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Intervento in Consiglio Comunale del 16 aprile 2012 sull’o.d.g. “per un lavoro più sicuro”
Archivio legislatura 2009 - 2014
Chi parla non è solo un consigliere comunale ma è anche un lavoratore che può dare il suo contributo alla discussione dall’ottica di chi, nel campo della sicurezza nei luoghi di lavoro, ha istituzionalmente il compito di prevenire, vigilare, reprimere.
E’ la visione, perciò, di chi deve intervenire utilizzando spesso quello “strumento normativo” che troppe volte è chiamato in causa o per la mancata applicazione o per l’inadeguatezza.
La classica equazione infortuni e morti sul lavoro = ricerca rimedi = legiferazione che vuole correre ai ripari con cui ci troviamo sempre a dover fare i conti ogni volta che un episodio più cruento della tragica “normalità” fa sollevare l’opinione pubblica, è una visione della realtà che io ritengo troppo limitata e fuorviante.
Se si affermasse che per evitare i morti di una guerra (con i dati annui che abbiamo non sono fuori luogo se uso come termine di paragone la guerra) si deve intervenire sulle regole di ingaggio, o sulla tipologia delle armi, o sul dare responsabilità ai comandanti affinché vigilino per fare in modo che i propri soldati non cadano sui campi di battaglia, a tutti apparirebbe una cosa insensata perché si sa bene che sparando e bombardando ci si uccide.
Spero mi venga concessa una citazione: una citazione più che mai attuale anche se un po’ datata che mi è rimasta impressa leggendo un piccolo testo del compianto Vittorio Foa dal titolo “Le parole della politica”. Un testo che non tratta l’argomento della sicurezza sul lavoro ma che ritengo possa essere comunque inserito nell’argomento. L’Italia, gli italiani, gli imprenditori, il mondo del lavoro, i lavoratori hanno bisogno di esempi, di modelli da seguire e non di parole ipocrite seguite da fatti che fanno dell’incoerenza una prassi quotidiana. Un padre che vuole insegnare a suo figlio a non rubare non avrà bisogno di dirgli che è sbagliato rubare, è sufficiente che faccia della propria vita un modello di onestà e rettitudine.
L’Esempio con la E maiuscola, di cui parla nel suo testo il saggio Foa, non è altro che avere comportamenti coerenti con il modello di società a cui quasi tutti, a parole, dicono di ispirarsi.
Per noi la “guerra”, la nostra guerra, la guerra che fa più di tre morti ogni giorno è rappresentata da un modello sociale, che purtroppo si sta evolvendo in progressione geometrica, basato sempre più sul profitto, sulla mancanza di legalità, sulla rincorsa ai facili guadagni, sul lavoro precario, sull’allargamento della forbice tra “straricchi” e poveri.
Poveri sempre più poveri e senza alcuna possibilità di poter denunciare le vessazioni subite in quanto sottoposti, ogni giorno di più, al continuo ricatto di poter perdere anche quel misero salario che consente loro di campare.
Questo modello sociale detta anche i tempi, i modi e le regole non scritte che si utilizzano nei luoghi di lavoro . Modello sociale che è diventato un fiume in piena, che fagocita tutto quanto trova sul suo cammino e che si avvale in modo scientifico di strumenti e di strategie che chi detiene il potere utilizza senza alcuna remora facendolo diventare inconsciamente il negativo patrimonio di tutti.
Chi vuole la “pace” e non la “guerra” che causa le morti bianche deve attaccare questo modello di “guerra” e non fare “solo” nuove leggi che pure, va detto, rappresentano sempre uno strumento formidabile per tutelare i lavoratori.
Solo aggiustando il tiro sul vero nemico da combattere si potranno ottenere risultati che riusciranno ad alleggerire le coscienze civili di quella larga parte della società che ancora crede nei valori di una civiltà a misura d’uomo e non basata sulla logica del profitto e del consumismo.
Perché una ditta o un’azienda che segue e rispetta le norme formando professionalmente i propri dipendenti è fuori mercato e rischia di non lavorare? Lo sappiamo tutti il perché e cosa succede ma nonostante tutto si continua a permettere che vengano immolati, nel nome di un libero mercato dove vengono permesse queste aberrazioni a chi riesce ad aggirare le regole promettendo un maggior benessere per tutti, migliaia e migliaia di vittime ogni anno.
Cosa fare?
Certo, limitare i danni…. Oggi, in questo contesto, ogni vita in più salvata è già un grande, enorme successo. Provvedimenti tampone si possono e si debbono fare. E anche nell’ordine del giorno che abbiamo presentato ci sono una serie di impegni che possiamo assumerci e che vanno in questa direzione.
Ma, come ho tentato di spiegare, non si può solo continuare ad arginare questo fiume in piena.
Il messaggio che noi dobbiamo dare, che deve uscire anche da questo consiglio, è quello che si deve trovare il modo di colpire le coscienze civili di tutti.
Convinciamo i giovani che non c’è futuro per nessuno se non verrà perseguita una politica di diritti umani fondata sul rispetto e sull’onestà.
Facciamo in modo che i soliti furbi non siano più visti come modelli da seguire ma diventino veri e propri nemici da combattere per avere una società migliore per i nostri figli e i nostri nipoti.