Sommario sezioni

salta il link home e vai al motore di ricerca salta il motore di ricerca e vai al menu delle sezioni principali
salta i contenuti principali a vai al menu

Intervento in Consiglio Comunale del 6 marzo 2018 alla delibera sul Derivato

di Alessandro Talmelli

Durante la Commissione Prima della scorsa settimana, in cui ci si è potuti confrontare in maniera pacata e civile, il consigliere Fochi ha parlato di METAFISICA a sentire parole quali "mark-to-market", "pricing delle opzioni finanziarie", "netting positivi o negativi", "upfront". Ha ragione! Perché la materia in questione non solo è, di gran lunga, la più complicata tra quelle affrontabili da una pubblica amministrazione, ma è anche uno dei campi più complessi della finanza e dell’analisi economica. A dirlo è anche la Corte dei Conti che durante la Commissione parlamentare di inchiesta, ha certificato la "sostanziale inadeguatezza delle strutture ministeriali, soprattutto per quanto riguarda la valutazione del rischio".

Ma prima di addentrarci e pronunciarci sulla delibera in oggetto permettete che provo a ricostruire il contesto storico in cui nasce il derivato. Giusto per fare chiarezza e provare a portare qualche elemento in più di approfondimento prima di passare al voto.

Il Comune di Ferrara commise un errore, sedici anni fa! E’ vero! Infatti ascoltò il consiglio dell’allora City Manager Valentino Tavolazzi di utilizzare strumenti derivati (consiglio contenuto a pag.1, righe 17-19, della relazione "Proposte per il bilancio preventivo 2003 ed anni successivi" dell’ottobre 2002, scritta dal Direttore Generale Valentino Tavolazzi). Un errore, è bene ricordarlo, nel quale caddero migliaia e migliaia di enti facenti parte della pubblica amministrazione: non solo migliaia di Comuni, ma anche Regioni e lo stesso Ministero del Tesoro (al 30 aprile 2011 erano 467 gli enti coinvolti). Utilizzare contratti di Interest Rate Swaps fu un errore non perché essi siano strumenti speculativi, oscuri, misteriosi e forieri di crisi finanziarie. I derivati sottoscritti dalla pubblica amministrazione italiana all’inizio dello scorso decennio non hanno niente a che vedere con le tipologie di prodotti che hanno portato allo scoppio della crisi finanziaria mondiale dieci anni fa.

Accendere Interest Rate Swaps per la pubblica amministrazione italiana fu un errore per due motivi:

1) La tipologia di copertura assicurativa offerta dal derivato – assolutamente legittima ed efficace in senso assoluto – non è adeguata per la pubblica amministrazione. Non è adeguata a causa del suo sistema di contabilità, non è adeguata per la missione che la pubblica amministrazione svolge, non è adeguata per il suo sistema di gestione dei rischi.

2) Vi è troppa asimmetria tra le competenze degli istituti bancari nazionali e internazionali che all’inizio degli anni Duemila vendevano questi strumenti, e le competenze riscontrabili nelle strutture tecniche e amministrative degli enti locali. Non avevano le competenze necessarie per comprendere appieno e senza ambiguità le caratteristiche dello strumento su cui stavano impegnando l’ente. Pensate che sempre nell’audizione della commissione parlamentare dello scorso dicembre Massimiliano Minerva, sosttuto procuratore presso la Procura regionale del Lazio della Corte dei Conti, ha dichiarato "sconcertante, perché l’amministrazione al momento della sottoscrizione di prodotti finanziari non è pienamente consapevole delle alee che assumeva".

La gestione del derivato del Comune di Ferrara, attraverso due ristrutturazioni (2003 e 2005) resosi necessarie sia per cambiamenti anche legislativi intervenuti nel frattempo sia per le ristrutturazioni del debito sottostante, porta benefici al Comune di Ferrara fino al 31 dicembre 2010. Vorrei riportare la vostra attenzione in quel momento perché in quest’aula non tutti erano presenti: in quella data infatti, lo strumento aveva fatto guadagnare al Comune (in termini di minor spesa per interessi rispetto a quella che sarebbe stata sostenuta senza il derivato) 135.648,73 euro. A quella data l’Amministrazione del Comune di Ferrara era impegnata nella predisposizione della manovra economica più ampia mai registrata dal Comune: 11 milioni di euro di minori risorse, che furono coperte – come i consiglieri presenti allora ricorderanno – con 9 milioni di euro di tagli alle spese e 2 di maggiori entrate.

