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Intervento in Consiglio Comunale del 17-01-11 sull'o.d.g. contro l'omofobia
Archivio legislatura 2009 - 2014
Consiglio Comunale del 17 gennaio 2011
Presentazione ORDINE DEL GIORNO CONTRO L’OMOFOBIA
Ritengo opportuno soffermarmi, prima di esprimere le mie considerazioni politiche, sulla nozione di omofobia, che ne costituisce il fulcro sostanziale. È bene chiarire, come si vedrà meglio più avanti, che si tratta di un termine che non ha una valenza che si esaurisce in una dimensione meramente sociologica, essendo stato utilizzato anche in atti con natura giuridica, come le risoluzioni del Parlamento europeo.
Il Parlamento Europeo, nella Risoluzione sull'omofobia in Europa del 18 Gennaio 2006, la definisce così: “una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo”.
La Risoluzione, sulla quale mi soffermerò più avanti, definisce l’omofobia un pregiudizio, ovvero un giudizio precostituito, un giudizio dato a priori, e in questo caso è un atteggiamento di rifiuto o di ostilità verso una persona appartenente ad un gruppo, semplicemente in quanto appartenente a quel gruppo.
L’omofobo: “ al pari del razzista, è spesso una persona che vede il mondo strutturato gerarchicamente, diviso in due gruppi contrapposti: appartenere a un gruppo dominante (quello “eterosessuale”) significa non appartenere a un altro gruppo, inferiore e connotato negativamente (quello “omosessuale”).”
Questo tipo esasperato di affermazione di non appartenenza a un gruppo sentito come inferiore avviene infatti spesso nella fascia di età in cui si costruisce la propria identità sessuale e in cui più forte è la tentazione di riconoscersi in un gruppo dominante.
Inquadramento normativo
Nonostante il parlamento europeo abbia espressamente invitato gli Stati membri ad intervenire nei rispettivi ordinamenti interni per contrastare il fenomeno dell’omofobia, in Italia non è stato fatto alcun passo in tal senso.
La proposta di legge mira proprio a colmare questa lacuna, avendo come obiettivo quello di dare una risposta al drammatico fenomeno dell’omofobia e transfobia, che in Italia ha oramai da tempo superato i livelli di guardia.
Per quanto vi sia la consapevolezza che per contrastare alla radice l’omofobia e la transfobia occorrano interventi che abbiano anche una valenza socio-culturale, rende non opportuno, bensì necessario, un intervento del legislatore che assicuri alle vittime del fenomeno una tutela penale adeguata
In sostanza, la proposta di legge mira, con l'unico articolo che la compone, a introdurre specifiche misure tanto contro i delitti motivati dall'odio omofobico e transfobico, quanto contro l'incitazione all'odio omofobico e transfobico, estendendo la protezione già prevista dalla legge italiana in relazione all'istigazione e ai delitti motivati dall'odio etnico, religioso e razziale, senza modificare le sanzioni previste.
Qualche dato.
Ho detto che l’omofobia è un fenomeno in costante ascesa. Non si tratta di una sensazione, ma della presa d’atto di dati oggettivi.
Tra il 2006 ed il 2007 sono stati registrati 42 delitti contro omo e transessuali: 11 omicidi, 23 violenze, 8 atti vandalici.
Il Governo precedente e in particolare il Ministro per i diritti e le pari opportunità on. Barbara Pollastrini avevano stanziato 180.000 EURO destinati ad una indagine ISTAT per la ricerca sulle discriminazioni che subiscono gay e transessuali in Italia. La prima in Italia. Che fine ha fatto quello stanziamento?
Lo chiede anche l’Europa. Infatti, l'Agenzia europea dei diritti fondamentali di Vienna, che ha diffuso il rapporto sull'omofobia, ha contestato per il nostro paese la mancanza di dati ufficiali, che rende difficile lo studio del fenomeno. 'L'uguaglianza di trattamento - afferma il direttore dell'agenzia Morten Kjaerum - e' un diritto fondamentale ed il fatto che lesbiche, gay, bisessuali e transessuali non siano trattati in maniera uguale in Europa e' una ragione di inquietudine'.
