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Dopo
averci deliziato con i suoi racconti, Christiana de Caldas Brito ci
propone il suo primo romanzo. Siamo nel 2000 e il Brasile si appresta
a festeggiare i cinquecento anni della sua scoperta. Grazie a una
sorta di uno zoom magico, veniamo subito catapultati in una delle
tante favelas brasiliane, dove ogni giorno che passa è un giorno
strappato alla miseria, alla droga, alla violenza. L’incipit
ci proietta nel mezzo di un’azione che ha già il sapore
del finale e, come in un film iniziato a metà, avvertiamo l’imbarazzo
di averne perso un pezzo. C’è una bara, un tram carico
di uomini e donne che “svuotano suoni sconnessi nei loro fazzoletti”.
Poi l’azione precipita, arriva il temporale, poi uno sparo.
“Il silenzio è un’altra sepoltura aperta, pronta
a divorare la folla”. A questo punto l’autrice torna indietro
e ci racconta il dietro le quinte di questa scena. Ed è così
che conosciamo Pedro, il delinquentello che cerca di emergere dalla
miseria attraverso la malavita e l’appoggio di personaggi loschi
come Celsão; incontriamo la piccola Jussara, costretta a letto
da un incidente mentre invoca allo schermo televisivo un miracolo
che le cambi la vita, visto che “almeno con il telecomando poteva
uscire da quello che non le piaceva”; incontriamo anche sua
madre Iraci, che tenta di sopravvivere a miseria e dolore, e ancora
Marlene, che racconta ai bimbi della favela le favole incantevoli
che le narrava sua nonna per contrastare “un destino secco”,
mentre sua madre Conceição si consuma di lavoro. C’è
Moira, la donna ricca che stravolge il corso degli eventi e ci mostra
un Brasile dalle classi sociali che stridono tra loro come unghie
affilate su una lavagna: “la realtà era divisa in due
livelli: i superiori e gli inferiori. Solo così si raggiungeva
l’armonia”.
E poi c’è lei, la protagonista: Pioggia, tanto presente
nella vita dei personaggi da determinarne il destino e le scelte,
viene respirata così a fondo da essere percepita come una dei
tanti abitanti della favela: “(…) prese l’ombrello,
anche se non sembrava che venisse pioggia”.
Per ogni personaggio, per ogni storia, l’autrice riesce a usare
colori diversi, attingendoli però tutti dalla tavolozza della
pioggia: nubi, acqua, temporale, precipitazioni. Christiana si conferma
autrice di estrema leggiadria, capace di sottigliezze e immagini felici
di raro valore: “Moira e lei andavano d’accordo come il
riso con i fagioli. (…) Secondo Diná, uno dei pochi miscugli
ben riusciti tra bianchi e neri”. Gli ambienti sono descritti
con tale maestria da dare la sensazione di trovarcisi, come nella
descrizione della casa di Jussara, resa meglio di una fotografia,
dove spiccano i tipici oggetti un po’ kitch che trionfano nelle
vetrine delle case povere, impreziosita da irresistibili perle di
saggezza come “Jussara non capiva come mai sua madre si metteva
con quell’uomo. Un tram aveva bisogno di un conduttore, non
una madre”.
Le storie dei personaggi sono inesorabilmente legate tra loro, ma
così avviluppate da uscirne sfilacciate, strozzate, persino
il paesaggio sembra parteciparvi: “Le finestre e le porte spalancate
delle baracche sembravano tante bocche sdentate a ridere di lui”.
La vita di ognuno sembra incastrarsi in quella dell’altro, pagina
dopo pagina, come in un perverso gioco di scatole cinesi, sempre di
più, sempre più a fondo, fino all’esplosione finale,
quando la pioggia lentamente si preannuncia come un presagio, si respira
tra le pieghe dei pensieri, e finalmente arriva, a lavare via i dolori,
le amarezze e le ansie, i sogni infranti e quelli mai nati. Arriva
il temporale: e porta via con sé la siccità di tante
vite a perdere, come fossero detriti di melma, e fango e rabbia. Ed
è quasi un sollievo, una certezza, perché “la
libertà è come il temporale: può tardare ma prima
o poi arriva.”
Una domanda all’autrice: anche lei, come la nonna di Marlene,
racconta storie perché è triste?
Yasmine Roberta Catalano
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Yasmine Roberta Catalano è
nata nel 1975 a Roma. Di origine libanese, è maghrebina nell’anima.
Ha vissuto quindici anni in Marocco ed è poi tornata a Roma dove
si è laureata in Letterature Comparate. Collabora con diverse
case editrici. Ha tradotto testi, pubblicato recensioni e saggi su numerose
riviste letterarie. Ha vinto tre premi letterari giovanili. “Schegge
di memoria. Gli italiani in Marocco”, (edizioni
Senso Unico), è il suo primo libro.
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