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Progetto per la città: "Disegniamo insieme la Ferrara di domani".

di Vittorio Anselmi - Maggio 2014
COMUNE DI FERRARA

ELEZIONI AMMINISTRATIVE MAGGIO 2014






la politica non è tutta uguale

DISEGNIAMO INSIEME
LA FERRARA DI DOMANI






VITTORIO ANSELMI





PREMESSA
Mi piace pensare a questo come ad un progetto: non un programma, ma un progetto.
Sarà deformazione professionale, ma quando mi accingo a pensare quali soluzioni siano preferibili per le esigenze che mi vengono sottoposte dai miei committenti, per prima cosa mi sottopongo ad un bagno di umiltà e cerco di ascoltare il mio interlocutore. Voglio capire ed immedesimarmi nelle sue aspettative.
La fase successiva consiste nell'analisi delle condizioni cosiddette “contestuali”, una serie di elementi che probabilmente al mio Committente sfuggono, ma che inconsapevolmente vive e lo condizionano.
Infine, cerco le soluzioni più idonee, provando a non farmi travolgere dall'ego narcisistico che spesso gli architetti possiedono in misura debordante.
Mi considero quindi, un “moderato”. Nei metodi ovviamente, non nella visione.
Quella, la visione, è viva, prepotente, e brucia perché vuole emergere e diventare protagonista.
E poiché io sono un soggetto unico, sia che mi occupi di architettura, sia che mi dedichi - come ho sempre fatto -, alla politica, a una cosa non ho mai saputo rinunciare: ad avere una visione.
Nell’avventura che mi accingo ad affrontare, che in ogni caso non finirà con le elezioni del maggio 2014, ma piuttosto che in quella data avrà il suo inizio, vorrei trasferire tutto il mio entusiasmo e la mia voglia di realizzare sogni e desideri.
Innanzitutto ringrazio tutti coloro che hanno condiviso questa mia scommessa, aiutandomi a portarla avanti. Sono sempre stato convinto della necessità di “fare squadra”: unica strada attraverso cui Ferrara può cambiar rotta.
Anche perché nessuno, da solo, può fare miracoli.




INTRODUZIONE
Ferrara è una città piccola, ma nel suo scrigno prezioso racchiude molte specificità, complessità e peculiarità che meritano attenzione. Da qui il mio primo impegno: tornare ad ascoltare la città e i suoi cittadini, da troppo tempo non compiutamente in sintonia con la pubblica amministrazione, la quale si manifesta sempre più come espressione di una parte, ormai elitaria, della città.
Le chiavi della città, economiche, amministrative, culturali persino sportive, sono in gran parte e da sempre in mano a gruppi ristretti (di potere?), a reti, a intrecci di amicizie e interessi convergenti che tendono a mantenersi, alimentandosi e perpetuandosi, escludendo di fatto tante nuove energie che garantirebbero idee innovative e sviluppo.
C'è una parte importante e cospicua della città che viene esclusa dalle opportunità e dalle decisioni: ciò contribuisce a limitare se non ad annullare il sano fenomeno della competizione e dell'alternanza.
Competizione ed alternanza che chi governa la città ha sperimentato solo nell'alveo della propria interna appartenenza politica: abbiamo infatti assistito negli anni ai travagli culturali e politici del centrosinistra, anche attraverso i riposizionamenti, le ascese e le cadute dei singoli, ma tutto nell'ambito di uno stesso mondo. E come sempre succede per gli ambiti sociali troppo chiusi, la vena sfiorisce e si generano abitudini e assuefazioni.
Da anni ormai Ferrara si è rassegnata a sopportare stanchi rituali: e sull'altare di questi riti abbiamo sacrificato il livello del servizio sanitario (Cona), interi settori economici (Coopcostruttori ecc.), la sicurezza dei nostri cittadini (GAD ecc.) e così via elencando.
Fattori che in situazioni normali i cittadini avrebbero valutato come sufficienti per giudicare una classe dirigente e decidere di cambiare: per Ferrara no, non bastano.
Ma siamo sempre stati consapevoli che anche una sola goccia alla fine può far traboccare il vaso, e siamo fiduciosi negli insegnamenti della Storia, che ci dice di non disperare mai: i cambiamenti ci sorprendono con impetuosa velocità. Siamo convinti che sia giunto anche per Ferrara il momento giusto.
E' il momento giusto: voltiamo pagina e disegniamo la Ferrara che vorremmo; la Ferrara di domani.
Possiamo voltare pagina rimettendoci in ascolto della nostra città
E possiamo voltare pagina ridando slancio e opportunità alle mille piccole e grandi iniziative della città
E possiamo voltare pagina restituendo ai cittadini la possibilità di coltivare un'idea di città per il futuro che possano vedere costruire e crescere passo dopo passo.
E possiamo voltare pagina rimettendo al centro dell'attenzione gli individui e le loro necessità.
E possiamo voltare pagina in molti altri modi, anche i più semplici, ma significativi, perché senza dover parafrasare il grande Totò, è la somma che dà il totale.
Mi piace declinare quella splendida battuta che nasconde un'antica saggezza, affermando che a Ferrara non servono più grandi progetti faraonici ma incompiuti, bensì grandi idee, purché realizzabili, sostenibili e utili.
Idee a misura della città, utili per la città, destinate a migliorarla.
Sembra poco, ma per me questo è l'annuncio di una vera rivoluzione.
Nel pessimismo generalizzato si sentono spesso ripetere le stesse frasi: ‘con i vincoli di bilancio un comune non può più far nulla’, ‘chiunque vinca non cambia nulla’, ‘la politica ormai è tutta uguale’.
Bè, io a queste persone vorrei rispondere concretamente: se fossimo stati noi al governo della città gli anni passati:
- Un inceneritore a ridosso della città non lo avremmo costruito
- Non avremmo gettato 7 miliardi di lire di soldi pubblici per costruire un teatro senza stabilirne prima gli scopi e senza averne le coperture
- Non avremmo lasciato una città 70 anni senza una circonvallazione, con la cecità di non vedere i problemi mastodontici al traffico
- Non avremmo fatto in modo che degli interi quartieri diventassero il regno dello spaccio e della prostituzione, trincerandosi dietro un’ipocrita integrazione,
- E soprattutto non avremmo mai costruito un ospedale a 7 km dalla città, bruciando oltre 300 milioni di euro in un’opera non accompagnata dalle adeguate infrastrutture e che sta letteralmente sprofondando nel fango.
Quindi non è vero che i politici sono tutti uguali.
Noi, se saremo chiamati a governare, oltre alla gestione del presente e del futuro, dovremo farci carico anche dei pesantissimi fardelli che hanno lasciato in eredità a noi e ai nostri figli.
Cosa intendiamo per Comune
Il Comune coincide con la nostra comunità: non è un'area geografica o una mera entità amministrativa.
E la nostra comunità è composta di persone, individui, che abitano il centro città, le aree periferiche, i centri del forese e la campagna.
Insieme queste persone costituiscono una rete di bisogni e di interessi, cui occorre porre attenzione e dare risposte, senza lasciare indietro nessuno. L'individuo come centro del nostro interesse.
Una buona Amministrazione parte da qui: dal riconoscere che l'area geografica, il contesto sociale e la comunità di riferimento sono concetti ampi e complessi.
Fare sistema diventerà quindi la nostra priorità, e la sussidiarietà dovrà essere la bussola per declinare il rapporto tra la Pubblica Amministrazione e i cittadini: quindi il primo impegno che ci prendiamo sarà quello di mettere la Pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini e non viceversa.

