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21° Convegno Nazionale Franco Argento

Culture e letteratura della migrazione

Incerte geografie

storie di incontri e spaesamenti

 

Ferrara 24 - 25 marzo 2023

 

PRESENTAZIONE

 

 

 
Cos’è l’incertezza? È la sensazione di non poter prevedere come sarà il mondo quando ci sveglieremo la mattina seguente, è la fragilità e l’instabilità del mondo. Il mondo ci coglie sempre di sorpresa.                                                                  (Zygmunt Bauman)


Nonostante sappiamo da tempo che la terra è una sfera, tutta la modernità ha preferito rappresentarla su una tavola. Come i matematici sanno bene la tavola e la sfera e la mappa e il globo sono l’un l’altro irriducibili, ossia non si può mai trasformare  qualcosa che nella traduzione delle parole.                                                                                                                                                                                                  (Franco Farinelli)      

Domani dove andremo
E di questi nostri giorni cosa ne faremo
Dimmi se esiste qualche cosa in cui credere davvero
Che non sia ancora scheggiato, che sia rimasto intero
Come il tuo sorriso da lontano
In quella nostra foto in bianco e nero
Che vada oltre questo inverno
Tutto il vuoto che ora sento affianco quando mi addormento
Ho l'illusione di un momento
Oltre questa infinita cronaca di un tempo incerto
Oltre questa infinita cronaca di un tempo incerto
           (Michele Bravi, “Cronaca di un tempo incerto”,
           dall’album La geografia del buio, 2021)


“Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli     anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, di isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto”
         (Jorge Luis Borges,  L’artefice)


[…] E la nuova filosofia mette tutto in dubbio,

l’elemento del fuoco è affatto estinto;

il Sole è perduto, e la Terra; e nessun ingegno umano

può indicare all’uomo dove andarlo a cercare.

E liberamente gli uomini confessano che questo mondo è finito,

dato che nei pianeti e nel firmamento

ne cercano tanti di nuovi; essi vedono che questo

si è di nuovo frantumato nei suoi atomi.

È tutto in pezzi, scomparsa è ogni coesione,

ogni equa distribuzione, ogni rapporto:

sovrano, suddito, padre, figlio, son cose dimenticate,

ciascun uomo per proprio conto crede di esser

divenuto Fenice, e che allora non possa esserci

alcun altro di quel genere, cui egli appartiene, al di fuori di lui.

(John Donne, Anatomia del mondo, 1611)


