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Intervento sulle linee programmatiche del mandato del Sindaco

di Vittorio Anselmi - 21.07.2014
Egr. Sig. Sindaco

Il suo discorso sulle linee programmatiche di mandato iniziano con una frase che mi accontenta a metà: Ferrara e’ nel presente.
Da qui lei si colloca dentro un realismo positivo. Non sono del tutto d’accordo.
Ricordo quanto ebbe a dire Renzo Piano, non a caso un ben più bravo e illustre mio collega, quando ricevette il prestigioso premio Pritzker: “ per la mia generazione la parola “progresso” ha significato davvero qualcosa; crescere negli anni del dopoguerra ci ha dato una fede ostinata nel futuro. Nello stesso tempo ami il passato e quindi vivi sospeso tra la gratitudine verso il passato e una grande passione per la sperimentazione e l’esplorazione del futuro. Il passato e’ un rifugio sicuro e una costante tentazione. E tuttavia il futuro e’ l’unico posto dove possiamo andare, se davvero dobbiamo andare da qualche parte”.
Con queste parole che ho rubato ho cercato di introdurre il motivo del mio parziale disaccordo con il suo modo di vedere le strategie per la nostra città che spero vorrà considerare non come una pregiudiziale critica politica ma come un contributo da parte di chi cerca nei limiti delle proprie capacità di rappresentare un modo diverso di vedere le cose, forte di un consistente, anche se minoritario, consenso elettorale.
Le sue linee programmatiche sono indubbiamente ampie per trattazione di argomenti e interessanti. Non posso qui affrontare tutti i temi da lei tracciati: mi accontento di indicarne alcuni.
Ed il primo non può che essere quel concetto di “area vasta” che ricorre di continuo nelle pagine del suo intervento. Noi non abbiamo paura dell’area vasta. Abbiamo paura di svendere il nostro territorio ad interessi economicamente più forti perché non siamo per nulla convinti, come mi pare sia lei, che da questa operazione avremo tutto da guadagnare. Noi siamo convinti invece che un conto sia realizzare alleanze e collaborazioni strategiche, altro sia cedere pezzi importanti della nostra città e della società che la compone a realtà che appaiono più forti e sicure. L’abbiamo detto anche in campagna elettorale, e dal suo partito e dai media siamo stati anche derisi e tacciati di superficialità. Siamo abituati a questo atteggiamento. Si figuri che il mio partito e’ nato nel 1994 quando, lo ricordo sempre, c’era ancora il PCI di Occhetto. Sembra passata un’epoca, soprattutto per voi che mi pare abbiate nel frattempo subito mutazioni non solo etimologiche profonde. Noi invece, l’ex partito di plastica, siamo ancora qui. Aveva ragione Natta quando invento’ la plastica affermando che era il materiale del futuro, perlomeno per capacità di resistenza.
Dicevo che in campagna elettorale avevamo affermato della necessità di difendere l’Universita’ ferrarese da ipotesi di riorganizzazione (leggasi chiusura) di alcune facoltà tra le quali persino Medicina. Fummo smentiti e criticati. Ma qualche giorno fa, tra mura amiche, lei qualcosa del genere e’ tornato ad affermarlo, salvo poi correggere il tiro successivamente, quando ha affermato che quattro università in regione sono troppe. Forse voleva dire che le sedi universitarie sono troppe, e fin qui potrei anche darle ragione. Oppure che la macchina amministrativa e’ elefantiaca. E anche qui posso darle ragione. Ma che si debba pensare di chiudere o ridurre delle università a favore di quella più grossa e strutturata, guarda caso Bologna, non mi va e non mi piace. Sposo con favore quanto ha detto L’amico Patrizio Bianchi, che sostiene che quattro università non sono troppe, ma vanno messe in condizione di lavorare meglio. Nemmeno si può pensare oggi di buttare via gli enormi investimenti fatti, sul territorio ferrarese e principalmente a suo favore, in ricerche e strutture come il Tecnopolo e così via. Pensare come fa lei a raggruppamenti di secondo livello, non provinciali, ma nemmeno regionali, avrebbe un senso se vi fossero effettivi vantaggi sotto il profilo culturale, della ricerca, della attrattivita’ economica e così via. Ma una struttura di quel genere l’abbiamo già e l’avete voluta voi per questo: e’ la Regione. Allora usiamola senza inventarci nuovi e incerti rassamblement istituzionali.
La Regione può e deve fare molto per migliorare la attività delle università emiliane.
