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Tributo a Aung San Suu Kyi, paladina della libertà
Archivio legislatura 2009 - 2014
"Per me, la vera libertà è la libertà dalla paura e se non si può vivere senza la paura non si può vivere una vita dignitosa", disse una volta Aung San Suu Kyi, 'Signora' della causa birmana, la donna che da prigioniera politica è stata riconosciuta meritevole del premio Nobel nel 1991, la donna che da leader dell'opposizione è diventata deputata della Lega Nazionale per la Democrazia in Birmania nel Parlamento, con il 99% dei consensi tra i suoi concittadini. Rilasciata nel novembre 2010 dopo sette anni di arresti domiciliari, dopo 15 di detenzione, la leader ha ripreso a tutti gli effetti il suo ruolo di spina nel fianco della Giunta militare del Paese. Non tutti sanno che 'La Signora' ha sempre rifiutato di lasciare la Birmania, per timore di non poter rientrare: è stata tenuta in un ferreo isolamento e la giunta ha persino negato il visto al marito, malato di cancro alla prostata, che voleva visitarla. Aris, docente ad Oxford, è morto nel marzo 1999 e lei in quell'occasione rifiutò l'offerta della giunta di avere un visto per poter partecipare al suo funerale. Non vede da dieci anni i due figli, Alexander (1873) e Kim (1977). Non ha mai ceduto. Una volta disse: «quello che abbiamo è la perseveranza: non è la pazienza, è la perseveranza. Siamo pronti a perseverare qualunque siano gli ostacoli».
Grande messaggio per tutte le donne e tutti gli uomini che non si piegano davanti alle minacce e alle violenze di chi non ha altro da esprimere se non la propria ignoranza.