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OdG - Decreto Lorenzin

Attività del consigliere


P.G. 94056/2017
 

Premesso
 
che il 7 giugno 2017 nella G.U. n. 130 del 7 giugno 2017 è stato pubblicato il decreto-legge n. 73 recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale”;
 
che tale decreto è stato approvato in via definitiva in Parlamento il 28 luglio 2017;
 
che tale decreto disciplina l'obbligo per la popolazione con età compresa tra 0 e 16 anni per le vaccinazioni del tipo:
anti-poliomielitica
anti-difterica
anti-tetanica
anti-epatite B
anti-pertosse
anti-Haemophilus influenzae tipo b
anti-morbillo
anti-rosolia
anti-parotite
anti-varicella.
Sono inoltre indicate ad offerta attiva e gratuita, da parte delle Regioni e Province autonome, ma senza obbligo vaccinale, le vaccinazioni:
anti-meningococcica B
anti-meningococcica C
anti-pneumococcica
anti-rotavirus.
che il Sindaco è il responsabile della Salute Pubblica del territorio di competenza ed il Consiglio Comunale ne condivide la responsabilità;
 
che i compiti del Sindaco sono ampi, soprattutto il sindaco deve conoscere lo stato di salute della popolazione, deve prendere provvedimenti se le condizioni ambientali sono invivibili, se esistono pericoli incombenti e, qualora necessario, deve informare la popolazione dei rischi rilevanti cui è sottoposta.
 
Considerato che
 
l’obbligatorietà vaccinale estesa a 10 vaccini è stata attuata impropriamente con lo strumento della decretazione di urgenza, imponendo con pesanti coercizioni un obbligo collettivo che non ha precedenti storici nemmeno a livello internazionale;
 
contrariamente a quanto dichiarato nel preambolo del decreto legge e affermato dal Governo e dal Ministero della Salute negli atti sopra citati, ad oggi non esiste in Italia e tantomeno nel Comune di Ferrara, alcuna emergenza di sanità pubblica, che giustifichi il ricorso a tale decretazione d’urgenza. Nessuna comunicazione al riguardo è mai stata effettuata dall'Amministrazione;
 
è evidente l’insussistenza del requisito del caso straordinario di necessità ed urgenza, non necessario attesa l’assenza di qualsivoglia emergenza sanitaria; non urgente anche alla luce dell’iter seguito per il provvedimento che, vista la deliberazione del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 19 maggio 2017, è stato firmato dal Presidente della Repubblica e pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 7 giugno 2017, ovvero quasi 20 giorni dopo;
 
secondo quanto si evince dal decreto-legge, il Governo ritiene sussistere la straordinaria necessità ed urgenza per garantire, in maniera omogenea sul territorio nazionale, le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica e di assicurare il costante mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale; ritiene altresì necessario garantire il rispetto degli obblighi assunti e delle strategie concordate a livello europeo e internazionale e degli obiettivi comuni fissati nell’area geografica europea; nessuno dei requisiti sopra indicati giustifica il decreto legge e ciò risulta con evidenza solare dai termini utilizzati laddove si fa riferimento ad attività di prevenzione o di contenimento e riduzione del rischio oppure a profilassi, termini chiaramente antitetici alla straordinarietà e alla necessità ed urgenza;
 
anche a voler ritenere sussistenti sopravvenute e urgenti necessità, correlate ad emergenze sanitarie o epidemie in essere, il decreto-legge appare difettare di omogeneità sostanziale e intrinseca laddove l’obbligo vaccinale è esteso a ben 10 vaccinazioni, quasi fossero prestazioni sanitarie “equivalenti” e non già contraddistinte ciascuna da un proprio quadro epidemiologico e da un peculiare rapporto tra costo/beneficio e rischio;
 
anche l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e (AGCM) rileva, nell’Indagine conoscitiva relativa ai vaccini per uso umano, pubblicata nel 2016, l’importanza e la centralità del documento dell’OMS del 2014 che “provvede in primo luogo a un’opportuna specificazione dei diversi possibili casi d’introduzione di un vaccino, rispetto a ciascuno dei quali possono variare anche sensibilmente sia gli elementi da prendere in considerazione che le conseguenze ipotizzabili in termini di bilanci economico sanitari. Nel complesso, l’analisi raccomandata risulta incentrata su un processo decisionale “evidence based” volto a introdurre un prodotto in maniera economicamente sostenibile, e al contempo coordinata con le altre componenti e gli obiettivi del sistema sanitario”;
 