Decentramento: il decentramento si sta avviando a semplificazione con l'abolizione delle Circoscrizioni. Ciò che non va abolita è l'attenzione verso le necessità delle frazioni e delle parti di città e di territorio comunale più lontane dalla città.
L'attuale amministrazione di centrosinistra propone un sistema che, pur semplificato in quanto vengono aboliti gli organi elettivi (consigli circoscrizionali), mantiene in essere, anzi ne aumenta il numero, tutte le attuali strutture periferiche, attribuendo loro compiti di logistica amministrativa, di sostegno e di ascolto delle istanze dei cittadini.
Tale schema a nostro parere si rivela macchinoso, costoso, e legato a schemi organizzativi ormai esauriti.
Per giustificare il mantenimento delle strutture e di conseguenza del personale impiegato, si ricorre all'invenzione di una nuova attività di “prossimità” che nulla ha a che fare con l'attività istituzionale del Comune, assomigliando invece di più alle attività tipiche del terzo settore.
Non ci sembra utile né corretto: pare più una forzatura per giustificare la trasformazione degli uffici circoscrizionali in sedi periferiche del Comune, inventando un'esigenza di tipo socioculturale che non viene ad oggi espressa dagli utenti stessi, dando vita ad una sovrastruttura ridondante rispetto alle effettive necessità.
Meglio sarebbe creare una struttura flessibile, snella, più efficiente, creando un raccordo tra centro e periferia e viceversa.
Le attività istituzionali vanno svolte incentivando e allargando l'uso delle tecnologie informatiche e digitali, amplificando la rete telematica dei servizi comunali, chiamando, ove serve, a concorrere anche strutture private, laddove servano iniziative e programmi di sostegno nella logica della sussidiarietà.
Forme di attenzione vanno sempre perseguite e ricercate, al fine di consentire una adeguata trasmissione di informazioni, esigenze e proposte dal centro alla periferia, ma ancor più dalla periferia al centro.
Qualsivoglia modello si intenda però sperimentare, esso deve contribuire a rendere la macchina amministrativa più efficiente, snella, flessibile e meno costosa.
A fianco del complessivo ridimensionamento e della riorganizzazione funzionale e organizzativa del sistema del decentramento, occorre anche individuare nuove forme di collegamento tra PA e delegazioni, che non possono consistere nell'individuazione dell'assessore itinerante come propone l'attuale Giunta, ma nell'attribuire al personale stesso delle delegazioni compiti non solo meramente amministrativi ma anche di ascolto e mediazione, in raccordo con l'assessorato al decentramento che avrà il compito di mettere a sistema e coordinare le azioni necessarie per dare risposte alle istanze dei cittadini.

Comune e provincia dopo l'abolizione delle Province
L'abolizione delle provincie provocherà a breve una ricollocazione delle competenze territoriali che saranno scaricate in gran parte sui Comuni.
A questi ultimi sarà quindi necessariamente demandato un maggior compito di coordinamento per mantenere attiva quella rete di rapporti tra i Comuni contermini attualmente svolta dalla Provincia, che renda possibile mettere a sistema in maniera coerente le politiche dei singoli comuni in una visione strategica di livello superiore.
Al di là della delega amministrativa in capo al Sindaco, chiamato a partecipare alla futura struttura di governo provinciale, sarà indispensabile accentuare in alcuni settori una più incisiva azione di coordinamento e raccordo tra comuni contermini (non solo nella accezione geografica, bensì anche per interesse strategico generale): pensiamo in particolare alle competenze in campo culturale e turistico, in campo agroalimentare e così via. Alcuni problemi infatti vanno affrontati e possono trovare soluzioni solo se si ragiona in termini di area vasta.
La semplificazione delle strutture istituzionali non può però pregiudicare l'efficacia e l'utilità dei servizi necessari alla comunità.
Tutte le politiche tese alla semplificazione e razionalizzazione della struttura istituzionale ed amministrativa del nostro Paese ci vedono molto favorevoli; tale regola però non può essere applicata in modo indiscriminato e generalizzato, come è stato proposto dall'attuale Presidente del Consiglio, colpendo a causa di esempi poco virtuosi o addirittura dannosi, strutture che invece svolgono con competenza e intelligenza un ruolo di sostegno e di aiuto concreto.
E' questo in particolare il caso delle Camere di Commercio: a causa di esempi assai poco virtuosi che sono diventati sinonimo di sprechi e clientelismi, si rischia di colpire anche strutture come quella di Ferrara, che risulta tra le più efficienti in Italia e che svolge un ruolo importante e prezioso di sostegno al tessuto produttivo ferrarese. Recentemente La CCIAA di Ferrara ha pubblicato i risultati dell'ultimo esercizio svolto, dal quale emerge una attività davvero robusta di sostegno non solo logistico ma anche finanziario alle aziende del ferrarese. Tale attività va salvaguardata e confermata, individuando e sostenendo quanto di buono può concorrere a fare per il nostro territorio.

Distretto Agroalimentare
Il territorio agricolo è l'elemento non solo geograficamente più rilevante e caratterizzante il nostro Comune, ma anche quello più fragile.
Nei decenni passati l'agricoltura ha vissuto momenti di grande espansione e importanza, cui sono seguiti periodi di difficoltà, legati in gran parte all'evoluzione dell'industria della trasformazione agricola e alla competizione dei mercati; la maggiore difficoltà del settore, a nostro parere, era ed è tuttora la persistente incapacità di fare adeguatamente sistema: in tutto ciò una parte rilevante di responsabilità l'hanno avuta le amministrazioni locali, in particolare il Comune.
Negli anni passati il comparto agricolo ferrarese ha sempre dimostrato capacità di reagire alle crisi; ma la risposta non è mai stata sufficiente a ridare adeguate prospettive a questo settore fondamentale per il nostro territorio.
Nonostante in provincia siano presenti gruppi imprenditoriali di notevoli dimensioni, manca una capacità di fare sistema e di proporsi come una rete produttiva di alto livello.
Ciò che a nostro parere sarebbe opportuno è la creazione di un “Distretto” agricolo e agroalimentare che sappia mettere in rete le specificità del territorio, unendo le risorse e le competenze dei privati, attraverso un ruolo attivo della pubblica amministrazione.
Il Distretto potrebbe diventare un contenitore capace di generare le opportune sinergie imprenditoriali e promozionali, razionalizzando le attività di ogni attore per promuovere al meglio il “brand” ferrarese.
Alcuni prodotti della filiera agricola ferrarese come la mela e la pera, o l'aglio di Voghiera, citando solo alcuni esempi, costituiscono eccellenze sottostimate e minimamente sfruttate. Attorno a essa non si è ancora riusciti a far crescere una cultura imprenditoriale che si dedichi alla trasformazione e commercializzazione con sistemi più innovativi e penetranti di oggi.
Un ruolo importante lo può e lo deve giocare il Comune, schierandosi con decisione a fianco delle associazioni di categoria e dei produttori, facendo sentire il proprio peso presso la Regione Emilia Romagna e il Ministero, per accompagnare ogni possibile percorso di promozione di questo specialissimo “brand”, sui mercati non solo europei ma soprattutto extraeuropei.
Il brand agroalimentare, insieme a quello culturale e turistico, è certamente quello che più gode della denominazione del “made in Italy”; ma per poterlo sfruttare al meglio delle sue potenzialità occorre promozione e difesa.
Promozione dei prodotti locali, del sistema e dei prodotti tipici; difesa dei marchi, delle denominazioni e soprattutto difesa della qualità produttiva, anche dalla minaccia di frodi e contraffazioni.
Fare sistema significa anche realizzare una più forte connessione e interazione con il settore della ristorazione, della trasformazione, con la scuola alberghiera e con le manifestazioni di promozione alimentare (non solo le sagre).
Tutto ciò può diventare un sistema economico trasversale, l'ossatura di un “Distretto agroalimentare” con una forte caratterizzazione locale, un marchio identificativo, un brand, da vendere come tipicità del territorio, soprattutto ora che si avvicina l'appuntamento con l'Expo milanese che diverrà una straordinaria vetrina sul mondo.
Territorio agricolo che quindi va difeso ma non ingessato; vanno ascoltate le esigenze degli agricoltori che per poter svolgere la propria attività, svilupparla, crearla e adattarla ai tempi che cambiano repentinamente hanno bisogno di regole semplici e certe: sotto il profilo della fiscalità locale; sotto il profilo delle norme urbanistiche che regolano la possibilità di attuare necessarie trasformazioni e adattamenti; sotto il profilo di tutte le diverse e troppe regolamentazioni riconducibili alle competenza del Comune.
Su queste competenze occorre incidere per semplificare, disboscare e rendere più semplice ed efficace la macchina burocratica e amministrativa contro la quale oggi si scontrano i cittadini.