Ragionare in termini di policentrismo universitario, senza rinunciare alle specificità locali o a immaginare accorpamenti non chiari, può servire a migliorare il sistema. Ma perché poi Ferrara deve rinunciare ad alcune Facoltà per favorire come sempre Bologna? A chi giova se non al sempre amato e odiato capoluogo? Che gioco c’e’ dietro che non conosciamo? Perché vede sig. Sindaco ogni volta che si parla di area vasta regolarmente si va a cadere li! Noi rinunciamo sempre a qualcosa di nostro, guarda caso i pezzi migliori, e non riceviamo nulla.
E’ anche il caso della sanità e, di conseguenza, della Facoltà di Medicina. Sono ormai anni che si susseguono voci, poi timidamente smentite, di un accorpamento “virtuoso” con Bologna. In realtà sembra che la macchina sia da tempo in moto, basti guardare i rilevanti lavori di ampliamento degli ospedali di Bologna: lei l’altra sera l’ha parzialmente confermato come di un processo ineluttabile. Sappia sig. Sindaco che a ciò noi diremo no, e faremo letteralmente le barricate. Si regoli.
La nostra città non è disponibile a svendere e liquidare una delle sue eccellenze che tra l’altro produce un importante reddito indotto, per correre dietro alle chimere bolognesi.
Abbiamo già Direttori Generali che agli ordini dei loro comandanti in regione stanno di fatto smantellando pezzo a pezzo il nostro sistema sanitario. Per tranquillizzare il dott. Rinaldi che mi ha da qualche tempo messo nel suo peraltro affollato libro nero, lo assicuro che il mio e’ un giudizio politico, non tecnico. Mi riferisco in particolare alla gestione di Cona, degli ospedali periferici e da ultimo alla questione delle ferie estive. Per loro vale il principio della sostenibilità economica, per noi cittadini vale quello della qualità e della efficienza del sistema. I cittadini ed anche gli operatori sanitari ormai si stanno accorgendo che non va bene. Ma per lei che è il primo responsabile di questo sistema, possibile che vada tutto bene?
Va tutto bene anche sotto il profilo economico, se riesce a “schivare” elegantemente le critiche che ormai neanche più velatamente tutte le associazioni di categoria fanno alla sua amministrazione, di aver fatto poco per loro. E’ vero che la crisi non è colpa sua, ed anche che negli ultimi anni finalmente (e dico finalmente a buon ragione!) avete messo mano al debito del Comune ed alla tassazione. Ma non basta, perché la situazione e’ drammaticamente più pesante. La nostra Provincia ed il nostro Comune in primis, stanno continuando a perdere terreno nei confronti dei propri vicini e competitor regionali. Tutti gli indicatori economici lo testimoniano: a parità di condizioni generali ciò significa che il nostro sistema non regge il confronto ed è a rischio di una ulteriore marginalizzazione e perdita di attrattiva.
Occorre un cambio di rotta potente, quale noi avevamo auspicato in campagna elettorale, inascoltati. Occorre intervenire su quelle leve, certo ridotte per numero e possibilita, in mano al governo locale, ma che esistono e possono incidere positivamente. Parlo delle leve burocratiche e fiscali. Sulla leva fiscale non possiamo che rallegrarci delle recenti iniziative assunte dalla sua Giunta in materia di tariffe e di tassazione, e sui risultati su riduzione del debito e della spesa corrente. Ma non basta, occorre fare di più e con più coraggio (guardando con fiducia al futuro e non solo al presente), e cogliendo il suo invito lo stimoliamo a intervenire più efficacemente sul debito anche con coraggiose ma necessarie dismissione, al fine di liberare non solo maggiori risorse ma anche creando minor necessità di gettito. Mi riferisco ovviamente alla cessione delle rimanenti quote di Hera, ed alle attività che il Comune gestisce non si sa bene perché non trattandosi di servizi essenziali, vedi farmacie, servizi cimiteriali, parcheggi ecc.
Uno sforzo enorme con il quale certo rinunciamo a qualche spicciolo di utile, ed anche a qualche utile poltrona, ma che avrebbero la capacità di alleggerire in maniera sostanziale la pesante zavorra finanziaria della macchina comunale.
Invece l’unica strada che il Sindaco vede nel nostro futuro e’ l’asse con Bologna.
Certo, dice in Sindaco: Ferrara dovrà inventarsi un ruolo, non possiamo pensare di cannibalizzare Bologna. Ben, ma qual’e’ allora questo ruolo lo chiediamo al Sindaco perché la sua visione non è chiara e nei cinque anni passati non abbiamo colto segnali.
Certo, in queste linee programmatiche non mancano le novità e persino le discontinuità.