Nel 2005 avevamo  dedicato la quarta edizione del Convegno  al tema della città, collaborando anche alla realizzazione di uno spettacolo teatrale, “And the city spoke”,  ideato da Jennifer Langer e Marta Niccolai, per la regia di Ernst Fisher, che fu presentato a Varsavia, a Londra e a Ferrara (le scenografie furono realizzate dalle studentesse e dagli studenti dell’Istituto “L.Einaudi”, con il coordinamento dell’insegnante Mara Gessi. Il progetto nasceva dallo scambio e integrazione di esperienze, sensibilità e linguaggi di scrittrici e scrittori migranti che risiedevano in diversi paesi europei. La performance rappresentava una efficace metafora della città polimorfa e multietnica nell’era della globalizzazione.
Tra gli ospiti del Convegno, il geografo Franco Farinelli avvertiva di come “ I processi di produzione e la stessa esistenza nelle città si svolgono sempre più in una dimensione invisibile che è quella dei flussi elettronici.
Nessuna cartografia rispecchia più il mondo come è adesso. Non ci sono più modelli per rappresentare il mondo.
Il mondo oggi comincia a smaterializzarsi: agli atomi si sostituiscono i bit, e ciò comporta la distruzione dello spazio: non c’è più distanza, quindi unità di misura del mondo. Ci mancano le parole perché non sappiamo più vedere. Ci servono descrizioni letterarie, non spiegazioni scientifiche. Ecco perché abbiamo bisogno degli scrittori (Atti 4° Convegno Franco Argento, Ferrara, 2005).
Questa edizione del convegno intende proseguire su quelle  piste di ricerca, prendendo spunto ancora una volta dalle riflessioni di un geografo, Alessandro Ricci, autore di  La geografia dell’incertezza (Exorma, 2018), nel quale il fenomeno della globalizzazione viene letto attraverso la lente dell’incertezza geografica di fronte  alla crisi generalizzata del mondo contemporaneo.
Alessandro Ricci  intende con  «geografia dell’incertezza» “una differente interpretazione dell’idea stessa di globalizzazione, che prese avvio – inequivocabilmente – con la cognizione della globalità del mondo stesso, avviatasi proprio a partire dal compimento del folle volo di Colombo e degli altri grandi esploratori d’età moderna, che seppero superare ogni vincolo certo, dogmatico, metafisico e allegorico”.
Quell’incertezza che si determinò nel declino delle strutture e delle certezze medievali a causa dell'affermazione di una "forma mentis" globale, si riscontra oggi  “nell'idea di crisi generalizzata [...]  nelle dinamiche geopolitiche, economiche e sociali della post modernità”.
Oggi, mentre ricorre il 74esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, stiamo assistendo ad eventi drammatici che offrono la sensazione  di vivere una  modernità senza diritti    che genera violenza e disuguaglianze: la crisi climatica, una ennesima  guerra, questa volta  nel cuore dell’Europa, il ritorno della minaccia nucleare, tensioni e conflitti:  cito per brevità solo i casi dell’l’Iran, il ritorno delle tensioni e dei morti in Palestina e a danno dei curdi.
Secondo il rapporto «La disuguaglianza non conosce crisi» pubblicato da Oxfam in occasione dell’apertura dei lavori del 53esimo World Economic Forum di Davos, “stiamo assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra”: oltre 820 milioni di persone – circa una persona su dieci sulla Terra – soffrono la fame; per converso il patrimonio netto dei 10 miliardari più ricchi è più che raddoppiato nel 2021 (questi ultra-miliardari necessiterebbero di 414 anni per spendere le loro fortune al ritmo di 1 milione di dollari al giorno ciascuno);  anche In italia «la disuguaglianza non conosce crisi» i super ricchi con patrimoni superiori ai 5 milioni di dollari (lo 0,134% degli italiani) possedevano, a fine 2021, una ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% degli italiani più poveri.
Oggi nel mondo  è stato calcolato che ci siano oltre 100 milioni di profughi e l’accrescersi dei flussi migratori rappresenta un altro metro possibile per misurare l “idea di una geografia dell’incertezza, intesa come caos “   (Alessandro Ricci, La sfida delle migrazioni nella geografia dell’ incertezza. Immagini e scenari geopolitici, RIVISTA GEOGRAFICA ITALIANA, fascicolo 4, 2020).
Incerte sono le geografie di chi fugge da miseria, guerre, discriminazioni, in cerca di opportunità di vite decorose: amari “carichi residuali” della civiltà.  Proprio dieci anni fa si consumava la tragedia al largo di Lampedusa, quando il 3 ottobre 2013 a poche miglia dal porto dell’isola, morirono 368 persone e circa 20 furono i dispersi   in un naufragio che è considerato una delle più gravi catastrofi marittime nel Mediterraneo dall’inizio del XXI secolo.
Meno di un mese fa un’altra drammatica strage di vite umane si è consumata a pochi metri dalle rive delle spiagge intorno a Crotone, che ha rivelato una volta in più come la natura delle politiche migratorie europee, anziché tutelare il diritto e la libertà di movimento, considerino le migrazioni quasi unicamente come problema di ordine pubblico.
Episodi come questi rappresentano l’apice di una tragedia storica che sta trasformando il Mediterraneo, mare di incontri, in un cimitero profondo.
“Ogni giorno la migrazione è argomento dei titoli della stampa italiana, accompagnati