Sicurezza
Il controllo della sicurezza di una città e la gestione delle relative procedure di garanzia sono appannaggio delle Forze dell'Ordine. Al Sindaco però si può chiedere un importante contributo, mediante l'utilizzo più incisivo dei corpi di Polizia Municipale, e negli interventi di prevenzione e controllo amministrativo.
Una città sicura offre infatti maggiori opportunità di godibilità e di buon funzionamento ai suoi cittadini. Occorre quindi promuovere tutte le politiche necessarie per eliminare le sacche piccole e grandi di illegalità presenti, che vanno dalle forme più o meno esplicite di delinquenza, sino a quelle meno evidenti di illegalità diffusa che provocano allarme sociale quali l'accattonaggio molesto, l'assistenza abusiva nei parcheggi e così via.
Introdurre l'illecito amministrativo dell'accattonaggio molesto, come già avvenuto in altre città, è possibile per dotare gli addetti di uno strumento in più per arginare fenomeni sempre più invasivi e pervasivi che disturbano e inquietano i cittadini.
E' questo il caso del quartiere GAD da tempo purtroppo assurto agli onori della cronaca; ma non solo: le zone di via Baluardi e di via Carlo Mayr, a causa di fattori purtroppo sfavorevoli vengono spesso additate per una diffusa percezione di scarsa sicurezza.
Qualcosa è stato fatto, in particolare nella zona GAD, per assicurare una maggior presenza delle istituzioni sul posto, quale indispensabile deterrente e presidio di legalità.
Tale attività va però di gran lunga intensificata, con presidi stabili, in primis quello della polizia municipale presso il Grattacielo, oltre alla presenza costante delle forze dell'Ordine, in base a un efficace coordinamento interforze, per scoraggiare il ripetersi indisturbato dei fenomeni di criminalità.
Ciò può avvenire solo in un ambito di raccordo tra le diverse forze di polizia presenti con una migliore razionalizzazione della parte logistica ed un miglior utilizzo delle forze adibite al controllo sul territorio.
Purtroppo tutto ciò è reso complicato da una situazione che, nel nostro Paese, vede ben sette copri di polizia (cinque dello stato e due degli enti locali): ciò significa sovrapposizione di competenze ed un evidente sperpero di risorse.
Il Sindacato di Polizia SAP ha inoltre valutato che il 60% del bilancio di ciascun apparato viene assorbito dalla gestione della logistica.
Appare quindi evidente che sarebbe quanto mai auspicabile una profonda ristrutturazione dell'intero apparato statale delle forze dell'Ordine, perché tale ristrutturazione produrrebbe risultati di gran lunga migliori dei tagli cui il settore è stato sottoposto in passato e lo sarà ancora di più in futuro a causa della spending review.
Tagli che stanno producendo un drastico ridimensionamento dei servizi, con conseguenze importanti anche a livello locale.
Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha infatti deciso di chiudere 267 presidi in Italia di cui 15 nella nostra Regione.
Tale scelta sempre secondo i dati del SAP porterà alla chiusura di squadre nautiche, posti della Polizia Ferroviaria, della Polizia Stradale, e di tutte le Sezioni della Polizia Postale presenti in regione salvando solo quella di Bologna.
Nella città di Ferrara è in previsione la chiusura della locale Sezione di Polizia Postale. Non pare necessario dover ricordare l'importanza che la Polizia Postale ricopre nel contrasto a fenomeni che si verificano sul Web quali ad esempio le truffe telematiche e la pedofilia.
Un più capillare controllo del territorio è quindi elemento determinante nella riconquista dello stesso alla legalità, con l'allontanamento dei fenomeni di degrado e delinquenza a tutti i livelli, assicurando e garantendo la ricostruzione del tessuto sociale, commerciale, produttivo di quelle zone.
Emblematica da questo punto di vista è l'iniziativa di alcuni singoli commercianti ed esercenti della zona GAD che si stanno associando per dimostrare la loro volontà di non rassegnarsi: questo esempio virtuoso va difeso e sostenuto, perché la sola presenza dell'autorità di polizia non è sufficiente a far rinascere il senso di comunità di un quartiere. A questi cittadini occorre dare segnali importanti, anche sul versante del controllo dei servizi erogati al cittadino.
Da questo punto di vista l'introduzione di alcuni importanti correttivi sulle modalità di accesso ai servizi pubblici (asili, abitazioni ecc.) che si basino sul criterio della residenzialità e sulla durata della stessa, possono contribuire a riequilibrare un meccanismo oggi perverso che premia gli irregolari e la semiillegalità a scapito dei nostri cittadini che si vedono superare nelle graduatorie di assegnazione.
Occorre pretendere che la Pubblica Amministrazione, cui è demandata la verifica dei requisiti dei richiedenti, effettui rigorosi controlli dei dati inseriti nei modelli ISEE prima dell'assegnazione dei posti in graduatoria
Lo stesso rigore va esercitato nel controllo delle locazioni in alcuni edifici più a “rischio” in particolare al grattacielo, dove modalità di affitto di “comodo” e poco rispettose facilitano procedure che agevolano gli extracomunitari a palese danno dei nostri concittadini: non si tratta di intolleranza, ma di pretendere uguale trattamento e rispetto delle norme per tutti, compresi gli stranieri.
Far percepire ai cittadini che il Comune, per la propria parte, si attiva per un capillare controllo della legalità e del rispetto delle norme di civile convivenza, è la migliore risposta alla odierna richiesta di sicurezza che si alza sempre più forte dalla città.


Riqualificazione urbana
Quelle esposte più sopra sono efficaci proposte per il breve periodo; ma una più incisiva politica va attuata per assicurare una “bonifica” di lungo periodo.
In questo quadro vanno inserite anche le più opportune scelte urbanistiche, che prevedano soluzioni e prospettive di profonda riqualificazione delle aree degradate della città.
Gli strumenti tecnici e amministrativi ci sono e si possono percorrere, pur nella loro evidente complessità, per dare definitiva soluzione ad alcuni annosi problemi.
In questo scenario vanno ricercate le più opportune soluzioni per la riqualificazione della zona GAD, nel quale appare ormai non più rinviabile individuare la soluzione del collo di bottiglia costituito dal sottopasso del Nord Ovest e dell'area del Grattacielo (con un secondo sottopasso ed un idoneo snodo viabilistico) e del nodo costituito dall'incrocio tra viale Cavour, Porta Po e il Viale della Stazione.
Ancora nello stesso quartiere va risolto, soprattutto sotto il profilo della viabilità e dei parcheggi il problema dell'area della Stazione FFSS, congestionata e poco funzionale nonostante l'apertura di un secondo parcheggio in via del Lavoro che non sembra riuscire a contribuire efficacemente alla soluzione di tale problema.

In tema di riqualificazione urbana, non si può non individuare nell'area di Piazza Travaglio uno dei punti cruciali del disegno della Ferrara di domani. Oggi la piazza, considerata porta sud della città è un non luogo, senza qualità, destinata ad area di parcheggio e mercato.

