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Sulle aperture domenicali di negozi e centri commerciali
Archivio legislatura 2009 - 2014
Parto dal presupposto che tutte le iniziative di un governo, sia esso nazionale o locale, debbano tendere al miglioramento socio-economico della società. Vorrei quindi comprendere come le recenti norme che liberalizzano gli orari di apertura di negozi e centri commerciali anche nei giorni festivi possano costituire un vantaggio per il Paese.
Penso ai centri commerciali, identici in tutte le città, i NON LUOGHI secondo una parola coniata dall’antropologo Marc Augè nel 1992, luoghi nei quali la gente , attratta da luci, colori, dall’offerta esorbitante di prodotti, si sfiora, si ferma per brevi momenti; luoghi che non costruiscono identità, luoghi dai frequentatori spesso adolescenti che lì trascorrono il tempo libero.
Forse si pensa di incentivare l’occupazione? Improbabile. E’ certo invece che i dipendenti, soprattutto donne con famiglie vedranno peggiorare la qualità della vita familiare e si troveranno in difficoltà nell’affidare i figli, visto che scuole e asili nei giorni festivi sono chiusi anche per garantire i sacrosanti tempi dedicati ai rapporti familiari.
Forse si incentivano i consumi? Non credo. In questi tempi di crisi i clienti dei negozi e dei centri commerciali sono più consapevoli e selettivi nell’effettuare gli acquisti.
Si dice che queste norme siano inevitabili per adeguarci alle abitudini del mondo occidentale. A me pare che in questo modo siamo tutti considerati non “CITTADINI” ma “CONSUMATORI” e ciò a mio parere costituisce uno svilimento dell’individuo e dei valori della società.
Mi chiedo: quali sono i vantaggi a cui si vuole tendere con questa normativa?