Ovviamente apprezziamo i timidi tentativi di rilettura delle diverse realtà di cui si compone il caleidoscopio economico-sociale del nostro territorio, ma avremmo preferito qualche sincera autocritica, unica fonte di credibilità per potersi cimentare in iniziative diverse dal passato. Ma Ferrara e’ in questo una città strana, senza memoria. Non raggiunge i clamorosi vertici di Argenta, che pur avendo subito danni incalcolabili al proprio patrimonio economico e sociale per la vicenda coopcostruttori, il cui insano intreccio con la politica ed il potere e’stato raccontato con dovizia di particolari e con giudizi taglienti dagli stessi attori di allora, purtuttavia insiste a premiare con il proprio sostegno le medesime forze di governo.
Ferrara e’ città senza memoria perché dimentica e perdona L’intreccio tra potere e politica, tra coop e partito, tra potere economico e finanziario, e soprattutto ha assistito senza saper dire no, alla pervicace pervasività dell’infiltrazione del partito dominante, nelle sue molteplici e multiformi versioni, in ogni settore della società civile. Ne abbiamo visto un esempio con la nostra Banca, che in pochi anni da punto di riferimento istituzionale e finanziario, con una preziosa attività di supporto alle tante iniziative di questa città e’diventata un oggetto sconosciuto. Perlomeno perché della reale dimensione del guasto che le precedenti amministrazioni hanno provocato, non è ancora dato sapere. Elemento questo che non ci consente oggi di riflettere con cognizione su quali possano essere gli scenari migliori per far tornare in corsa il nostro Istituto di Credito. Si parla di fusioni, di alleanze e di acquisizioni. Tutto legittimo se prima si dice e si rassicura su ciò che la Carife dovrà diventare. L’acquisizione da parte di Popolare Vicenza sembra la più probabile, viste le dimensioni e le risorse di cui dispone, a differenza di ipotesi diverse più “locali” come l’alleanza con Caricento. Quest’ultima ipotesi sembra irrealistica, a meno che non si metta in conto il rischio di far precipitare anche Caricento in un vortice negativo. In ogni caso chiediamo ai Commissari, cui non è mancato il tempo per fare le proprie valutazioni, di dirci quale sia la situazione. Lo chiedono i risparmiatori, gli azionisti e lo chiede la città.
E’ necessario uscire al più presto da questo stato di incertezza per far tornare la Carife Banca del territorio. E ai Commissari chiediamo anche che si tratti questa importante realtà, nonostante le innegabili responsabilità pesantissime delle precedenti gestioni, in modo non tecnocratico e burocratico: non si salva una banca uccidendo i clienti, chiedendo a imprenditori, commercianti e artigiani di rientrare in fretta dai fidi e dai prestiti. Non si può dilapidare, oltre al malloppo anche la credibilità e il valore della territorialità, del rapporto stretto tra banca e clienti, e la mission importante quanto quella di fare soldi, che una banca territoriale ha: sostenere il tessuto imprenditoriale, la tenuta sociale e le famiglie del proprio territorio.
Abbiamo a cuore le sorti della nostra impresa. Per questo abbiamo voluto come forza politica riprendere il filo di un discorso purtroppo debole nel passato, con le Associazioni di categoria, per capire quanta parte delle loro esigenze non venivano accolte e ascoltate dalla sua amministrazione. Ci siamo accorti signor sindaco che al di la di una generica soddisfazione per alcune iniziative, in particolare sul piano fiscale, non mi pare ci sia un gran feeling.
I commercianti lamentano inerzie e incapacità sul piano promozionale e sulla realizzazione delle necessarie infrastrutture, oltre che sul piano della fiscalità e delle burocrazia. Analogamente abbiamo riscontrato critiche anche importanti in CNA e Confartigianato è così via. Anche nell’ultima assemblea di Un'industria non sono mancate nella relazione del neo presidente Maiarelli accenti critici. Voglio ricordare qui alcune frasi che ha pronunciato e mi sembrano significative: “Alla amministrazione pubblica cittadina chiedo di farsi parte attiva affinché il cambiamento che tutti auspichiamo non resti lettera morta. Io credo che che anche loro possano dare un contributo, pur restando negli ambiti del compito istituzionale che gli è stato assegnato trascenda in qualche modo il ruolo dell’amministratore pubblico come siamo abituati a concepirlo. Si è detto che l’imprenditore viene oggi vissuto da molti rappresentanti delle istituzioni come un antagonista, oggetto di assiduo controllo nonché pesantemente sanzionato alla minima trasgressione. Premesso che il rispetto delle regole e’il fondamento di qualsiasi società civile, credo sarebbe un grande progresso se chi controlla e impone dette regole assumesse un atteggiamento collaborativo anziché esclusivamente impositivo e sanzionatorio nei confronti delle controparti imprenditoriali. Voglio dire che chi fa impresa deve confrontarsi quotidianamente con una selva di leggi, regolamenti, ordinanze non di rado in conflitto tra loro, che sembrano pensate apposta per ostacolare l’azione dell’imprenditore”.