Un tema assai rilevante che interseca questioni legate alla sicurezza, al degrado urbano ed alla dotazione di servizi, è per noi quello della SPAL ovvero dello Stadio Mazza.
Per i ferraresi andare allo stadio si dice “andare alla Spal”: e questo è sintomatico del profondo legame che esiste tra la squadra, la città e lo stadio.
Già negli anni passati, a seguito dell'approvazione di norme sempre più severe sull'adeguamento alla sicurezza delle strutture sportive, si era parlato della necessità di costosi interventi di manutenzione e ristrutturazione, salvo poi procedere alla chiusura di interi settori (gradinata e curva est).
Attualmente lo stadio è in grado di ospitare il pubblico di un campionato del livello attuale: ma la squadra sta andando bene e ci auguriamo che si possa sperare in stagioni più floride sia sotto il profilo sportivo che delle presenze.
A ciò va aggiunto che la struttura è comunque obsoleta, con servizi poco efficienti e dignitosi, e con la necessità di integrazioni molto costose
Riconoscere quindi a quella struttura un evidente e fortissimo valore simbolico e affettivo non ci esime dal valutarne l'odierna incongruità e inadeguatezza, affrontando, non certo a cuor leggero, l'opportunità e necessità di realizzarne una nuova.
Un'operazione come questa, complessa ma possibile, apre alla Pubblica Amministrazione la possibilità di concorrere, con il contributo economico dei privati, a una definitiva riqualificazione di una parte importante della città, nel cuore della zona Giardino Arianuova, attraverso la realizzazione di un nuovo quartiere dove residenza, commercio, servizi, aree verdi pubbliche e private, parcheggi interrati ecc. possano costituire un “nuovo centro urbano” attorno al quale far rifiorire un angolo di città oggi in fase di costante degrado.

Capacità attrattiva
Una città appetibile è quella che accoglie cittadini e visitatori in modo adeguato e offre loro servizi, pubblici e privati all'altezza delle loro aspettative.
Una città certificata come patrimonio dell’Umanità dall’Unesco deve far forza su quel riconoscimento e valorizzarlo, non solo sbandierarlo in modo troppo spesso autoreferenziale, come una medaglia. La città Patrimonio dell'Umanità deve saper far forza su tale meritorio riconoscimento e sfruttarlo al meglio, come fosse un punto di partenza, non solo adagiarsi come se fosse un risultato raggiunto.
L'accoglienza si valuta prima di tutto dalla viabilità, da sempre tallone d'Achille di Ferrara, sia per la perenne incompiuta del sistema della circonvallazione esterna, sia per la mancanza di alternative valide ai flussi di traffico in entrata alla città.
Siamo ben consci di gettare un sasso di polemica forte: ma se affermiamo che Ferrara deve poter ripensare la possibilità di un collegamento della viabilità a nord che attraversi il Parco Urbano, con collocazione, modalità e tecnologie tali da garantire allo stesso conservazione della sua preziosa identità e qualità ambientale, lo facciamo perché Ferrara non si può permettere di non avere un completo sistema di circonvallazione “circolare”.
Da troppi anni siamo letteralmente inchiodati dal concetto autoreferenziale ideato negli anni '80 della doppia U: ormai quasi un dogma non discutibile, che si regge sulla inattraversabilità del Parco Urbano. E' di tutta evidenza che non vogliamo mettere in discussione il valore ambientale di quell'area, ma è indispensabile a nostro parere trovare il coraggio per valutare se, nel rispetto dei valori storico ambientali del Parco, non sia possibile un attraversamento viabilistico protetto (in trincea o altro) che colleghi la via Copparo con la via Padova, completando così l'anello di circonvallazione oggi interrotto. Uno sforzo progettuale importante, complesso e delicato che sappia coniugare la sensibilità di chi ha a cuore l'intuizione dell'Avv. Ravenna che ideò il Parco Urbano. La qualità dell'intervento dovrà essere assicurata anche in questo caso dal ricorso allo strumento del concorso di idee, attraverso il quale sia possibile valutare la migliore delle ipotesi possibili.

Accoglienza significa anche la riqualificazione delle zone di accesso alla città, soprattutto per chi proviene dall'Autostrada, consci che il turismo dovrà diventare uno dei settori economici più importanti di Ferrara per i prossimi anni: della zona Nord Ovest abbiamo già detto, ma ancor più emblematica a nostro parere è la zona sud, di Porta Paola e Piazza Travaglio, oggi purtroppo ridotte ad una desolante area di parcheggio (e di mercato il lunedì) con una viabilità confusa e a tratti pericolosa. Davvero uno scadente biglietto da visita per il visitatore, ma anche una poco edificante situazione per noi cittadini.
Soluzione ben più opportuna sarebbe riqualificare Piazza Travaglio in un'ampia area urbana attrezzata, dalla quale escludere il parcheggio auto (che può trovare sistemazione in un parcheggio sotterraneo, previa verifica con la Soprintendenza Archeologica della fattibilità dell'intervento), nella quale trovino posto un punto di accoglienza turistico (piattaforma turistica) e delle merci per le attività del centro storico (piattaforma logistica). Entrambe le piattaforme saranno collegate ad un sistema di collegamento con il centro storico esclusivamente sostenibile (elettrico) con mezzi idonei al trasporto – navetta di persone e/o merci. Solo i mezzi elettrici quindi (a parte le auto pubbliche e i taxi) potranno avere accesso e sosta nella nuova piazza, dotata di idonee colonnine di rifornimento, in un contesto urbano di ripristinata qualità e identità.

Il tema dell'accoglienza passa quindi anche attraverso la ridefinizione della viabilità ma soprattutto delle aree di sosta: oggi Ferrara è stata ridotta, in ossequio a una cultura per un verso proibizionista e per l'altro protezionista (di Ferrara Tua) in un enorme parcheggio a cielo aperto. Le strade sono state trasformate in parcheggio, dove le strisce blu invadono anche le zone a ridosso degli incroci. Ciò non fa che accentuare l'intasamento di auto in città. Le poche zone di parcheggio esistenti non sono sufficienti a garantire una adeguata fruibilità della città: occorre incentivare la realizzazione di parcheggi pubblici (con risorse private) sia interrati che riqualificando edifici esistenti (ad esempio l'ex Mercato Coperto), accompagnando tale intervento da una progressiva e proporzionale dismissione delle strisce blu, così da liberare dalla sosta le aree più belle della città, oggi quasi invivibili.