Risoluzione Parlamento Europeo
Come si è detto, il silenzio della legislazione italiana è rotto dalla voce autorevole della Risoluzione del Parlamento Europeo del 18 gennaio 2006.
La Risoluzione rileva che l'omofobia “si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all'obiezione di coscienza”.
La citata risoluzione, richiamando il contenuto dell’art. 13 del trattato che istituisce la Comunità europea (e che assegna alla Comunità il potere di adottare misure finalizzate alla lotta alle discriminazioni basate, tra l'altro, sull'orientamento sessuale e di promuovere il principio dell'uguaglianza) e dell'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali, che vieta "qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle, l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o l’orientamento sessuale", chiede:
a).- agli Stati membri di assicurare che vengano protette da discorsi omofobici intrisi d'odio e da atti di violenza omofobici , invita con insistenza gli Stati membri e la Commissione a condannare con fermezza i discorsi omofobici carichi di odio o le istigazioni all'odio e alla violenza e a garantire l'effettivo rispetto della libertà di manifestazione, garantita da tutte le convenzioni in materia di diritti umani;
b).- alla Commissione di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori, completando il pacchetto antidiscriminazione fondato sull'articolo 13 del trattato, mediante la proposta di nuove direttive o di un quadro generale che si estendano a tutti i motivi di discriminazione e a tutti i settori;
c).- agli Stati membri e alla Commissione di intensificare la lotta all'omofobia mediante un'azione pedagogica, ad esempio attraverso campagne contro l'omofobia condotte nelle scuole, le università e i mezzi d'informazione, e anche per via amministrativa, giudiziaria e legislativa.
Cos’è successo negli altri Paesi?
In Inghilterra, dove il fenomeno viene monitorato ed era evidente l’aumento delle aggressioni omofobe, è stata introdotta una legge come quella di cui qui stiamo parlando oggi e sono state adottate azioni positive volte alla formazione educativa e culturale della cittadinanza;
in Francia, dove esistono norme anti omofobia dalla metà degli anni Ottanta, il ministro conservatore della Pubblica Istruzione ha incluso la lotta alla omofobia nelle scuole tra le dieci priorità dell’anno scolastico che sta per iniziare;
in Spagna, parte una nuova materia di studio: l’educazione alla cittadinanza, che include lezioni per prevenire l’omofobia.
Là dove il fenomeno non è seguito con la dovuta attenzione, come nel nostro paese, si crea spaesamento e, da un lato, aumenta la paura nei cittadini omo e transessuali, dall’altro i bulli omofobi si convincono della “normalità” delle proprie azioni, che – al contrario – sono criminose.
Considerazioni politiche
Per tutto quanto detto, è evidente che occorre colmare la lacuna presente nel nostro sistema normativo. Questa proposta di legge, lo abbiamo visto, intende farlo con la modifica della legge Mancino, estendendone l’operatività anche all’orientamento sessuale ed al transessualismo.
È un intervento evidentemente parziale, rispetto a quello che richiede l’Europa e che hanno fatto molti governi di paesi europei, ma è un sensibile e importante passo in avanti.
I diritti civili, il rispetto dei diritti umani, il senso di cittadinanza e di inclusione non sono e non possono essere oggetto di trattativa politica, perché non hanno bandiera politica. I diritti civili non sono di destra e neppure di sinistra, devono essere riconosciuti nel “pantheon” di tutte le forze politiche democratiche, in quanto patrimonio di un paese civile. E come non avrebbero senso barricate ideologiche tra destra e sinistra, neppure ne avrebbero con e nel mondo cattolico.
Si vuole dare l’impressione che il mondo cattolico sia distante da questo tema, ma il messaggio cristiano è un messaggio inclusivo, al quale i cattolici non possono sottrarsi.