Al fine di fare chiarezza sulle tante bugie raccontate anche nei giorni scorsi, proviamo a tornare con la mente a quei giorni. Siamo al 31 dicembre 2010, il derivato ha portato vantaggi al Comune di Ferrara per complessivi 135 mila euro. Il semplice fatto che sul mondo si sia abbattuta la peggior crisi economica della storia moderna (e quindi un anomalo e prolungato abbassamento dei tassi di interesse di mercato) fa sì che le prospettive siano tali per cui da quel momento in poi il derivato comincerà ad accumulare perdite.

Pertanto, l’amministrazione comunale di Ferrara (siamo nei primi giorni del 2011, quando è ancora in discussione il bilancio preventivo) compie una scelta: decide che è ora di uscire dal derivato. In quel momento, uscire dal derivato secondo le condizioni contrattuali costa al Comune 3.236.033 euro. L’amministrazione sta cercando 11 milioni per coprire i tagli del governo e le conseguenze della crisi economica.

Tra le tante affermazioni di allora come oggi vi è quella secondo cui se – in quel momento – avessimo deciso di uscire dal derivato avremmo pagato "costi contenuti" e avremmo quindi fatto l’interesse dell’amministrazione.

La domanda di allora come quella di oggi è:

se a inizio 2011 avessimo chiesto ai cittadini ferraresi oltre 3 milioni e duecento mila euro per uscire dal derivato (oltre agli 11 che fummo costretti a chieder loro), avremmo avuto il vostro applauso (come oggi dite) o i vostri fischi? Se avessimo aumentato le tasse comunali ai cittadini per fare quello che oggi ci dite che avremmo dovuto fare, avreste votato a favore o avreste fatto una campagna di stampa senza precedenti per accusarci di aver messo le mani in tasca ai cittadini per uscire dal derivato?

Se avessimo tagliato le spese per 3,2 milioni di euro (eliminando le attività culturali della città, smettendo di fare manutenzione, dimezzato la spesa sociale, chiuso delle sezioni di nido o di scuola materna) per pagare il derivato, avremmo avuto il vostro consenso (come ora ci dite) o vi sareste scagliati contro di noi con una violenza senza precedenti?

Noi, a inizio 2011, abbiamo compiuto un’altra scelta, dopo quella di chiudere l’esperienza del derivato: abbiamo scelto che le casse comunali non potevano permettersi di pagare svariati milioni di euro per uscire dal derivato (come ci veniva suggerito dalle vostre risoluzioni, comprese quelle firmate da chi il derivato lo aveva consigliato), perlomeno non prima di aver accuratamente verificato che il prodotto che avevamo acquistato fosse perfettamente in regola. Perché pagare milioni di euro prima di essersi accertati che il derivato avesse tutti i crismi di regolarità? E’ questa forse la tutela dell’interesse collettivo che voi propugnate? Alla luce di quanto in questi anni sta emergendo su questi prodotti finanziari riuscite ancora a suggerire e sostenere soluzioni da analisti finanziari quando in realtà gli strumenti e gli elementi conoscitivi di questa materia sono molto complicati e scarsi? Ricordiamoci che dal 2006 al 2016 hanno pesato sul deficit pubblico per quasi 24 miliardi di euro: i derivati sono stati abbondantemente usati in alcuni momenti ben precisi della storia della nostra Repubblica per "aggiustare" di qualche zero virgola il rapporto tra deficit e PIL. Li ha usati il governo Prodi tra il 1997 e il 1998 perché saremmo dovuti entrare nell’Euro; li ha usati il Governo Berlusconi tra il 2003 e il 2005 per garantire gli accordi di Maastricht.

Ma torniamo sempre al 2011: mentre iniziamo una attenta procedura di analisi delle caratteristiche del derivato, l’amministrazione compie un’altra scelta (siamo sempre a inizio 2011): iniziare un’interlocuzione con l’istituto di credito per verificare la possibile esistenza di modalità di estinzione del derivato diverse da quelle contrattuali e che possano evitare sul nascere possibili contenziosi legali. Quei mesi di interlocuzione partoriscono una possibile ipotesi di estinzione che non implicasse il pagamento pieno e immediato del mark-to-market. Siamo a fine 2011, e l’amministrazione è speranzosa che tale ipotesi possa mettere la parola "fine" alla vicenda del derivato, permettendo così di fermare l’orologio al 31 dicembre 2011, data in cui – come ribadito più volte – esso aveva complessivamente portato benefici, e non danni, al Comune di Ferrara.

