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Replica 2 all'intervento del prof. Casaroli pubblicato sul Resto del Carlino del 20/06/2011

Archivio legislatura 2009 - 2014
Il prof. (associato, non ordinario) Casaroli mi sfida pubblicamente a fare "un esempio di capoluogo di provincia italiano con un solo ospedale che non sia collocato nel centro urbano". Evidentemente ignora che anni fa il vecchio e centralissimo ospedale di Lecce –è un esempio– fu trasferito in periferia a 10 minuti di distanza (in automobile: v. google maps) e sostituito da una Cittadella della salute, proprio come sta succedendo a Ferrara.
Avendo io fatto notare che il diritto alla salute non è discriminabile per il fatto di abitare o meno in un capoluogo di provincia, il prof. Casaroli rilancia la sua sfida allargandola anche ai non capoluoghi e affermando che "in tutte le città in cui si costruiscono nuovi ospedali, viene comunque mantenuto quello urbano e ad esso si affianca il nuovo, dislocato in periferia". Egli mostra così d'ignorare, per esempio, che i vecchi ospedali nei centri storici di Gubbio e di Gualdo Tadino sono stati chiusi e sostituiti da un unico ospedale comprensoriale posto a Branca, rispettivamente a 11,5 e 13 km (15 e 21 minuti) dai due dismessi. Un altro esempio che egli ignora è Mestre, dove il vecchio ospedale urbano è stato spostato a Zelarino, 10 minuti più a nord, per essere sostituito da parcheggi, appartamenti e un megacentro commerciale e direzionale. Per non parlare di Schiavonia, dov'è quasi pronto il nuovo ospedale della bassa padovana per ben 64 comuni, in sostituzione degli ospedali di Montagnana, Este, Monselice.
Esempi ce ne sono tantissimi altri, perché la tendenza moderna che il prof. Casaroli evidentemente ignora è costruire ospedali per bacini d'utenza sempre più vasti: un unico grande polo in sostituzione di tutti quelli preesistenti in un determinato territorio, talora in un'intera provincia. Così, per esempio, Massa Carrara ha iniziato la costruzione del suo ospedale unico provinciale nel 2008, mentre anche le province di Prato, Pistoia e Lucca hanno già deciso di costruire i propri. In definitiva, denunciando il nuovo S. Anna come collocato "a scapito dell'ammalato" per essere a 7 km di distanza da Giovecca, il prof. Casaroli mostra di ignorare che tra il 1997 ed il 2007 gli ospedali pubblici italiani sono diminuiti del 30,5% (da 942 a 655; quelli privati da 550 a 542; vedi rapporto OASI 2010 del Cergas-Bocconi), ed è quindi matematicamente certo che è aumentata la loro distanza media dai cittadini. Com’è certo, d’altra parte, che nessun danno ne è derivato alla qualità e alla sicurezza delle cure, che anzi sono significativamente migliorate anche in condizioni d'emergenza. Esiste tutta una letteratura scientifica al riguardo, consultabile da chiunque.
Il prof. Casaroli si domanda persino come possano elencarsi, tra i vantaggi del trasferimento a Cona, anche migliori condizioni alberghiere (non possibili in Giovecca per varie ragioni, anche di spazio visto che parliamo di 191 mila metri quadri edificati a Cona contro i 90 mila attuali), dimostrando così d'ignorare che anche il confort alberghiero, oltre ad essere presupposto di civiltà e dignità, è in grado di influire su molte patologie, soprattutto negli anziani.
Altre affermazioni del prof. Casaroli sono rivelatrici di quanto egli ignora sull'organizzazione dei servizi sanitari e sui relativi standard d’efficacia, efficienza e sicurezza. Non è qui possibile riprendere tutto. Per quanto riguarda la miglior accessibilità di Cona rispetto a Giovecca, rimando a quanto ho già scritto più volte in proposito (anche sul Carlino: il 27/5/10 e il 3/8/10). Da parte mia chiudo qui la polemica sollevata dal Prof. Casaroli, nella quale è stato necessario intervenire soltanto per rassicurare chi sul nuovo S. Anna potrebbe nutrire legittime preoccupazioni e dubbi ingenerati dalla pubblicazione di affermazioni sbagliate e accuse infondate. Accetto comunque di buon grado il suo ultimo consiglio ("faccia il mestiere suo"), per quanto non richiesto e certamente inutile, perché la mia unica professione consiste appunto nello studio, nella pratica e nell’insegnamento dei migliori modi possibili di curare i malati.

Ultima modifica: 31-01-2013
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