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Ancora tanta violenza sulle donne
Archivio legislatura 2009 - 2014
Anche oggi l’ennesima, drammatica notizia di violenza, estrema, contro una donna. Lo sdegno, l’indignazione, la mobilitazione non bastano più.
In questa Italia che offende le donne, è necessario e irrimandabile intervenire sul tessuto culturale, sull’educazione scolastica, sui media, per porre un freno a questa deriva di iniquità verso la quale stiamo franando. E’ necessario e irrimandabile costruire una nuova antropologia, scatenata dalla constatazione che fatti, rappresentazioni e discorsi lesivi della dignità delle donne, da troppo tempo subìti e accettati con acquiescente indifferenza, hanno creato il clima fertile alla mattanza cui stiamo assistendo.
L’immagine femminile diffusa dai media è spacciata per libera e spregiudicata, come libere e spregiudicate si sentono molte donne che non riescono più a percepirsi se conniventi o meno, consapevoli o meno, ad un sistema di potere che le ignora e le offende e, assieme a loro, offende i più elementari principi di rispetto e di buon gusto. Certo è, che il corrompersi della morale pubblica e delle istituzioni, che ha camminato di pari passo alla mercificazione del corpo femminile, ha indubbiamente trovato terreno fertile nel nostro Paese (che, nonostante tutto, io amo scrivere ancora con la P maiuscola), nel quale la disinvoltura morale del primo ministro e la sua personale, becera visione delle donne è un dato acquisito che ha fatto da volano in molti contesti, ahimè istituzionali!
L’immagine della figura femminile che è stata spacciata, è un’immagine dove spregiudicatezza e libertà sembrano scelte consapevoli, scaturite da una rinnovata conquista di libertà. Ma non è così: l’apparente libertà ha il ferreo e insormontabile perimetro tracciato da un controllo maschile, che, ancorché logoro, è assolutamente saldo.
Ma come uscire da una simile empasse, dove una legislazione avanzata che, per merito dei movimenti femminili degli anni ‘70, ha portato alla conquista di un’ampia gamma di diritti, convive con un universo femminile in buona parte consapevole di vivere in una società condizionata da iniqui vincoli di un controllo di potere in mani maschili?
Una soluzione è appropriarci della responsabilità politica. In prima persona.
Partendo proprio dalla consapevolezza che i nostri diritti non sono acquisiti, ma anzi, proprio perché contestualizzati storicamente, passibili di perdita se non presidiati!
Continuando proprio con la convinzione che solo l’esercizio della responsabilità politica può essere la vera salvezza. Perché solo se sappiamo riappropriarci di una autentica autodeterminazione possiamo far crescere e far rispettare i diritti civili nel nostro paese, prima di tutto combattendo le discriminazioni sociali e di genere, la violenza sulle donne, l’omofobia e il razzismo, e garantendo un confronto laico su tutti i temi che producono leggi sul corpo delle donne. E soprattutto combattendo la cultura degli stereotipi con cui troppo spesso le donne sono presenti nei media.
E allora un’esortazione: non demordiamo, la rappresentanza politica è uno spazio importante nel quale dobbiamo esserci e nel quale dobbiamo “metterci la faccia”, nel quale dobbiamo poter contare di più, nel quale trovare parole e voce adeguati, nel quale muoverci senza paternalismi con la consapevolezza che il potere della rappresentanza politica collima con il potere di veicolare una cultura nuova.
Solo se sapremo appropriarci della responsabilità politica, riusciremo a sconfiggere questo logoro momento di oscurantismo.
Repressione e prevenzione, seppur indispensabili, non sono sufficienti se non nell’immediato, perché nulla, quanto la rifondazione di una nuova antropologia culturale, potrà avere possibilità di migliorare l’attuale drammatica situazione di quotidiano femminicidio .