Nel gennaio 2012 tale ipotesi non riceve il parere favorevole del Collegio dei Revisori dei Conti del Comune, che prende atto delle intenzioni dell’allora Assessore al Bilancio di estinguere il derivato ma non esprime parere favorevole all’ipotesi di chiusura, invitando invece il Comune ad approfondire la principale tematica (quella dei cosiddetti costi impliciti) che avrebbe per forza di cose portato dritti dritti ad un contenzioso.

A quel punto, siamo nel gennaio 2012, all’Amministrazione Comunale di Ferrara rimangono solo tre scelte possibili:

a) Tenersi il derivato: tale scelta, come correttamente stimato dalla stessa amministrazione nel dicembre 2010, a causa dell’ulteriore deteriorarsi delle condizioni macroeconomiche internazionali avrebbe comportato un esborso di denaro pari a più di un milione di euro l’anno per gli esercizi finanziari più prossimi. Tutto sulle spalle dei cittadini ferraresi.

b) Pagare il mark-to-market (quindi uscire dal derivato alle condizioni contrattuali previste), pagando 5 milioni di euro e nonostante un parere scritto dei revisori che invitava ad approfondire possibili carenze contrattuali.

c) Continuare e concludere l’approfondimento contrattuale iniziato un anno prima e, nel caso, procedere con un annullamento degli atti e un probabile contenzioso.

Ed è a questo punto che quest’amministrazione compie la terza scelta.

Sulla base di due perizie (una che approfondisce gli aspetti economico-finanziari, l’altra quelli amministrativi) all’epoca votammo l’annullamento in autotutela dei contratti IRS sottoscritti dal Comune di Ferrara dal 2002 in poi e di tutti gli atti amministrativi (tra cui una delibera di Consiglio Comunale) che hanno portato alla

sottoscrizione di tali atti.

Le motivazioni erano sostanzialmente di tre tipi:

1) La perizia documentava la presenza di costi impliciti nella struttura dei tre contratti per oltre 2 milioni di euro. Vale a dire, all’atto della sottoscrizione del contratto il valore dello strumento finanziario non era zero (come sarebbe dovuto essere in presenza di uno strumento bilanciato).

2) Ai sensi dell’art.31 della delibera Consob attuativa del Testo Unico della Finanza chi vende strumenti finanziari di questo tipo deve fornire informazioni specifiche e approfondite sul prodotto finanziario, e chi compra deve a tutti gli effetti di legge essere un operatore qualificato. All’epoca si avevano fondati motivi per ritenere che entrambe queste condizioni non ricorressero.

3) Verifiche da approfondire nella determina dirigenziale dell’epoca.

Nel frattempo in maniera cautelativa e operando proprio nell’interesse del PORTAFOGLIO DEI NOSTRI CONCITTADINI, quest’amministrazione interruppe tutti i pagamenti relativi allo strumento derivato ma ne accantonò a riserva a titolo prudenziale

Questa è la ricostruzione del contesto storico dell’epoca in cui l’Amministrazione scelse di non chiudere il derivato mettendo la mano in tasca ai cittadini e pagando 3,2 milioni di euro, ma verificando minuziosamente la congruità dello strumento e aprendo nel frattempo un’interlocuzione con la banca per costruire insieme una possibile soluzione nel reciproco interesse. La scelta di costruire pazientemente tale soluzioni in un percorso durato quasi un anno, e di sottoporla al necessario parere dell’organo di revisione. La scelta, una volta che tale strada è stata nei fatti sbarrata, di non continuare a chiedere ai ferraresi un milione di euro l’anno né di chiederne cinque una tantum per seguire un contratto che ritenevamo viziato. La scelta di annullare gli atti amministrativi e i contratti inerenti il derivato in forza delle documentate motivazioni che vi ho esposto.

Un percorso certamente non facile di cui va dato atto a questa amministrazione. Un percorso lungo, incredibilmente difficile. Sarebbe stato molto facile lavarsene le mani e limitarsi a dare la colpa ai propri predecessori. Sarebbe stato facile proseguire come se nulla fosse, continuando a inserire quel milione di euro in più tra le spese del bilancio….in fondo l’attenzione mediatica sul tema non era massima, quando non occasionalmente sollevata, per ovviare a cali di visibilità o sfortunati episodi su cui indaga la magistratura, da chi il derivato lo consigliò. Sarebbe stato facile, e più comodo.

Ultima modifica: 19-03-2018
REDAZIONE: Gruppo Partito Democratico
EMAIL: gruppo-partitodemocratico@comune.fe.it