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Le 'coltivazioni' di idrocarburi a Ponte del Diavolo
Archivio legislatura 2009 - 2014
Negli anni 50 e 60 – erano i tempi del miracolo economico italiano – dalla pianura padana si è proceduto a estrarre metano misto a grandi quantitativi d'acqua, spesso da basse profondità. Lo sviluppo industriale aveva bisogno di energia e quel metano è stato un motore di sviluppo prezioso per l'intero paese. Il prezzo pagato nei luoghi di estrazione, però, è stato salatissimo in termini di quel vero e proprio disastro ambientale che va sotto il nome di subsidenza del territorio. Sulla base di quell'esperienza, oggi quell'errore non si dovrebbe più ripetere ed eventuali nuove estrazioni dovrebbero essere eseguite solo nei terreni con caratteristiche geofisiche adeguate e alle profondità opportune.
La legislazione italiana su questa materia è fatta per stare dalla parte del cittadino. Se si potesse contare su una sua corretta applicazione nessuno di noi sarebbe preoccupato per gli 80 studi geofisici preliminari alle attività di estrazione che si stanno effettuando nel territorio delle province di Ferrara e Rovigo. Ma vediamo cosa dice la legge.
Le aziende interessate ad eseguire uno studio geofisico di un determinato territorio iniziano con il presentare richiesta al Ministero dello sviluppo economico, il quale valuta la capacità economica ed il know-how dell'azienda richiedente e, se rileva i requisiti necessari, rilascia la concessione all’attività di studio geofisico, cioè acconsente affinché si facciano i raggi X al sottosuolo fino a profondità molto spinte (2000 metri ed oltre). Il costo medio di uno studio del genere si aggira sui 10 milioni di euro.
Dopo lo studio geofisico l’azienda proponente presenta poi uno studio di Verifica di Impatto Ambientale che prende in considerazione anche la subsidenza. Questo studio viene valutato dal Ministero raccogliendo anche i pareri della Regione, della Provincia e dei Comuni interessati. I tecnici che hanno il compito di esprimere un giudizio sono tecnici preparati e sono capaci di sostenere un confronto tecnico alla pari con le aziende petrolifere.
Se tutto va bene si passa alla realizzazione di un pozzo esplorativo per l’individuazione di trappole nel sottosuolo che possano contenere idrocarburi. Questa attività, per profondità oltre i 2000 metri comporta un ulteriore costo di 10-15 milioni di euro. Finita la fase sperimentale la società proponente prepara uno studio di Verifica di Impatto Ambientale per la "coltivazione del territorio", la fase estrattiva vera e propria.
Se lo studio non è convincente sul piano della salvaguardia del territorio e dell’ambiente, il ministero può ancora rifiutare che si passi all'estrazione, anche dopo tutti gli studi preliminari e l'apertura del pozzo sperimentale con i relativi costi sostenuti dalle aziende. Lo stato non deve rimborsare nulla né pagare penali in caso di rifiuto, ovviamente motivato, ed è un fatto che lo stato ha tecnici capaci di esprimere pareri convincenti, forti di 60 anni di esperienza di estrazione e di disastri da subsidenza nella pianura padana.
Pertanto il tutto si potrebbe concludere con una spesa a fondo perduto di circa 20-25 milioni per l'azienda petrolifera e con il beneficio dell'acquisizione (senza oneri per il contribuente) dei dettagli delle caratteristiche geofisiche e della stratigrafia di quel territorio.
Nel territorio delle province di Ferrara e Rovigo sono in corso 80 studi preliminari all'estrazione di idrocarburi. Se moltiplichiamo 80 concessioni per 20 milioni di euro otteniamo che chi sta operando sul nostro territorio sta spendendo circa un miliardo e seicento milioni di euro con il rischio di non avere un euro di ritorno. Come è possibile che questo possa succedere?
Ipotizzando che ogni pozzo possa produrre, fino ad esaurimento, 500 milioni di metri cubi di metano, risulta realistico prevedere che ciascun pozzo possa rendere in media 200 milioni di euro prima di esaurirsi. Con un semplice calcolo si può allora prevedere che se tutti gli studi intrapresi andassero a buon fine le compagnie petrolifere ricaverebbero almeno 10 volte quanto speso nella fase di studio ed esplorazione. Quindi, tra Ferrara e Rovigo il punto di pareggio per le compagnie petrolifere si avrebbe ottenendo 8-10 coltivazioni dagli 80 studi eseguiti. Le società questo lo sanno, come sanno che non tutte le condizioni geofisiche permetteranno la coltivazione, possibile ad esempio dove il sottosuolo è roccioso ma non dove è sabbioso.
Come gruppi di maggioranza (PD, IDV, SA, Socialisti) abbiamo approvato un ordine del giorno dove esprimiamo preoccupazione per le licenze accordate, anche se per la sola fase di studio, in località Ponte del Diavolo, tra Codrea e Quartesana. Non avremmo niente da temere se tutte le procedure previste per legge venissero rispettate e tutti i dati correttamente acquisiti, analizzati ed interpretati. Siamo però coscienti che i forti interessi in gioco e i comportamenti di politici non sempre affidabili, costituiscono altrettanti motivi per mantenere alto il livello di vigilanza sulla correttezza delle decisioni che verranno prese lungo tutto l'iter autorizzativo, cosa che siamo fermamente decisi ad assicurare.