l’AGCM, nella succitata indagine del 2016, raccomanda conclusivamente che “le istituzioni competenti - quali, in primo luogo, il Ministero della Salute, provvedano a chiarire l’evoluzione della profilassi in tal senso avvenuta nei confronti dei soggetti a cui l’offerta vaccinale viene destinata, al fine di determinare una miglior consapevolezza da parte dei consumatori finali dei prodotti vaccinali e sostenere le loro facoltà di scelta” e raccomanda altresì che “le decisioni di inclusione di un prodotto vaccinale in un programma pubblico di prevenzione e/o la sua qualifica in termini di essenzialità avvengano sempre con le massime garanzie di scientificità, trasparenza e indipendenza, facendo altresì ricorso in maniera espressa e verificabile agli strumenti ormai già ampiamente disponibili di analisi tecnico-economica, in particolare per i profili di costo-efficacia dei diversi prodotti vaccinali, alla luce delle indicazioni e migliori pratiche esistenti a livello internazionale” poiché “rispetto all’offerta, l’inclusione e il successivo mantenimento di un vaccino nell’elenco di quelli essenziali ai sensi dei PNPV/LEA comportano un notevole vantaggio competitivo, in molti casi corrispondente a una sorta di garanzia d’acquisto da parte del SSN, con un conseguente condizionamento della domanda e dell’impatto economico-commerciale che ne conseguono”;
 
il decreto legislativo 112 del 1998 attua il riparto delle competenze tra Stato, Regioni ed enti locali come contemplato dagli articoli 5, 117, 118 e 128 della Costituzione ed in relazione alle emergenze sanitarie o di igiene pubblica, correlate inevitabilmente al territorio, attribuisce alle autorità territoriali il potere necessario per intervenire in condizioni di necessità ed urgenza; un intervento indifferenziato da parte dello Stato, motivato da necessità e urgenza, senza che siano tenute in considerazione le differenze territoriali con riferimento alla copertura vaccinale o in riferimento ad eventuali epidemie, peraltro opportunamente rilevate dal medesimo ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di sanità, rappresenta un intervento invasivo, in aperto contrasto con la nostra Costituzione poiché lesivo dei diversi livelli di autonomia e competenza ed appare abnorme perché utilizza la decretazione di urgenza per porre in essere attività di prevenzione sanitaria che precipuamente si caratterizzano per un intrinseca attività programmatica e a lungo termine;
 
si rileva un possibile vulnus all’articolo 32 della Costituzione nella parte in cui prevede che in nessun caso possono essere violati “i limiti imposti dal rispetto della persona umana” e a riguardo la somministrazione obbligatoria di ben 10 vaccini a minori sani, senza assicurare adeguatamente che tale quantità “straordinaria” e obbligatoria di vaccini non incida negativamente sullo stato di salute del minore assoggettato, rischia di oltrepassare proprio quei limiti imposti dal rispetto della persona umana;
 
l’art. 32 della Costituzione rappresenta non solo la massima tutela del diritto alla salute ma anche la massima espressione di libertà e consapevolezza che si realizza attraverso il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico ed espresso, nel caso di minori, dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dai tutori; il consenso informato si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’art. 2 della Costituzione, che ne tutela e promuove i diritti fondamentali, e negli artt. 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile», e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge»; il consenso informato trova il suo fondamento negli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione quale sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative e dei rischi connessi; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all’art. 32, secondo comma, della Costituzione;
 
il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, recentemente approvato in attuazione della legge delega della cosiddetta “Buona scuola”, istituisce un sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, costituito dai servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia, al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell’offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie; è proprio il decreto legislativo 65 del 2017 che nel preambolo richiama gli articoli 3, 30, 31, 33 e 34 della Costituzione e che il decreto legge all’esame appare violare nella misura in cui, applicando rilevanti sanzioni in caso di mancata vaccinazione, non assicura condizioni
di uguaglianza, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei minori e delle loro famiglie, impedendone il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione; si ravvisa una violazione della Costituzione nella misura in cui il decreto legge limita e differenzia i diversi gradi di educazione, di istruzione e formazione, contraddicendo anche l’intento, espresso dal legislatore con il decreto legislativo 65 del 2017, di voler collocare i servizi per la prima infanzia non più nell’alveo assistenziale ma in quello educativo finalizzato a superare tutte le diseguaglianze tra le famiglie nonché le sperequazioni esistenti al livello territoriale; viola nuovamente l’articolo 117 della Costituzione poiché interviene sulla materia concorrente qual è l’istruzione e poiché interviene sull’organizzazione dei servizi educativi e dell’infanzia;
 
la legge non impone alcun test preventivo, benché questi siano stati segnalati come diritto dalla sentenza 258/94 della Corte Costituzionale e il Ministero della Salute ne abbia più volte annunciato la codificazione e la relativa proposta di legge a partire dal luglio 1994;
 
il decreto ha creato anche un conflitto sociale, contrapponendo senza nessuna necessità, famiglie e bambini stessi, tra loro. Sono infatti crescenti, purtroppo, casi di "discriminazione" fra bambini vaccinati e non vaccinati, discriminazioni che fino a qualche mese fa nessuno aveva fatto e che sono frutto di uno scorretto modo di fare informazione;
 
si è arrivati al punto di non far frequentare fra loro bambini che fino a poco tempo invece erano a contatto quasi quotidianamente per la paura di un possibile contagio senza porsi il dubbio o valutare il fatto che i bambini sono quotidianamente esposti a persone, soprattutto adulte, non vaccinate o che magari non hanno eseguito i corretti richiami.
 