Ma una città appetibile ha anche un traffico scorrevole, monitorato a distanza, con sistemi di riduzione dei tempi di sosta (si pensi alla sincronizzazione del traffico sull'asse Cavour Giovecca).
Una città appetibile è quella dove i mezzi pubblici si muovono con criteri di sostenibilità (per tipologia di mezzi, per dimensione, per frequenza), lungo percorsi razionalmente individuati, senza sovrapposizioni e soprattutto senza dover tutti per forza dover concentrarsi in Corso Martiri della Libertà, per coprire l'intera mappa della città, comprese quelle zone sensibili oggi scoperte, prima di tutto la Certosa, l'area sportiva del CUS e del Campeggio.
Una città appetibile è quella che offre spazi pubblici adeguati e dotati di servizi (prima di tutto servizi igienici pubblici, sicuri e monitorati, in aree idonee), che tiene conto delle esigenze dei diversamente abili; che consente alle attività commerciali di esercitare al meglio le proprie attività usufruendo nei limiti della corretta gestione delle aree pubbliche (per estensione e per qualità) a costi irrisori, riducendo o addirittura eliminando in taluni casi la tassa di occupazione suolo pubblico per alcuni servizi legati all'accoglienza tipo bar, ristoranti ecc. al fine di ampliare l'offerta di servizi per turisti e per gli stessi cittadini, riducendo o eliminando l'iniqua tassa di soggiorno agli albergatori. E' nostra profonda convinzione che chi intraprende attività che possono attrarre turismo, creare forme di aggregazione e di vitalità nella città vada premiato e non tartassato.
Questo è uno dei motivi per i quali riteniamo che nonostante decenni di colpevole eccessiva debolezza nei confronti della grande distribuzione (e i motivi sono talmente evidenti che non vale la pena elencarli) sia necessario operare perché le piccole imprese commerciali sia del centro che della periferia e del forese, siano messe nelle condizioni di sopravvivere e rilanciarsi, perché costituiscono uno dei settori economici fondamentali che sorreggono l'intero tessuto sociale della nostra comunità.
Non possiamo più tollerare che da una parte (politica) si continui a disprezzare il commercio considerando gli operatori di quel settore come “evasori fiscali”.
Il commercio, oltre che ricoprire un ruolo fondamentale di connessione sociale è elemento determinate nel garantire sicurezza alla città: anche quando la sera le attività si chiudono, è importante che le vetrine rimangano accese, perché diventano una rete di presidio della sicurezza. Una vetrina spenta lascia la città incustodita.
Una città degna di questo nome si costruisce intorno e con il pubblico commercio, non lo ostacola e non lo penalizza. Ne va della sua sopravvivenza.
Eventi
Una città è lo snodo di tante e diverse realtà che convivono: occorre creare le migliori condizioni perché ciò avvenga. In particolare il recente successo del Carnevale Rinascimentale – un evento relativamente nuovo, posto al di fuori dalla stagione solitamente considerata ‘turistica’ - dimostra che quando si fa squadra tra tutti gli organismi pubblici del territorio (Comune, Camera di Commercio, Università, Ente Palio) e i privati, si creano i presupposti per rilanciare il tessuto commerciale del centro oltre ai comparti ospitalità e ristorazione.
Per questo diventa fondamentale la programmazione, con una pianificazione di eventi in grado di contemplare tutto l’arco temporale dell’anno, cercando il pieno coinvolgimento dei privati per garantire la continuità di manifestazioni storicamente legate al territorio, o, nel caso non sia oggettivamente possibile, sostituirle con nuove proposte che abbiano un forte appeal turistico.
Da questo punto di vista appare utile uno stretto rapporto con l'Ente palio e le Contrade, vera grande risorsa economica e turistica della città.
Il Palio non è infatti solo Maggio, ma un evento ed una energia che scorre nella città tutto l'anno. Ad esso ed ai suoi animatori, vanno quindi dedicati spazi e luoghi per far vivere la città.
Per questo riteniamo che oltre alla nuova sede dell'Ente Palio, il Comune potrebbe e dovrebbe concedere, opportunamente restaurato, i locali ex Bazzi in Piazzetta Municipale alle Contrade affinché, a rotazione, lo possano trasformare in un centro di attività tipiche, sia storiche che enogastronomiche, comunque legate alla storia della città e del territorio.
Al Palio infine va riservato finalmente un museo, che raccolga costumi, tradizioni, immagini e storie di un evento che è così connesso alla storia della nostra città.

La riqualificazione, inoltre, delle aree destinate alle manifestazioni (piazza Trento Trieste, piazza Travaglio piazza Ariostea ecc.) deve tenere conto della necessità che sia gli eventi tradizionali (mercatini, palio ecc.) che quelli straordinari (Busker's, Mille Miglia ecc.) debbono essere organizzati in modo esemplare, chiedendo garanzie che siano usate strutture e materiali idonei al decoro della piazza, e che vengano salvaguardate, anche economicamente le attività del centro da forme di concorrenza dannose (improvvisati distributori di bibite e vivande ecc.).
Ma soprattutto occorre che tali manifestazioni, itineranti o periodiche, diventino momenti di grande richiamo e di alto livello; la manifestazione che da anni si ripete in Piazza Trento Trieste per tutto il periodo natalizio è quanto di più desolante e controproducente si possa immaginare: sia la qualità scadente delle strutture in cui si svolge l'attività commerciale, ma ancor più le tipologie commerciali ospitate non sono assolutamente idonee ad essere riconosciute come degne di quel luogo e di quel periodo.
Il mercatino di Natale, per citarne uno, deve diventare punto di eccellenza e di richiamo anche turistico, e come tale va riorganizzato e reso anche fisicamente più decoroso, sull'esempio di quanto accade in tante altre città, per non parlare degli esempi di straordinario richiamo in Trentino e Alto Adige.
Riteniamo indispensabile un ripensamento anche per il mercato del venerdì, al quale non si può più concedere l'occupazione della parte centrale della città, in particolare del sagrato del Duomo, con l'indecorosa distesa di bancarelle. L'area di mercato può essere limitata a Porta Reno ed alle zone limitrofe.
Ancor più utile sarebbe individuare nell'area dell'acquedotto, opportunamente attrezzata ad area mercatale, il luogo definitivo per il mercato, così da eliminare definitivamente la sovrapposizione tra mercato e centro storico.
Tale considerazione deriva dal riconoscimento che ormai il mercato ha perso la sua valenza di mercato tradizionalista e generalista: ormai sono ben pochi gli ambulanti cittadini che svolgono questa attività, soppiantati da ambulanti stranieri e di altre città. Non si vuole quindi penalizzare il settore, bensì individuare un rapporto migliore e più solidale tra commercio ambulante e città.

Città e Università
L'Università è una delle principali risorse della nostra città per cui va in tutti i modi salvaguardato il suo ruolo centrale ed essenziale: università non è solo cultura, ma anche ricerca, docenti e studenti che si spostano e che vivono in città, vitalità e occasioni di crescita e così via.
L'Università va utilizzata per quello che è o può essere: il “Think Tank” della città, cui chiedere contributi scientifici e di idee utili alle esigenze, pubbliche e private della città.
L'Università già affianca il settore produttivo, con innovazione e tecnologia, e ha contribuito a dar vita a interessanti Start Up.
Più utile sarebbe a nostro parere che si riuscisse ad allacciare un rapporto di collaborazione con quel tessuto più consistente e diffuso dell'artigianato piccolo o micro, che costituisce il cuore dell'attività del centro ma non solo. Soluzioni non solo di alto profilo, quindi, ma anche per quel tessuto produttivo che più ha bisogno di idee ed innovazione, tecnologie e competizione per stare sul mercato.
Ferrara ha una grande fortuna, e ciò va riconosciuto come merito alle amministrazioni passate, che consiste nell'avere una Università che è un corpo vivo e diffuso nel tessuto civile e urbano; distribuito uniformemente e radicato nella città.
Ma anche le Università vivono in concorrenza tra loro, per cui per garantirci la sopravvivenza delle nostre strutture occorre difenderle e metterle nelle migliori condizioni di operatività.
Ciò vale oggi in modo ancor più evidente per il concreto rischio che Ferrara veda perdere la Facoltà di Medicina a favore di una riorganizzazione regionale che, come al solito, vuole favorire il concentramento delle eccellenze a Bologna.
Ciò non può e non deve accadere: la Facoltà di Medicina, oltre che essere da sempre una delle eccellenze scientifiche e sanitarie in Regione, è un settore anche economicamente prezioso per la città. Studenti e docenti costituiscono infatti una numerosa popolazione, che a Ferrara chiede servizi (alloggi, ristorazione ecc.), dando in cambio un notevole beneficio economico diffuso e diretto.
Ma ancor più sotto il profilo scientifico, non possiamo rimanere inerti assistendo alla spoliazione delle eccellenze mediche di Ferrara, che oltre a depauperare la città di importanti servizi medici e diagnostici, avviliscono il livello scientifico dell'Università.

