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CONSIGLIO COMUNALE STRAORDINARIO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
Archivio legislatura 2009 - 2014
Ringrazio i gruppi di maggioranza del comune di Ferrara per avermi affidato il compito di intervenire in questa seduta. è per me un onore poter parlare in nome e per conto degli uomini ma soprattutto delle donne elette.
Noi, tutti noi, per un processo naturale, tendiamo a misurare il mondo usando noi stessi come unità di misura. è normale, salvo poi intervenire sui propri comportamenti per correggerli, per renderli compatibili con le regole della convivenza.
Tuttavia le regole le fa chi ha il potere e dunque accade normalmente che una tendenza comportamentale individuale si trasferisca al gruppo e rappresenti meglio chi domina piuttosto che chi è sottomesso.
Questo assunto è dimostrato in primo luogo dalla lingua.
È la lingua dei conquistatori, la lingua dei padroni che si impone, come il latino in Europa, come il francese nell’Italia dell’800 o l’inglese oggi, o come il maschilismo della nostra lingua.
Chiediamoci come mai non esistono o suonano ridicole parole femminili come avvocata, sindaca, assessora, ministra, ecc.
Chiediamoci come mai in presenza di due termini l’uno maschile e l’altro femminile debba per regola prevalere il primo in caso di aggettivazione (un uomo e una donna belli).
È semplicemente, come dicevo, una questione di dominio, di potere.
L’uomo da sempre ha ricoperto una posizione dominante nelle società di tutto il mondo ed ha disegnato il mondo sulla propria immagine. Si pensi all’affermazione divina del nono comandamento “non desiderare la donna d’altri”, che mette le donne sullo stesso piano della roba citata nel decimo e legittima l’uomo come proprietario.
Questa cultura, linguistica si, ma prima di tutto radicata nell’educazione di ciascuno e nel costume sociale, ce la siamo portata sino ad oggi ed è lecito chiedersi se non sia la maggior responsabile della violenza che le donne subiscono.
Il mondo è cambiato: io ho sessant’anni, ma ricordo con chiarezza la via Carlo Mayr degli anni 50, percorsa dai carretti trainati dai cavalli e la scuderia e la rimessa nel mio palazzo, dove l’ultimo affitta carrozze di Ferrara (si chiamava Fiorentini) teneva i landò, i finimenti e gli ultimi vecchi cavalli, sembra l’800 e invece erano gli anni 50. E ricordo mia nonna e mia madre che non uscivano mai se non a capo coperto, come le donne orientali che oggi noi critichiamo.
Il mondo è cambiato e sono cambiate le donne.
studiano, lavorano, fanno politica … hanno il capo scoperto.
Ma quanto sono cambiati gli uomini? Quanto si può dire che sia mutata la cultura del maschio dominatore e padrone? A giudicare dal numero di donne che ogni anno vengono uccise, picchiate, minacciate io direi che il cambiamento non è stato neanche sufficiente, certamente non abbastanza.
Forse sarebbe utile chiedersi se c’è qualcosa che non va nell’educazione, nella formazione e nei modelli per i nostri giovani. anzi, sarebbe necessario, io credo.
Non possiamo negare che questa società dia troppa importanza al corpo non però nel senso della salute, bensì nel senso dell’aspetto, dell’estetica. Siamo al punto che per questioni di moda non si cambia solo il modo di vestire, si pensa invece di cambiare il proprio corpo e non si ha paura a bucarlo, a tagliarlo, a gonfiarlo. In cosa tutto ciò è inerente con il problema della violenza sulle donne?
Lo è in quanto la considerazione del corpo è ormai tanto prevalente da cancellare o comunque mettere in secondo piano la persona nel suo complesso, il piano degli affetti, l’intelligenza, il rispetto dell’autodeterminazione e della dignità.
Ed è questo che accade quando un uomo fa violenza ad una donna, è la negazione della sua esistenza come persona, è la negazione della dignità. Tutto ciò accade troppo spesso.
La violenza non nasce all’improvviso e dal nulla, ci sono mille stadi intermedi: irrisione, sottovalutazione, indifferenza, superficialità, volgarità, violenza verbale, aggressione, sottomissione.
Sento a volte pontificare su una presunta civiltà occidentale prevalente, sento deprecare e condannare la condizione delle donne in altri luoghi della terra, ma poi leggo le statistiche sulla violenza qui, fra di noi, popolo civilissimo, e mi chiedo se questa nostra superiorità non sia che una buccia sottile che nasconde una sostanza completamente diversa.
Io credo che prima di dar lezioni agli altri dovremmo risolvere il problema che abbiamo direttamente in casa.
In una situazione di questo genere io comunque non auspico l’alleanza fra le donne, c’è già, la vedo, la vivo, la percepisco anche se può e deve crescere, io chiedo l’alleanza fra gli uomini per uscire finalmente tutti da questa eterna adolescenza che ci fa essere ostaggi del mito della virilità muscolare e arrogante, per impegnarci, proprio come uomini, contro la violenza che attraversa la nostra società e le nostre relazioni, finalmente da adulti capaci di riconoscere il diritto all’autodeterminazione, capaci di riconoscere il diritto all’indipendenza, capaci di riconoscere il diritto al dissenso, perché, sia chiaro, l’uguaglianza e la libertà individuale, qualunque uguaglianza e qualunque libertà, non possono nascere se non dall’accoglimento della differenza.
La libertà e l’autonomia delle donne in ogni campo della vita non sono né una minaccia per noi uomini nè una concessione da far loro per dovere, in questo modo noi non siamo dei liberatori, non regaliamo niente, anzi: in questo modo noi facciamo a noi stessi un regalo: ci regaliamo la libertà, quella vera, quella che esiste solo quando è condivisa da tutti e da tutte. Noi ci regaliamo un'opportunità per vivere insieme in modo migliore.
Non è dunque sufficiente dichiararsi contrari alla violenza di genere. Pensiamo che esista un modo diverso di intrattenere giuste relazioni tra persone e una diversa qualità della vita, libera dalla paura e dal dominio.
Sono moltissimi gli uomini che sino ad ora hanno tentato individualmente di cambiare per essere padri diversi, compagni di vita diversi, lavoratori e cittadini diversi. Questo tentativo è però stato troppo spesso solitario e sconosciuto, occorre invece renderlo visibile e dargli voce, trasformarlo in un fatto collettivo, capace di parlare a molti altri uomini. Questo è il compito che ci attende come uomini e come soggetti politici.
Dicono in oriente che le donne sono l’altra metà del cielo.
Io cambierei questa metafora dicendo invece che le donne sono il cielo, e l’uomo, sino a quando non riconoscerà la loro dignità, la loro autonomia, la loro libertà, sarà condannato a rimanere a terra.
Daniele Civolani