dalle foto di corpi neri e abietti ammassati su piccole imbarcazioni che attraversano il Mediterraneo, per essere abbandonati, se sopravvivono al viaggio, sulle sue coste settentrionali. Tuttavia questi “alieni”, questi corpi stranieri non sono, naturalmente, stranieri; sono compagni di lungo corso nei processi planetari che hanno costituito il mondo moderno. La migrazione è uno dei capitoli centrali della modernità. La sua storia violenta eppure strutturale, e non accessoria, presenta coordinate critiche in genere escluse dalla mappatura della modernità e del Mediterraneo” (Iain Chambers, Italia mediterranea:altre mappe, altre storie, altre modernità, 2009).
Eppure è stata proprio la sete ardente di varcare i confini ad alimentare il tuffo nell’incertezza, “il folle volo”, che costituisce l’anelito conoscitivo alla base della “scoperta” del mondo, quel  viaggiare a “vele spiegate”, quell’ “andare  alla “ricerca delle cose incerte” si offrono anche come metafore della creazione letteraria della modernità, quando, per dirla con Pirandello, Oreste diventa Amleto. E prendono  forma il  moderno eroe tragico e il rapporto sempre più complesso con il  mondo da rappresentare.
Quando la letteratura  orienta la propria attenzione  verso la realtà contemporanea non può non toccare  significati  esistenziali attraverso lo  sguardo sulla condizione  dell'individuo nella dimensione globale della postmodernità, all’interno della quale sempre più frequentemente abbiamo  la sensazione di non padroneggiare gli strumenti del nostro agire quotidiano e di non sentirci “a casa”.
Così come l’incertezza sembra essere la cifra attraverso cui declinare l’esperienza quotidiana, lo “spaesamento” sembra essere la cifra attraverso cui tanta letteratura tenta di rappresentare quell’esperienza.
Ed è una cifra che si può cogliere, per non andare troppo lontano o troppo indietro nel tempo, in alcuni  fra i libri usciti recentemente (appena una manciata tra l’immenso repertorio di offerte editoriali) che hanno fermato la nostra attenzione. Jhumpa Lahiri, statunitense di origine indiana, appassionata di lingua italiana nei suoi  Racconti romani  (Guanda, 2022) chiude una trilogia di narrazioni incentrate sulla città di Roma, e in quest’ultima raccolta di racconti, scritti in italiano,  si susseguono tracce di esistenze e di esperienze umane segnate da una sorta di “Inappartenenza”.
Adrian Bravi, nato a Buenos Aires nel 1963 e tornato da più di trent’anni Italia, in Verde eldorado (Nutrimenti, 2022) racconta di un viaggio straniante nel Nuovo mondo ai tempi delle scoperte geografiche da parte di un giovane che affronterà un percorso avventuroso nel tempo e nello spazio, ma soprattutto dentro di sé, alla ricerca di un’identità complessa da individuare, tra i residui della memoria del proprio passato e il confronto con civiltà remote e sconosciute.
Esperance Hakuzwimana Ripanti, ruandese cresciuta in Italia, nel suo romanzo d’esordio Tutta intera (Einaudi, 2022) fa scorrere storie vissute di giovani dalle esistenze spezzate, alla  ricerca di una  ricomposizione, resa più complessa, oltre che dalla condizione di “ragazzi difficili” dei protagonisti, anche da una geografia dei luoghi (una città tagliata in due da un fiume) che inasprisce la separazione etnica e sociale.
Anilda Ibrahimi in  Volevo essere Madame Bovary (Einaudi, 2022) racconta della complessa educazione sentimentale di una donna nata nell’Albania del socialismo reale e poi emigrata in Italia, e delle sue oscillazioni tra una  sua dimensione umana e sentimentale conquistata nel nuovo paese e il richiamo insidioso della sua precedente appartenenza.
In Combo, romanzo d’esordio della giornalista e insegnante Valentina Avoledo (Calibano editore, 2022) una variopinta comunità di individui cerca una collocazione costruendo, o decostruendo, una idea di casa e di comunità, ridisegnando i propri confini umani e fisionomie identitarie  all’interno, o all’esterno, di quelli previsti della società  “ufficiale”.
Guido Barbujani, genetista di fama e apprezzato narratore,  in Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti (Einaudi, 2022) ricostruisce frammenti di storie e segmenti di biografie più o meno comuni segnate dal tema della ricerca, dello spostamento, quasi un modello su scala ridotta di quella umanità in movimento spinta dal fatto che “in fondo alle gambe non abbiamo radici, ma piedi”.
Nella fase preliminare e durante il convegno si incontreranno   scrittori,  poeti,  artisti  e testimoni i quali saranno chiamati a confrontarsi,  da un lato su  riflessioni intorno  ad  esperienze tipiche di luoghi attraversati da più frontiere e caratterizzati da convivenze multilinguistiche e multiculturali, dall’altro, sul piano simbolico, in merito alle loro rappresentazioni culturali e letterarie.
A distanza di venti anni dalla prima edizione del Convegno, abbiamo voluto dedicare un  ricordo al nostro caro amico e compagno  Alberto Melandri, che si svolgerà nel  corso della mattinata del 25 marzo. Alberto  è stato tra i fondatori del Convegno,  animatore di innumerevoli iniziative culturali sui temi della pace e dell’incontro tra culture, per molti anni stimato e amato insegnante presso il Liceo “G.Carducci” dove, per volontà di tutto il personale e della Dirigente, gli verrà intitolato l’Auditorium.
 
Ferrara, marzo 2023
                                                                         Paolo  Trabucco


)


 



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