Occorre coinvolgere maggiormente l'Università in molte delle scelte dell’Amministrazione riguardanti i progetti per la città e per il territorio: va ricercata e sperimentata una maggiore sinergia nell'analisi delle problematiche presenti e un coinvolgimento nella ricerca delle migliori soluzioni in campo urbanistico, scientifico, ambientale e così via.
Fondamentale può diventare il ruolo dell'Università per tutti quei progetti di razionalizzazione della rete di relazioni urbane, di monitoraggio e controllo delle risorse energetiche e ambientali, quell'insieme di attività che oggi vengono definite in modo sintetico con il termine “smart city”, cui la nostra città deve assolutamente far riferimento se intende proiettarsi con strumenti adeguati al futuro.

Città e salute: Cona e Sant'Anna.
Sulla vicenda dell'Ospedale di Cona abbiamo perso.
Ne abbiamo criticato localizzazione, realizzazione, modalità di esecuzione e gestione, durante tutto il lunghissimo periodo dalla concezione all'attuale condizione.
Oggi è però una realtà con la quale fare i conti. E il problema è proprio questo: i conti non tornano. Troppo caro il costo di realizzazione; troppo cari i costi di gestione; troppo cari i servizi resi dal privato; troppo cari i costi per trasporti e magazzini e così via.
Oggi non possiamo accettare che dopo aver pagato un prezzo altissimo per la sua realizzazione, in termini economici, sociali ed urbanistici, oltre a doverne pagare periodicamente in futuro uno ulteriore, elevatissimo per la sua gestione, si debba assistere ad una costante riduzione dei servizi e delle specialità.
Quello di Cona era nato come Ospedale di livello provinciale, poi destinato a centro di eccellenza regionale, ma oggi le sue peculiarità e eccellenze vengono progressivamente messe in discussione e ridotte a causa di incomprensibili politiche sanitarie regionali che intendono anche in questo settore riportare a Bologna le attività d'eccellenza.
Ciò si riverbera in una poco coerente politica sia dell'Azienda Ospedaliera che dell'ASL a causa della quale i migliori specialisti se ne vanno e con essi i servizi ospedalieri migliori.
Paradossalmente, mentre i costi della sanità, a causa di Cona, sono esplosi, il livello delle prestazioni, in qualità e quantità è calato. Basta solo fare riferimento, per citarne uno, al più paradossale dei fenomeni: quello delle liste di attesa degli esami.
Quale meccanismo perverso fa sì che per un esame che in qualsiasi struttura privata, anche della città, si riesce ad avere in tempi rapidissimi, con attrezzature spesso più avanzate, ed a costi praticamente quasi uguali, nella struttura pubblica diventa un calvario?
La sanità pubblica non funziona. Dobbiamo ridiscutere su tutti i tavoli istituzionali il Piano Sanitario regionale, anche per difendere le strutture sanitarie locali, nell'ambito di un diverso rapporto tra Comuni (Comacchio, Cento, Bondeno ecc.) e Regione, così da ridefinire la mappa dei diversi livelli di assistenza sanitaria: presidio sanitario al Sant'Anna; cittadella della salute; rapporti con la sanità privata ecc.
Ma va ridefinita con i sindacati di categoria una più funzionale ripartizione dei compiti e delle mansioni: non è accettabile che per trasportare pazienti da un letto ad una sala operatoria vi siano operatori diversi a staffetta per incomprensibili settorializzazioni di mansione e di sigla sindacale.
La sanità a Ferrara ed in Emilia Romagna, si è nel tempo progressivamente ed eccessivamente sindacalizzata e politicizzata: questo è forse il nodo cruciale che provoca il costante degrado della qualità dei servizi al cittadino.

Non è nemmeno più possibile che tra strutture pubbliche e private si crei solo un rapporto di tipo economico, di subappalto dei servizi, senza creare una reale condivisione anche organizzativa e logistica di livello adeguato alle mutate esigenze. Appare evidente ormai a chiunque che la sanità è diventata un business selvaggio, con la moltiplicazione dei punti di accesso e dei servizi, anche e soprattutto a causa delle Aziende pubbliche. Occorre una razionalizzazione ed una creazione di un autentico Distretto Sanitario, nel quale coinvolgere i privati, per razionalizzare i servizi e le strutture, così da riportare il cittadino al centro dell'attenzione.
Da questo punto di vista la creazione della cosiddetta Città della Salute all'ex Sant'Anna può diventare una prima risposta a patto che sia strutturata come un momento di razionalizzazione e condivisione: altrimenti è meglio lasciar perdere.

Città e ambiente
La questione ambientale a Ferrara assume differenti aspetti; da un lato v'è la necessaria tutela e difesa delle peculiarità ambientali esistenti: le mura, il verde, ecc. dall'altro lato è indispensabile rimettere al centro la tutela e la difesa non solo dell'ambiente ma soprattutto della salute dei cittadini.
Ciò significa ascoltare coloro che da anni denunciano una situazione insostenibile di subalternità al colosso Hera, e in modo particolare a quelle scelte che si basano sul mantenimento del termovalorizzatore ed alle politiche sulla geotermia che del termovalorizzatore diventerà principale alleato.
Accettare il progetto geotermia significa chiudere la porta ad ogni possibile speranza di chiudere anche l'inceneritore.
E' invece nostro obiettivo seppur di medio-lungo periodo, o meglio nei tempi tecnici credibili e plausibili, riuscire a chiudere l'inceneritore. Nel frattempo occorre spingere ed incentivare (molto più di oggi) la raccolta differenziata e tramite essa ricercare modi diversi e più sostenibili di smaltire i rifiuti.
Nell'immediato futuro ciò comporterà necessariamente una ridefinizione dei rapporti con HERA spa, perlomeno per raggiungere una minor dipendenza politica sulle scelte di programmazione ed una maggior trasparenza e competizione, in particolare nella assegnazione dei servizi da rendere ai cittadini.
Ma tutela dell'ambiente oggi significa anche occuparsi dei progetti di trivellazione del sottosuolo, che vanno fortemente contrastate in quanto non vi sono adeguate garanzie sulla loro effettiva innocuità; e questo rischio deve essere considerato sufficiente per impedirle.
Ma un capitolo occorre aprire anche sul versante del territorio, sempre più fragile e a rischio: i geologi da tempo ci avvertono dei rischi di una mancata manutenzione e su scelte, edilizie, urbanistiche ecc. che lo mettono a rischio.
Anche se non sempre ricadono nelle mansioni dei sindaci, vanno però attuate politiche che portino ad una ridefinizione e miglior razionalizzazione delle competenze e mansioni dei vari Enti interessati al monitoraggio e gestione dei fiumi, canali ecc., primi fra tutti i Consorzi di Bonifica.

