita da lupo mannaro che faccio ignaro di cose e vizi incolore non bevo non fumo faccio poco all’amore sono un nullafacente non spero e non credo più in niente cavalco la vita come fosse una troia e lei brutta stronza sfottendo s’annoia cavalco cavalco ma domani la smonto me ne vado in banca e mi faccio un conto.
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Il volume è stato pubblicato con il sostegno del Centro Socio Politico Tindari Patti. Viorel Boldis e stato vincitore del concorso lanciato nel 2009 del Centro Tidari Patti.
Il libro sarà disponibile sul sito: www.tindaripatti.net
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