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sei in: index > ARCHIVIO: Legislatura 2009 - 2014 > Gruppo Partito democratico > Resca Giulia > Attività della consigliera > Sulla questione del calendario della caccia - 29/04/2010
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Sulla questione del calendario della caccia

Archivio legislatura 2009 - 2014
Il 2 febbraio, assieme ai consiglieri Civolani, Durante e Sasso, avevamo presentato un ordine del giorno in merito alla liberalizzazione del calendario venatorio –la cosiddetta “caccia tutto l’anno”– ordine del giorno che verrà ritirato nella prossima conferenza dei capigruppo.
La stesura del documento era avvenuta quando il Senato aveva appena approvato un emendamento alla Legge comunitaria 2009 che prevedeva per le Regioni e per le Province autonome di Trento e Bolzano la possibilità, previo parere obbligatorio ma non vincolante dell’Ispra, di non attenersi più al periodo compreso tra il 1^ settembre e il 31 gennaio nell’approvazione dei calendari venatori per consentire il prelievo di molte specie animali (ungulati e volatili in particolare). Questa decisione che molti non hanno esitato a definire un vero e proprio “blitz” (dopotutto è quantomeno creativo inserire una norma del genere all’interno della legge che recepisce gli indirizzi europei, soprattutto alla luce di quanto diremo più avanti) è risultata immediatamente controversa per gli spazi troppo ampi che lasciava alle Regioni ed è risultata osteggiata, fin da subito, anche da larga parte della maggioranza di Governo, oltre che, ovviamente, delle associazioni che promuovono la difesa ambientale e faunistica. E risultava ancor più controversa se si pensa che sondaggi recentissimi dimostrano che il 69% degli italiani è fortemente contrario alla caccia, e che addirittura una percentuale maggiore degli intervistati si opporrebbe ad un eventuale prolungamento del periodo di caccia (dati Ipsos, 2009).
In Italia la materia è trattata dalla legislazione regionale sulla base di un inquadramento nazionale che recepisce gli accordi europei. La situazione dell’Italia, peraltro, si qualifica già grave rispetto agli obblighi imposti dalla normativa comunitaria. Contro il nostro Paese è pendente infatti un ricorso per l’inadempimento della Direttiva 79/409/CEE, recepita dalla L.157/92, la legge nazionale di riferimento concernente la protezione della fauna selvatica e il prelievo venatorio: viene messa in discussione la generale gestione italiana della materia che ha prodotto deroghe in quantità e misura tali da configurare una violazione netta dello spirito della legge europea a difesa della fauna e, in particolare, degli uccelli migratori.
Dal primo allarme giunto a febbraio, tuttavia, molto è cambiato e si è evitato uno strappo che avrebbe messo l'uno contro l'altro cacciatori, ambientalisti e agricoltori ed esposto le Regioni a contenziosi continui e il Paese a ulteriori procedure di infrazione europee. Per raggiungere un risultato innegabilmente positivo, il processo però non è stato affatto lineare e unidirezionale del senso di mantenere dei limiti al calendario venatorio.
Era infatti il 14 aprile quando in Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati veniva approvato l’art 43 della Legge comunitaria che conteneva la norma relativa alla deregolamentazione del calendario venatorio. Due giorni di mobilitazione e protesta in piazza Montecitorio da parte delle associazioni interessate, l’opposizione del centro-sinistra e il parere contrario di parte del Governo hanno poi portato al 21 aprile. La scorsa settimana, infatti, la Camera ha approvato un subemendamento che prevede che le Regioni possano prorogare sì la chiusura della caccia, ma di soli 10 giorni fino al 10 febbraio e previo parere –stavolta vincolante e assai difficilmente favorevole– dell'Ispra. Sul voto parlamentare la maggioranza è risultata spaccata: parte del PDL e PD hanno votato a favore, parte dello stesso PDL e la Lega compatta contro, mentre l’Idv si è astenuta.
La caccia, oltre ad essere una pratica “pericolosa” per gli animali, è anche pericolosa per l’essere umano (nella stagione 2009/2010 si sono registrati una trentina di decessi e circa 60 ferimenti tra cacciatori e comuni cittadini) e per l’agricoltura. Ed è un tema da affrontare senza cedere a pressioni di limitatissimi gruppi di pressione, ed inoltre evitando di immaginarsi, ingannandosi, che tutti i 700.000 cacciatori italiani siano compatti nel richiedere una deregolamentazione irresponsabile sulla materia.
Con la legge del ’92 si è ottenuto un delicato equilibrio sul quale si deve ragionare e discutere responsabilmente e in modo approfondito per apportare i necessari miglioramenti all’attuale normativa, pur mantenendone intatto lo spirito e l'impianto.


Ultima modifica: 30-01-2013
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