Turismo
Quando si parla di lavoro, soprattutto in città come Ferrara, spesso si dimentica che esso si crea incentivando i settori economici che lo possono creare. Tra i tanti, un ruolo importantissimo lo svolge il turismo. La scelta di introdurre la tassa di soggiorno è quindi controproducente e insensata.
La città e la pubblica Amministrazione possono ricavare benefici rilevanti, non diretti (come le tasse) ma indiretti, come ricaduta sul tessuto produttivo locale, se si creano migliori condizioni di sviluppo della attività turistica. Il Turismo fa bene alla città. Tassarlo è miope e sbagliato.
Oltre che sostenere il settore, occorre attivare tutte quelle iniziative di razionalizzazione e sviluppo logistico nelle quali tutto ciò che si muove attorno al settore turistico trovi una casa accogliente e organizzata: occorre realizzare anche in questo settore un “Distretto”, che sappia fare sistema tra città, turismo e cultura soprattutto. Oggi di questo sistema locale si parla molto ma lo si pratica poco e in modo sporadico.
Ferrara non è certo priva di estro e vanta un associazionismo di primissimo livello. Un esempio su tutti: le contrade del Palio. Il Palio di Ferrara non è solo Maggio, è rappresentato da mille iniziative, curate nel dettaglio, dalla sapiente laboriosità di borghi e rioni. Il Comune deve dar modo al Palio di far emergere queste eccellenze in chiave turistica, come avviene da sempre a Siena. Taverne e locande rinascimentali, spettacoli in costume, sono esperimenti che hanno già dato ottimi riscontri di pubblico e possono essere proposti, se adeguatamente supportati, durante la maggior parte dell’anno, facendo rivivere i fasti dell’epoca d’oro di Ferrara.
Come già precedentemente accennato, se tutto ciò trovasse collocazione nella Piazza che più rappresenta il cuore storico di Ferrara, Piazzetta municipale, nei locali dell'Ex Bazzi, ne risulterebbe un polo di attrazione e di vitalità straordinario.
Ancora: arricchire il patrimonio del Castello Estense, che ora appare come una bellissima perla vuota, con i costumi e gli accessori del Cinquecento, ricreati dalle sartorie delle contrade, attraverso un Museo del Palio, vorrebbe dire arricchirsi di un patrimonio con fortissima capacità attrattiva, a costi decisamente bassi.

Alcuni settori, in particolare quello congressuale, potrebbero essere potenziati: la nostra è già una città con una offerta di altissimo livello. Manca la concezione del “brand” ferrarese, e di una effettiva efficace rete di supporto.
Da questo punto di vista, lo stesso castello, una volta svuotato dagli uffici della Provincia, potrebbe diventare un polo di assoluto rilievo, dotato com'è di sale per conferenze e dibattiti, oltre che di servizi ed altri elementi di interesse.
Il Castello, da semplice emblema di Ferrara, può diventare il vero centro culturale della città.

Anche in questo caso l'aiuto e lo stimolo dell'Università, e l'esempio di altre città e realtà più organizzate, può portare la città a compiere scelte organizzative innovative e ottenere risultati sorprendenti con una ricaduta importante sul piano occupazionale.
Le strategie turistiche dovranno comunque assumere un ambito più vasto di quello comunale: l'area di riferimento è perlomeno quello provinciale, nella quale i prodotti e le offerte si moltiplicano e si intersecano.
Metterle a sistema sarà compito dei Sindaci.
Si deve puntare anche sulle Grandi Mostre di Palazzo Diamanti oltre che su altri eventi, come iniziative locali e sagre, manifestazioni sportive ed enogastronomiche, Buskers e Balloon Festival, in grado di consentire un rilancio importante dell'intera economia ferrarese. Tutto ciò va però messo con più rigore ed efficienza a sistema, al di là e fuori da logiche spartitorie e di monopolio che alcuni gruppi hanno sinora esercitato per convenienza e provenienza politica, aprendo le porte alla concorrenza ed alle nuove proposte.
Cultura e turismo sono settori diversi, che vanno tenuti distinti: l'identità culturale di una città come Ferrara va preservata e rafforzata con cura ed attenzione. Ma se ciò avverrà, porterà benefici indubbi al comparto turistico, che con il settore culturale, ma non solo, vive e prospera.

Sport
A Ferrara esiste una struttura di assoluto rilievo quale il CUS.
Purtroppo non è raggiungibile con mezzi pubblici, questo la dice lunga sull'importanza che l'Amministrazione dedica al settore sportivo.
Le strutture sportive di Ferrara e del suo hinterland sono numerose, e non sono solo campi da calcio: vi sono piscine, palestre ecc. Il loro utilizzo è quasi sempre gestito da Associazioni Sportive, spesso collegate a radicate associazioni culturali le quali sono diventate in alcuni casi veri e propri piccoli centri di potere.
Primo compito dell'Amministrazione Locale sarà quindi quello di consentire un accesso davvero aperto e trasparente a tutti i cittadini, e non solo ad alcune associazioni che per vari motivi (molto evidenti) hanno assunto posizioni egemoni e dominanti.
Lo sport deve essere considerato un diritto per tutti.
Al tempo stesso vanno ampliate o potenziate le strutture sportive esistenti, soprattutto in quelle aree dove è più alto il rischio di degrado sociale: lo sport è un antidoto a molte forme di degrado sociale, e può essere incentivato anche con piccole strutture, da affidare in gestione a comitati di quartiere, come timidamente sta già accadendo e con successo nell'area GAD.
Allo stesso modo lo sport deve diventare veicolo di promozione di sé stesso: vanno sostenute le iniziative di coinvolgimento della città e nella città: Ferrara città della bicicletta e del podismo ha moltissime manifestazioni di maratona ma nessuna gara di ciclismo. Pensiamo sarebbe opportuno che Ferrara possa promuovere anche sotto il profilo agonistico (dilettantistico o professionistico) uno sport che è tra i più praticati a livello locale, senza dimenticare una rassegna fieristica a cielo aperto, dedicata all’uso non quotidiano della bicicletta.

Infine ci piace riprendere un tema che è già stato introdotto in precedenza: quello del nuovo stadio.
Ferrara si merita di completare la dotazione delle sue strutture ed impianti sportivi con un nuovo stadio, o meglio una struttura polisportiva, localizzata in un luogo non distante dal centro urbano, per continuare a mantenere la tradizione di recarsi ‘alla Spal’ in bicicletta, e al tempo stesso accessibile in modo scorrevole dall’autostrada, con ampia dotazione di parcheggi e servizi.
Il nuovo “Paolo Mazza” dovrà essere una struttura a dimensione urbana, con servizi di alto livello, sicura ed accogliente: ma dovrà anche contenere servizi e attività di supporto, sia commerciali che sportive; e soprattutto, per noi spallini di vecchia data, un museo dedicato alla Spal ed alla sua straordinaria storia sportiva.
La realizzazione del nuovo stadio, che dovrà necessariamente mantenere e “portarsi dietro” storia e affetto che la città ha dedicato all'attuale, compreso il nome e le intitolazioni (Curva Campione ecc.), può avvenire con meccanismi di accordo pubblico-privato, o finanza di progetto, utilizzando come “motore finanziario” la cessione dell'area dell'attuale stadio Mazza.
La “Governance” dell'intera operazione deve essere messa in atto dal Comune. Questa deve essere colta come una straordinaria opportunità di trasformazione urbana, che sarà accompagnata da due diversi concorsi di progettazione internazionale, uno per lo stadio ed uno per il nuovo quartiere, che già di per sé faranno sì che Ferrara venga messa al centro dell'interesse dei media, ma soprattutto garantiranno la scelta del progetto migliore per qualità e funzionalità.
Il controllo sull'operazione da parte del Comune farà sì che si porranno le condizioni affinché le scelte urbanistiche portino un effettivo vantaggio collettivo, sia con la realizzazione di una quota di residenze in social housing, sia con la dotazione di adeguate infrastrutture e spazi pubblici di qualità.
Ovviamente la cabina di regia del Comune dovrà essere ferrea per far sì che questa diventi un’operazione vantaggiosa per il privato (che trovi quindi convenienza a eseguire l'opera) ma soprattutto per il Comune, in termini di qualità urbana, di funzionalità, di servizi. Quello è il ruolo “virtuoso” che noi riconosciamo alla Pubblica Amministrazione.

Cultura
La politica culturale di una città non si misura solo per la ricaduta che essa può avere nel settore turistico, anche se evidentemente ne alimenta in modo decisivo l'attività: altrettanto importante è tutto quanto si può fare per sviluppare una crescita culturale della città e dei cittadini.
In poche parole va perseguita la ricerca ed il consolidamento di una precisa Identità Culturale di Ferrara. La città patrimonio dell'Umanità dell'Unesco non è una sigla.