Considerato inoltre che
 
come riportato nel ricorso fatto dalla Regione Veneto, non risulta vi siano altri Paesi al mondo in cui si fatta esperienza di un sistema di profilassi che somministra in modo obbligatorio dieci vaccini, ne deriva che non esistono studi disponibili per valutare gli esiti concreti della loro applicazione nel breve nel medio e nel lungo periodo”;
 
come riportato nel ricorso fatto dalla Regione Veneto, “le norme del decreto introducono una sorta di grottesca sperimentazione di massa obbligatoria senza un adeguato consenso informato, senza una supervisione bioetica e senza il sostegno di un preventivo sistema di farmacovigilanza”;
 
il decreto dispone l'obbligo vaccinale per i bambini a scuola, da zero a sedici anni; coerenza imporrebbe perlomeno l’obbligo per tutte le categorie professionali coinvolte nella cura dei bambini (insegnanti, personale mensa, animatori, …) ma tale obbligo è completamente assente dal provvedimento. Un paradosso ulteriore di un decreto contraddittorio e approssimativo. E  discriminatorio, visto che in modo “politico” stabilisce che esiste una fascia a rischio o portatrice di rischio da 0 a 16 anni e una fascia non a rischio e non portatrice di rischi oltre i 16 anni;
 
Considerato infine che
 
il Ministro Lorenzin e il Governo hanno deciso di procedere alla promulgazione di un Decreto Legge, strumento previsto nell’ordinamento italiano che deve essere utilizzato in casi di necessità ed urgenza perché evidentemente ritengono esista un’epidemia che mette a rischio la salute della popolazione italiana. Per la fascia di età 0-16 anni questa emergenza si può arginare attraverso il pagamento di una ammenda visto che chi non provvederà ad effettuare i vaccini obbligatori sarà semplicemente tenuto a pagare una multa, come se il pagamento di una sanzione bastasse per non essere più contagioso o a rischio contagio. Insomma una pena pecuniaria sembra assolvere al compito di un vaccino;
le fasce più “deboli” risultano le più colpite in quanto da 0-6 anni non solo arriverà la sanzione e l’ammenda ma i bambini saranno esclusi totalmente dalla comunità scolastica, comunità che fino a pochi mesi fa era il fiore all’occhiello della Regione Emila Romagna che se ne fa vanto in tutta Europa. La strategia che accomuna i due livelli di scolarizzazione, in quanto il percorso della scuola non dell’obbligo diventa paragonabile alla scuola dell’obbligo perché si ritiene che essa non sia più solo un baby park dove appoggiare i bambini, ma una strada per un integrato e complementare passaggio ad una scuola più consapevole. Il Decreto Legge taglia completamente i ponti tra le istituzioni e le famiglie di tanti bambini 0-6 anni sani, il Comune dovrà assumersene la responsabilità;
la legge destina fino a 1,4 milioni di euro (359mila per il 2017 e 1,076 milioni per l'anno 2018) per la «Definizione delle procedure di ristoro dei soggetti danneggiati da trasfusione o da vaccinazioni obbligatorie». E il ministero della Salute è autorizzato, a questo fine, ad avvalersi di un contingente di venti unità di personale (20 comandi) in più, prevedendo dunque che vi potrà essere un deciso incremento dei danni a fronte dell'introduzione dell'obbligo;
 
Preso atto che
 
non può esistere obbligo dove sussistono dei rischi come evidenziato dall’AIFA (Associazione Italiana del Farmaco) nei numerosi Report da cui si evince come le segnalazioni per reazioni avverse ai vaccini aumentino in modo esponenziale negli anni.
L’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea afferma, infatti, che “la dignità umana è inviolabile”, mentre il successivo art. 3 sancisce che “ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica” (comma 1) e che nell’ambito della medicina e della biologia deve essere in particolare rispettato, tra gli altri, “il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge” (comma 2);
 
TUTTO CIÒ PREMESSO
IL CONSIGLIO COMUNALE DI FERRARA
IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA
 
ad esprimere la contrarietà di questo Consiglio Comunale al Decreto Legge n. 73/2017 approvato in via definitiva in Parlamento il 28 luglio 2017 riguardante l’obbligo vaccinale;
 
ad esprimere la contrarietà di questo Consiglio Comunale all'applicazione di ogni e qualsiasi sanzione prevista per la non ottemperanza alla nuova normativa introdotta, inclusa la possibile non iscrizione ad asili nido e scuole materne (i bambini da 0 a 6 anni) prevista dal decreto legge n°73/2017;
 
ad attivarsi nel sostegno attivo alle famiglie che a causa dell'applicazione del Decreto Legge n. 73/2017 avranno figli esclusi dai percorsi previsti per i servizi educativi e dell’infanzia;
 
ad inoltrare il presente atto consiliare al Presidente della Camera dei deputati, al Presidente del Senato, ai capigruppo parlamentari di Camera e Senato.
 
 
Il Consigliere Comunale M5S
                                                                                        Sergio Simeone

 
 
 
 
Ultima modifica: 18-08-2017
REDAZIONE: Gruppo Consiliare Movimento5Stelle
EMAIL: gruppo-movimento5stelle@comune.fe.it