Il Cardinal Martini ha scritto: “Nel rapporto con l’omosessualità, tuttavia, nella Chiesa dobbiamo rimproverarci di essere spesso stati insensibili. Penso a un giovane che si sforzava di comprendere il proprio orientamento sessuale. Era in grande difficoltà. Non poteva parlarne con nessuno perché si vergognava.
Sentiva che se Avesse confessato le sue tendenze omosessuali sarebbe stato emarginato. Questo giovane si è ammalato perché non lo abbiamo aiutato. Le depressioni lo hanno condotto da uno psichiatra, dal quale ha trovato un orecchio pronto ad ascoltarlo e un incoraggiamento”.
Abbiamo visto che l’omofobia è figlia del pregiudizio, della paura del “diverso” non conosciuto e per questo destabilizzante: la paura si debella attraverso la conoscenza.
Non deve stupire che oggi molti omosessuali escano allo scoperto e scelgano di vivere la propria esistenza alla luce del sole, rifiutando lo stigma sociale e la segregazione. Ma sono tantissimi gli omosessuali che vivono, specie in realtà di provincia, una situazione di totale negazione della propria personalità, di umiliante sofferenza psicologica essendo costretti dalla società ma anche dalle famiglie a fingere di essere eterosessuali pur di non incorrere nella sanzione sociale del disprezzo e della vergogna.
Il pregiudizio, questo meccanismo rassicurante di semplificazione del reale, si stratifica fino a condizionare l’individuo, ancor più del suo giudizio, e diventa distruttivo a livello di interazione sociale. E dato che il pregiudizio si rafforza grazie ai messaggi del mondo circostante (la società, la scuola, lo Stato), è sui messaggi che da essi provengono che dobbiamo lavorare.
Il primo passo è quello dello Stato che assume una sua specifica responsabilità, che passa attraverso le leggi. Una legge che mette in atto misure contro i reati omofobici e transfobici dice che le persone omosessuali e transessuali sono destinatarie di rispetto e quindi non considerate inferiori.
La legge italiana ha stabilito una gerarchia delle vittime, tagliando fuori gli omosessuali e i transessuali: a questo dobbiamo porre rimedio, perché non deve più accadere che un giovane sia portato al suicidio per la propria presunta omosessualità (Torino 2007), non deve più accadere che un bullo cerchi di convertire alla eterosessualità con la forza bruta una ragazza lesbica (Napoli, Agosto 2008). Non deve più accadere che uomini e donne vengano violentati nel fisico e nell’animo per colpa del loro orientamento sessuale o del loro transessualismo.
Il fatto stesso che la legge italiana non associ le discriminazioni di questo tipo a quelle dovute a xenofobia o odio religioso non è solo una negazione di diritti. Come in un circolo vizioso, può essere percepito dall’opinione pubblica come una forma di classifica dei gruppi sociali a rischio di discriminazione e di manifestazioni d'odio: qualcuno con diritti, qualcuno senza, qualcuno da proteggere qualcuno no. Buoni e cattivi. Così accrescendo ulteriormente la percezione di marginalità degli omosessuali e proprio per questo determinando un incremento di episodi di odio.
Ed è proprio quello che sta succedendo in Italia, con l’aumento esponenziale di azioni delittuose di vario livello contro le persone omo e transessuali.
La presenza di una legge che tuteli i diritti di una minoranza non abolirebbe la differenza in nome di una società omologata, bensì abolirebbe il trauma della discriminazione. Non si tratta di livellare esistenze diverse, ma di favorire il dialogo umano e l’affermazione delle soggettività.
Una legge contro la discriminazione non può che aumentare il livello di civiltà del nostro popolo.
Vorrei che quando si guarda una persona si guardi al suo essere individuo intero e cittadino detentore di diritti, invece che solo al suo orientamento sessuale. Vorrei che non lo si possa giudicare e condannare per questo, né offenderlo e umiliarlo con le parole o i fatti, senza che questo venga considerato un reato dallo Stato.