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Sulla vicenda dell'area ex Camilli
Archivio legislatura 2009 - 2014
Sulla vicenda dell'area ex Camilli
di Valentino Tavolazzi *
L’Amministrazione comunale ed il sindaco Tagliani sono in forte difficoltà. Il piano particolareggiato approvato nel 2004 e la successiva convenzione tra il Comune e la ditta Sardo, prevede infatti l’obbligo per quest’ultima a bonificare l’area, nel rispetto delle prescrizioni del progetto integrato dalla conferenza dei servizi alla fine del 2006, ed inoltre la certificazione da parte della Provincia della regolarità del risanamento. Solo dopo questo atto potranno iniziare i lavori di costruzione.
Qui sta l’inghippo. Il Comune ha agito correttamente, ha approvato un piano particolareggiato condizionato alla bonifica dell’area, non ha pertanto alcun obbligo nei confronti dell’azienda. Non si comprende per quale interesse collettivo l’ente locale dovrebbe farsi carico di tutte le operazioni immobiliari private, rese diseconomiche da elevati oneri di bonifica! Spiace per la ditta Sardo, che forse è stata male informata prima dell’acquisto del terreno. Ma che c’entra il Comune? Perché chi ha il ruolo di tutelare gli interessi dei cittadini dovrebbe togliere le castagne dal fuoco ad un costruttore in difficoltà, sborsando (con un baratto) 1,2 milioni di euro ed accollandosi il costo del risanamento? Il Comune aveva messo in guardia l’azienda nel 2004, quando firmò la convenzione.
Che cosa dovrebbe fare il sindaco Tagliani invece di svendere il patrimonio pubblico, dando in permuta un’area pregiata a San Giorgio, acquisita oltretutto per tutelarne la destinazione a verde, secondo la testimonianza dell’ex presidente del consiglio comunale Romeo Savini?
Il decreto legislativo 152/06 (Norme in materia ambientale) impone la caratterizzazione del sito e la procedura di analisi di rischio specifica, quando gli inquinanti superano le «concentrazioni soglia di contaminazione» (CSC); impone l’obbligo di bonifica e di messa in sicurezza, quando essi oltrepassano le «concentrazioni soglia di rischio» (CSR). Per inciso, nel caso ex Camilli, la Commissione consigliare ambiente non ha potuto esaminare e discutere l’analisi di rischio, di cui si ignora tuttora l’esistenza. Quell’analisi, aggiornata ai criteri fissati dal 152/06 ed altre norme, è la prima cosa che dovrebbe ordinare il sindaco.
La seconda, in capo al Comune o alla Provincia, è la ricerca del diretto responsabile dell’inquinamento, su cui grava l’onere della bonifica. Lo stabilisce il citato decreto, salva la facoltà del proprietario non responsabile (ditta Sardo) di sostituirsi ad esso. In caso di persistente rifiuto o impossibilità da parte del diretto responsabile ovvero, in caso questi non possa essere individuato, compete agli enti locali (in primis il Comune) farsi carico della bonifica. Ma gli interventi eseguiti d’ufficio dall’ente, costituiscono onere reale e le spese sostenute sono assistite da privilegio speciale immobiliare sull’area. Il proprietario non responsabile (ditta Sardo) può essere tenuto a rimborsare le spese sostenute dal Comune, nel limite del valore di mercato del sito.
Tradotto: se nessuno bonifica, lo deve fare il Comune. Le spese sostenuta saranno richieste al proprietario dell’area, fino a concorrenza del valore di quest’ultima. Se il proprietario non paga, il Comune dovrebbe richiedere l’intervento della magistratura, fino all’acquisizione forzosa del bene. Tagliani invece cosa si appresta a fare? Paga l’area pesantemente contaminata 1,2 milioni di euro ed accolla al Comune l’onere del disinquinamento! Spieghi ai cittadini come egli stia tutelando i loro interessi! Sateriale, almeno, nel 2008 aveva acquisito l’area Parco a costo zero!
* - consigliere comunale Ppf