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Sulla valorizzazione della donna nel mondo della sanità
Archivio legislatura 2009 - 2014
Il sorpasso delle donne nella sanità sembra essere solo una questione di poco tempo. L'attuale demografia del Servizio Sanitario Nazionale parla chiaro: il futuro delle corsie sarà sempre più rosa ed è giunto il momento che la sanità abbandoni un modello unicamente maschile e si avvii velocemente verso la declinazione di ritmi e organizzazione del lavoro che tenga conto della presenza delle donne. E' quanto emerso in occasione della prima Conferenza nazionale organizzata il 15 dicembre a Roma dall'Anaao Assomed dal titolo "Donne in medicina. Una nuova sfida per la sanità del futuro".
"Bisogna cambiare mentalità - ha detto Alessandra Spedicato, della segreteria nazionale Anaao Assomed e rappresentante di Anaao Giovani- e le soluzioni sono a portata di mano. Basterebbe una puntuale applicazione delle norme già esistenti come la legge 53 del 200 e il D.lgs. 151 del 2001, provvedimenti che consentono flessibilità oraria, accorpamento delle ore, tutoring. Ed anche la sostituzione dei dipendenti che usufruiscono di lunghi congedi di lavoro, pensiamo che solo il 5% della donne in maternità viene sostituito con ricadute negative su quanti rimangono in corsia. E ancora, c'è bisogno di un part time più flessibile, accessibile e servono nuovi criteri di accesso".
I vantaggi? Aumento produttività, diminuzione dell'assenteismo e creazione di nuovo posti di lavoro. Riduzione dello stress. Certo gli svantaggi rimangono, in particolare nell'applicazione dell'istituto del part time, sul fronte pensionistico.
Ma l'atout vincente è quello della rimodulazione dell'orario di lavoro che consentirebbe la conciliazione dei tempi casa-lavoro.
La conferenza che ha visto la partecipazione di esperti del settore è stata una occasione per presentare proposte e offrire spunti di riflessione per una sanità che sempre di più parla al femminile. "Dobbiamo ripensare ai modelli organizzativi - ha spiegato Rosella Zerbi, coordinatrice del gruppo di lavoro Anaao Donne - ci sono nuove esigenze del lavoratore in sanità. Vogliamo che sia riconosciuta una maggiore e migliore occupazione femminile come ricaduta positiva sul Pil".
Vale la pena sottolineare che è poco conosciuto e poco richiesto dai padri italiani (medici compresi) il diritto di usufruire del congedo parentale, anche in contemporanea con il congedo della madre nei primi mesi di vita del figlio, ed in alternativa alla madre nei primi anni di vita dei figli. In ciò si evidenzia un'enorme distanza, non solo normativa ma piuttosto culturale, con altre realtà europee (ad esempio: Svezia, Norvegia, Francia). Mancata flessibilità dell'orario di lavoro
Nonostante la legge preveda che la flessibilità dell'orario di lavoro (flessibilità entrata/uscita, banca delle ore, accorpamento delle ore nel periodo dell'allattamento) sia promossa e concessa in accordo con il datore di lavoro alla dipendente che ne faccia richiesta, resta nei fatti inapplicata in quei reparti come le camere operatorie, i servizi di guardia, di Pronto Soccorso o di Rianimazione dove si lavora h24.
Questo perché la donna medico, se ne facesse richiesta, rischierebbe di essere relegata a mansioni secondarie come attività di consulenza o ambulatoriale per non ostacolare le consuete attività ospedaliere.
L'Anaao Assomed ha avviato da tempo una riflessione sulla valorizzazione della donna nel mondo della sanità in cui la percentuale di donne medico è cresciuta esponenzialmente in questi ultimi 10 anni, fino ad arrivare ad una inversione della predominanza di genere in corsia.
A testimonianza di questo impegno l'Associazione ha costituito un gruppo di lavoro con l'obiettivo di valutare l'impatto di questa rivoluzione di genere nel SSN, studiando i limiti di una giurisprudenza che non sempre offre pari opportunità alle donne, soprattutto in un lavoro che si è costruito nei secoli a misura maschile.
Essere donna medico oggi nasce da una grande passione considerato che necessita di un lungo e faticoso percorso di studi (dai 10 ai 12 anni, a seconda della specialità), implica sacrifici nella sfera privata e la previsione di accedere a ruoli di prestigio è limitata: le statistiche parlano chiaro, solo il 10% delle donne medico ricopre ruoli primariali a fronte di grandi rinunce nella sfera familiare e privata.
Conciliare tempo di vita e tempi di lavoro è una sfida ancora da esplorare e sarebbe opportuno che tutto il mondo sindacale e istituzionale se ne facesse carico per dare risposte concrete.