In queste parole sono racchiuse molte delle motivazioni che hanno spinto la nostra azione politica di tutti questi anni: il sostegno a chi intraprende e crea lavoro, e la riduzione costante e progressiva della colossale macchina burocratica del nostro paese. La sussidiarietà come metodo. Certo non molto può da solo un sindaco, ma almeno potrebbe interessarsi di più delle centinaia e migliaia di piccoli imprenditori, commercianti, artigiani e aziende del nostro territorio, che chiedono minor peso burocratico e aiuto alla loro attività, senza nascondersi dietro la foglia di fico di poche e marginali, seppur importanti iniziative virtuose degli ultimi anni. Non basta l’esempio di Louis Vuitton per dire che il Comune sa mettersi al fianco delle imprese. Non è così.
Abbiamo apprezzato che la nostra iniziativa a favore della nostra Camera di Commercio abbia trovato unanime approvazione in quest’aula. Speriamo che questo possa contribuire a rimettere nel verso migliore un dibattito sul ruolo delle camere di commercio che sembra scivolare nella palude della lotta agli sprechi, nonostante la stessa Unioncamere abbia manifestato disponibilità a ridiscutere ruoli e competenze pur di salvaguardare quello che di buono gli Enti più virtuosi stanno facendo: e tra questi un posto di primo piano c'è l’ha la Camera di Largo Castello.
Ma è indispensabile che si cominci a capire che non basta. Occorre molto di più se si vuole difendere sia le cose buone che abbiamo da offrire, sia per attirare investimenti e capitali. Abbiamo apprezzato, la nomina ad Amministratore di Sipro, prima di tutto di una donna, e poi competente. Ci auguriamo che saprà finalmente traghettare una realtà che ha galleggiato purtroppo in maniera periferica e marginale rispetto alle dinamiche produttive ed imprenditoriali del territorio, spesso occupandosi più di iniziative immobiliari che di intercettare le innumerevoli opportunità offerte dai programmi di sostegno comunitario, e di creare occasioni di sviluppo. Ci auguriamo che la nuova Sipro saprà essere un potente motore di sviluppo, che sappia essere l’unico luogo cui riferirsi per conoscere ciò che l’Europa può offrire, senza dispersioni ed inutili e costosi sovrapposizioni.
Allo stesso modo auguriamo buon lavoro al nuovo amministratore della holding servizi. Il nostro plauso va alla scelta di un giovane, sicuramente preparato sotto il profilo accademico, ci auguriamo saprà mettere in pratica queste capacità. Una sfida per lui, una scommessa per il sindaco, ma anche per noi. Non gli faremo mancare il nostro sostegno se saprà guadagnarsi la nostra fiducia.
Concludo, perché non posso dilungarmi oltre nonostante il lungo documento del Sindaco contenga molti spunti di discussione e di interesse. Sui temi della Cultura, del Turismo e dello sviluppo urbano di Ferrara, della scuola e del welfare avremmo molte cose da dire, ma verrà il loro tempo.
Come forza di opposizione Sig. Sindaco le assicuriamo una attività onesta e leale, di attenzione perché siamo ben consci della difficoltà del suo compito e di quello dei suoi colleghi di giunta.
Ma una opposizione costruttiva, come si dice di questi tempi, non pregiudizialmente ostile, deve marcare le differenze, e su quelle impostare il proprio operato.
E le differenze, rispetto a quanto Lei ha indicato nelle sue linee programmatiche, ve ne sono molte, come è giusto che sia tra forze politiche che si contrastano, spero con reciproco rispetto e lealtà. Spero di avergliene già indicate alcune, significative, in questo primo intervento.

Nell’esprimere quindi il mio personale voto contrario intendo riconoscere a Lei ed alle forze politiche che la sostengono, ovviamente il diritto di indicare le linee programmatiche del proprio operato, assicurandovi che terremo alta l’attenzione per verificare il raggiungimento degli obiettivi che vi siete posti, e, per quanto ci sarà consentito, tenteremo di dare il nostro piccolo contributo a far si che la nostra città possa a breve tornare a risalire la china delle classifiche in cui negli anni passati siamo invece sprofondati.

Buon lavoro sig. Sindaco.

Ultima modifica: 14-08-2014
REDAZIONE: Gruppo Consiliare Forza Italia
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