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Per un servizio idrico integrato efficiente ed equo

Archivio legislatura 2009 - 2014
La recente liberalizzazione della gestione dei servizi idrici integrati ha suscitato aspre reazioni e discussioni anche a Ferrara. Il rischio è che si alzino inutili barricate tra "pubblico è sacrosanto" e "privato è bello", perdendo così di vista la sostanza dei problemi e le soluzioni possibili.
La nuova legge riguarda la gestione dei servizi idrici integrati, che dovrà essere affidata in via ordinaria tramite gara, anche se l’affidamento diretto è ancora ammesso sia pure in via “straordinaria” (per esigenze ambientali o sociali variamente giustificabili) e previo parere dell’Antitrust.
Discutere allora di acqua come bene comune e dunque patrimonio da sottrarre necessariamente al profitto è fuori tema. Infatti, come non si può vivere senza bere, è altrettanto letale non mangiare. Eppure non risultano movimenti per il pane o l'olio del sindaco. Persino la gestione della salute non è certo sottratta alle leggi del mercato, anche se nei paesi come il nostro è lo stato che paga buona parte dei costi.
Si può certamente concordare con chi sostiene che i confronti con altri paesi, anche Europei, non portano lontano. C'è infatti chi ha privatizzato e sta ripubblicizzando, come invece c'è chi ha pubblicizzato e ora vuole privatizzare. Il tanto citato rapporto 2009 del nostro Co.Vi.Ri ricorda, non a caso, che la prima liberalizzazione avviata nel '94 era intesa a "superare modelli gestionali obsoleti e far fronte ai cospicui investimenti di cui necessitava il settore". Oggi di 114 gestori di servizi idrici integrati, solo 58 sono società interamente pubbliche. Eppure, mentre resta vero che investimenti efficaci non li ha potuti o saputi fare il pubblico, anche dove è arrivato il privato la situazione è migliorata ben poco: permane un'evidente necessità di rimettere in sesto una rete idrica tuttora disastrata, con perdite pari al 37% dell'acqua immessa negli acquedotti, due milioni e mezzo di persone ancora senz'acqua, nove milioni senza fogne e venti senza depuratori. Tutto ciò a fronte di bollette nettamente lievitate, anche se in media ancora molto inferiori a quelle europee.
D'altra parte in Italia i servizi idrici dedicati all'agricoltura (e sono il 90% del totale) sono privatizzati da settant'anni e nessuno sembra averci mai fatto caso.
Allora il problema politico reale non è decidere se è meglio il pubblico o il privato, ma riconoscere che la domanda sociale di servizi indispensabili necessita di risposte pianificate e, soprattutto, governate. Il fulcro nodale della questione idrica sta negli effettivi poteri di controllo e di intervento. Nessuna legge ancora li prevede, ma sarebbe invece fondamentale che fossero affidati ad una Autorità regolatoria indipendente. Le attuali Autorità di ambito territoriale sono chiaramente inadeguate allo scopo, prive come sono dei poteri necessari di controllo e intervento che, opportunamente esercitati, potrebbero efficacemente contrastare anche eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata (possibili, ancora una volta, sia nel pubblico che nel privato).
Per le sue caratteristiche intrinseche, il servizio idrico integrato di un determinato territorio non si presta ad essere affidato a più gestori contemporaneamente; esso è infatti un cosiddetto monopolio naturale, vale a dire un settore in cui – a causa di costi fissi estremamente elevati – è possibile, data la dimensione del mercato, la presenza di un unico operatore. In tal caso allora una corretta politica industriale non deve favorire la concorrenza “nel” mercato (e cioè una pluralità di venditori), ma piuttosto la concorrenza “per il mercato”, vale a dire una competizione vera tra diversi operatori per l’affidamento del servizio. Il potere pubblico seleziona tramite gara il gestore più efficiente e quindi maggiormente in grado di garantire un servizio di qualità a costi più bassi. Sul livello qualitativo del servizio e su quello quantitativo delle tariffe, ovviamente, un potere pubblico che si rispetti è in grado di vigilare con competenza, cognizione di causa ed efficienza.
In questo schema al privato spetta garantire gli investimenti necessari a innovare e mantenere in efficienza gli impianti e la rete, ma anche portare imprenditorialità e riduzione degli sprechi, cose che i carrozzoni pubblici italiani non hanno mai saputo/potuto fare.
La qualità del servizio si può imporre facendo sapere al gestore che il servizio tornerà a gara periodicamente (e fin qui la nuova legge va bene) e che se l'Authority rilevasse inadempienze potrebbe imporre sanzioni anche fino al ritiro della licenza (e qui la legge... fa acqua). Anche perché non si vede come un'amministrazione incapace di controllare un'azienda esterna possa avere maggior successo a controllare propri dipendenti... con propri dipendenti.
La tariffa si determina sulla base di criteri stabiliti, basati sulla struttura dei costi del soggetto affidatario (che si presume essere la più efficiente, dato che ha vinto la gara!), tali da garantire un'equa remunerazione del capitale investito, in modo che non ci siano extra-profitti realizzati sulla pelle degli utenti. Ancora una volta, l’effettiva capacità di controllo in questo ambito è il vero terreno di gioco su cui si misura la competenza, la capacità e l’efficienza del potere pubblico. Sta a noi (e al legislatore, che ha perso un'occasione) far sì che tali caratteristiche siano adeguate, nell’esclusivo interesse dei cittadini. Di certo non si può pensare di mantenere basse le bollette scaricando i costi sulle generazioni future, come dimostra lo stato attuale delle reti.
Le tariffe potrebbero essere scaglionate in base al consumo individuale, magari prevedendo la gratuità per le fasce di popolazione meno abbienti almeno fino ad una soglia minima indispensabile di consumi, in modo da evitare gli sprechi: e qui potrebbe intervenire l'Amministrazione pubblica tramite il concessionario.
Che un servizio pubblico non possa comportare anche un'equa redditività per chi lo gestisce è una affermazione ideologica smentita da tanti di quegli esempi intorno a noi (che dire allora di servizio postale, ferrovie, autostrade, trasporto aereo, sanità) che è persino imbarazzante doverne discutere. Invece, pubblico o privato che sia il gestore, estremamente utile sarebbe stabilire le condizioni con le quali il potere pubblico potesse vigilare efficacemente su servizi pubblici come quello idrico integrato.


Ultima modifica: 31-01-2013
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