salta i contenuti principali a vai al menu
La vicenda di Rachel
Archivio legislatura 2009 - 2014
Non siamo un Paese civile. E’ inutile continuare a raccontare d’esserlo perchè siamo uno tra i territori più belli al mondo, abbiamo grandi uomini di cultura, università e aziende di livello internazionale.
Un Paese in cui si fa morire, una bambina di 13 mesi, Rachel Odiase, poichè in possesso di tessera sanitaria scaduta, è un Paese di cui mi vergogno profondamente.
Non è civile, principalmente, perché credo si stia perdendo il senso della comunità, del rispetto e tutela delle persone e dell’infanzia, a prescindere dalla nazionalità di provenienza.
E non me ne importa nulla sapere che Rachel è stata fatta morire in una città diversa dalla mia, non siamo migliori: anche noi, recentemente, abbiamo vissuto la morte per indifferenza del giovane Sahid.
Quindi per l’alterata idea delle regole, del diritto, della disciplina, della sicurezza, non si distingue. Come se davanti alla scelta tra il salvare una vita e farla finire, siano necessari dei distinguo. Una vita che necessita soccorso, una vita bisognosa, una vita indifesa, cosa deve chiedere? Non dovrebbe chiedere nulla, sarebbe doveroso darle ciò di cui necessita e basta, senza distinguere, senza chiedersi se proveniente dalla Nigeria o dal centro cittadino, se il proprio genitore ha perso il lavoro, è italiano o straniero, la si dovrebbe aiutare e basta. Invece no, non lo si fa, e l’aggravante questa volta la fanno proprio le leggi.
Leggi volute con il falso intento di garantire sicurezza a cittadini. Non mi si dica che sto speculando sulla morte di una bambina, se affermo con forza che quelle leggi che tanto vengono sbandierate non sono servite a nulla se non ad alimentare le paure, riempire le carceri, ridurre i servizi e così via.
I temi di immigrazione ed integrazione, di tutela della persona, dell’infanzia, della salute, non possono essere eternamente utilizzati nelle campagne elettorali. Non si può continuare a parlare per frasi fatte, senza affrontare i veri problemi. E qui non ci si divide tra chi vuole la sicurezza e chi la guerriglia, tra chi tutela i cittadini e chi li vuole in balia dei delinquenti, è ora di finirla con questa storia falsa, malata ed irrispettosa. Qui ci si divide tra chi continua per fini elettorali a creare l’allarme dell’immigrato e comunque del diverso, e chi pensa che le leggi servano per migliorare una comunità, non a disgregarla, renderla conflittuale e mettere l’uno contro l’altro.
Qui si sta giocando con la vita delle persone, tutte, nessuna esclusa, italiani e non, e lo si fa consapevolmente, scientificamente: altro che valori cristiani!
La legge Bossi-Fini non si chiama così poichè frutto di mancata fantasia, bensì per il nome e le appartenenze di coloro che l’hanno voluta, scritta, votata. E se tanto questi signori che governano Paese, Regioni e Comuni, hanno a cuore i cittadini e la sicurezza, inizino leggendo, rileggendo e praticando la Costituzione Italiana.
Non si dica neanche che un caso (una vita lasciata morire, anche se singola, non è mai “un caso”) non può descrivere un insieme, poichè quello che è accaduto alla piccola Rachel non altro che il frutto di scelte politiche precise, spinte dall’odio, dalla cattiveria e dall’indifferenza