A nostro parere, la crescita culturale di una città comincia nella scuola, perché è il cuore della formazione delle nuove generazioni.
Nei limiti della programmazione didattica e delle attività extra-didattiche, vanno ricercate tutte le forme di coinvolgimento e di promozione delle iniziative culturali che la città può mettere in campo. A cominciare ad esempio dall'affiancamento alla normale didattica di forme di comunicazione e formazione sull'educazione civica che comprenda soprattutto quelle nozioni sulle responsabilità personali (anche penali) che riguardano il mondo dei giovani e dei giovanissimi: certi fenomeni che vengono associati al termine di “bullismo” potrebbero essere in parte arginati con una opportuna informazione sulle responsabilità dei comportamenti giovanili.
Tale coinvolgimento non può rimanere fenomeno sporadico, ma strutturarsi in un rapporto continuativo, tra pubblica amministrazione e mondo della scuola, rafforzando e promuovendo anche un maggiore e più stretto coinvolgimento delle associazioni culturali cittadine, alle quali deve essere concesso di poter entrare nelle scuole per avvicinare i giovani con un rapporto diretto alle “arti e professioni”
Questo rapporto può servire a creare momenti di coinvolgimento strutturati in campo musicale e artistico, di coscienza civile e di informazione e così via.
La politica culturale del Comune deve quindi avere come obiettivo prioritario la crescita dei cittadini di domani.

Ferrara si è conquistata negli ultimi anni una fama meritoria grazie ai cosiddetti “grandi eventi”. Naturalmente queste occasioni rimangono un'importante vetrina per la promozione della città a livello nazionale e per il sostegno al comparto ricettivo e turistico della città. A condizione che si sappia inserire ogni grande evento in un circuito virtuoso più ampio e strutturato, che porti il visitatore facilmente a contatto con le altre offerte che la città può proporre.
Non sempre si è lavorato in termini di promozione sistematica e strutturata del prodotto “Ferrara”.
Ma Ferrara non può essere solo città di grandi eventi.
Molti anni fa le grandi mostre di Palazzo dei Diamanti si accompagnavano ad interessanti iniziative di diffusione culturale e soprattutto era presente e attivo un Centro di Attività Visive che con i suoi esclusivi rapporti con altri centri culturali europei sapeva proporre manifestazioni di grandissimo interesse.
A quel modello bisognerebbe tornare a guardare con rinnovata capacità propositiva.
Ma ancor più importante sarebbe rimettere in circuito e valorizzare pienamente tutto l'importante patrimonio artistico e culturale diffuso nella città, le molteplici attività esistenti, tutte le varie forme d'arte che a Ferrara faticano a trovare spazio e visibilità.
Penso in particolare alle orchestre, ai gruppi musicali, agli artisti ecc. troppo spesso oscurati e soffocati perché gli spazi disponibili sono quasi tutti assorbiti dai circuiti ufficiali.
La struttura organizzativa del Comune è oggi quasi interamente assorbita dalle attività di Ferrara Arte e del Teatro Comunale. Apriamo queste strutture ad un coinvolgimento maggiore delle iniziative che salgono dalla città, così da sfruttare meglio capacità e professionalità importanti per promuovere la cultura “di” Ferrara e non solo la cultura “a” Ferrara.
Sia sotto il profilo strettamente organizzativo, che logistico (spazi ecc.) la cultura a Ferrara è monopolizzata da associazioni ed Enti politicamente ben individuati. Se da un lato ciò apparentemente garantisce la funzionalità degli eventi, dall'altro provoca una rendita di posizione monopolistica che impedisce o limita l'affacciarsi di altri, singoli o gruppi, che rivendicano autonomia e singolarità.
La stessa rassegna “ferrara sotto le stelle”, certamente meritoria, è ormai da anni monopolizzata e intoccabile. Una maggiore apertura ad offerte ed opportunità diverse potrebbe sicuramente dare migliori risultati di quelli sin qui raggiunti.
Con questo spirito vanno ripensate anche altre scelte sbagliate del passato come ad esempio rinunciare a trovare ospitalità adeguata alla collezione Sgarbi: dopo la chiusura ed il sostanziale fallimento dell'operazione Hermitage, facile sarebbe stato individuare nella palazzina di Corso Giovecca una possibile sede per la collezione messa a disposizione dal critico ferrarese.

La cultura a Ferrara è policentrica e multiforme: si esprime in modi diversi e non sempre prevedibili, a parte gli eventi ormai cosiddetti “tradizionali”. E' questa caratteristica tipica di un mondo in evoluzione e rapido mutamento che occorre sostenere e cercare di mettere a sistema: la prima cosa da fare è aprire ai soggetti interessati tutte le porte disponibili, senza steccati e protezionismi.
La seconda cosa da fare è organizzare una “mappatura” dei luoghi e degli spazi disponibili, individuando potenzialità e disponibilità per ottimizzarne l'utilizzo a vantaggio di tutti i soggetti interessati, anche per evitare errori drammatici come quelli svolti in passato sul Teatro Verdi ed il Nuovo, solo per citarne alcuni.

Burocrazia e Amministrazione
Tra gli argomenti che più spesso vengono messi in evidenza quando si parla di macchina amministrativa, in primo piano c'è sempre la burocrazia.
E non v'è dubbio che la burocrazia sia oggi un freno molto pesante a chi voglia fare impresa, a chi abbia un'attività o la voglia iniziare, e per i semplici cittadini.
Non sempre le responsabilità possono essere addossate al Comune: alcune forme di burocrazia sono imputabili a norme statali.
Ma una forte attività di deregolamentazione e sburocratizzazione si può e si deve fare anche nel Comune.
Innumerevoli sono gli esempi: uno per tutti le contorte e complesse norme di carattere edilizio e urbanistico.
La burocrazia va spesso di pari passo con una macchina amministrativa complessa e pesante, troppo spesso autoreferenziale e ingiustificata.
Molte possibilità di incidere sulla complessità e farraginosità della macchina comunale non sono nelle disponibilità degli amministratori: in particolare le norme sulla mobilità orizzontale dei dipendenti, sulla flessibilità e sulla riduzione del personale, non possono trovare applicazione senza interventi a livello statale.
Ma alcune cose si possono e debbono fare per alleggerire una macchina che è il risultato delle vecchie politiche in gran parte clientelari degli anni passati.
Molto si può fare per aggiornare e liberare energie nuove, cancellando ove possibili molti posti dirigenziali della cui utilità è lecito dubitare e così via.
Più trasparenza e più flessibilità possono diventare le chiavi di volta di un processo di riqualificazione della macchina comunale.
Altri concetti decisivi da introdurre nel rapporto tra amministrazione e cittadino, e che segnano un ribaltamento concettuale in tale rapporto, sono il quoziente familiare e il concetto di residenzialità come valutazione dei criteri di accesso ai servizi comunali.
Un modo per introdurre da un lato una corretta valutazione del ruolo della famiglia e dei suoi componenti nei rapporti soprattutto fiscali con la P.A.
Dall'altro un modo per affermare un principio di trasparenza ed equità nella valutazione dei requisiti, in particolare con il controllo accurato dei Modelli ISEE che determinano l'accessibilità alle graduatorie dei servizi sociali, teatro spesso di evidenti disparità a svantaggio di nostri concittadini.

Digitalizzazione, informatizzazione, monitoraggio e controllo a distanza, insomma tutte le molteplici possibilità che le moderne tecnologie ci offrono per costruire un nuovo modello di “smart city” vanno sperimentate, e utilizzate, per modernizzare una struttura che appare obsoleta e poco efficiente.


Ultima modifica: 14-08-2014
REDAZIONE: Gruppo Consiliare Forza Italia
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