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Ospedale S.Anna: il bacino d'utenza di Cona e gli interventi di emergenza
Archivio legislatura 2009 - 2014
Tavolazzi sembra voler riformare la medicina delle emergenze, ma solo per gli abitanti di certi quartieri di Ferrara e dopo l'entrata in funzione di Cona: non si capisce perché le sue obiezioni "mediche", se vere, non dovrebbero valere già oggi e in ogni luogo, Mestre compresa. Tutte le emergenze più gravi della provincia di Ferrara (compresi infarti, ictus, politraumi, gravi emorragie) vanno già oggi al Sant'Anna. Dunque nella sua logica un allarme sarebbe giustificato se in condizioni di emergenza l'accesso a Cona risultasse meno rapido -per la maggioranza dei casi- di quanto non sia oggi quello di Giovecca. Iniziamo allora da questo.
Nel territorio provinciale la sede attuale del Sant'Anna è geograficamente sbilanciata verso ovest e verso nord. Guardando una mappa della provincia di Ferrara è immediatamente evidente che lo spostamento a Cona va nel senso di una correzione di questo sbilanciamento. Quindi, dal punto di vista delle distanze massime che le emergenze dovranno percorrere, Cona non solo non comporta rischi aggiuntivi ma semmai li diminuisce. Resta da vedere se Cona sarà anche raggiungibile in tempi più brevi, in condizioni di emergenza, dalla maggior parte degli abitanti del suo bacino d'utenza. Sommando ai residenti di tutti i comuni provinciali a est di Ferrara (146.452; dati 1/1/09) anche quelli di Cento (34.585), S. Agostino (7.023) e Poggio Renatico (9.253) (perché arriveranno a Cona più velocemente che in Giovecca immettendosi direttamente nella Ferrara-mare da via Uccellino, senza dover quindi entrare nel traffico urbano) abbiamo 197.313 abitanti. All'interno del nostro Comune, a sud della Ferrara-mare e a est di Coccomaro di Cona ci sono altri 25 mila abitanti sicuramente avvantaggiati dallo spostamento a Cona. Dunque la nuova sede ospedaliera sarà raggiungibile più agevolmente dell'attuale da almeno 222 dei 358 mila abitanti (62%) del suo bacino provinciale d'utenza. La stima è conservativa perché, ad esempio, tutte le emergenze vicine all'imbocco autostradale Ferrara nord e lungo la strada Casaglia-Ravalle arriveranno più velocemente a Cona percorrendo l'autostrada (le ambulanze hanno la viacard) fino a Ferrara sud e proseguendo sulla Ferrara-mare. Per minimizzare le dispute, non teniamo conto anche della quota difficilmente quantificabile di cittadini che abitano in posizioni indifferenti rispetto alle due sedi ospedaliere o che, almeno in certi orari, piuttosto che dover sfidare il traffico urbano per arrivare in Giovecca faranno prima a puntare sulla Ferrara-mare da via Bologna o da via Ravenna. Per brevità, infine, non mettiamo in conto che il comune di Ferrara è quello con il più basso indice di gravità degli incidenti stradali (i più alti sono a Ostellato, Migliaro e Sant’Agostino, per non parlare della Romea) e che fuori dal centro urbano di Ferrara gli incidenti sono 5 volte più gravi (dunque con più feriti e più gravi). In conclusione, nessun dato geografico, demografico o epidemiologico indica la possibilità di rischi aggiuntivi dopo il trasferimento a Cona, semmai il contrario.
Ora le questioni tecniche.
Come ho già detto la trasfusione di sangue non è mai la prima preoccupazione nel trattamento dell'emorragia acuta, dato che la correzione dell’ipovolemia è più urgente della ricostituzione della massa eritrocitaria. E' la correzione dell’ipovolemia con sostituti del plasma (cristalloidi/colloidi, la cui infusione richiede comunque tempo) che determina il cosiddetto "riempimento vascolare rapido". Questo, unitamente ad una ossigenazione spinta, rappresenta l'intervento salvavita prioritario che, nelle emergenze sul territorio, può permettere una stabilizzazione del paziente fino all'arrivo in ospedale. L'emotrasfusione non è indicata per l'ipovolemia, mentre il suo effetto ossigenante è più lento perché la capacità di trasporto di O2 dei globuli rossi trasfusi impiega tempo a riprendere dopo il periodo di conservazione sotto i 10 °C, per ridiventare completa solo dopo alcune ore. E' possibile ridurre questi tempi pre-allertando il pronto soccorso per far prelevare le sacche di sangue dai frigoriferi delle emoteche dove è conservato. Arrivati in ospedale, le trasfusioni si faranno in emergenza (utilizzando sangue universale e aumentando così notevolmente i rischi di reazioni gravi) solo se persistono i segni di shock dopo la somministrazione dei fluidi. Invece, si faranno solo dopo aver eseguito tutti i test di compatibilità tutte le volte che è possibile. Se davvero le trasfusioni servissero in ambulanza avremmo da tempo frigoriferi con 4 sacche di sangue universale in tutte le ambulanze medicalizzate e automediche.
Confermo che l'angioplastica non si effettua "per cardiopatie" (ce ne sono molte e diverse), ma solo nell'infarto. Specifico anche che sono le linee guida internazionali (vedi quelle della Società Europea di Cardiologia) a stabilire che se il primo contatto dei soccorritori avviene entro due ore dall'inizio dei sintomi l'angioplastica primaria va fatta entro 90 minuti. Purtroppo molti indugiano ancora a chiamare il 118 o ritardano il primo contatto medico recandosi in ospedale con mezzi propri (è questo il senso dell'esortazione "il tempo è cuore"). Spesso quindi il primo soccorso inizia quando i sintomi sono iniziati da un tempo compreso tra 2 e 12 ore, e le linee guida contemplano che l'angioplastica vada fatta allora entro 2 ore. La fibrinolisi in ambulanza è prescritta invece quando si prevede che il trasporto all'ospedale di riferimento possa durare più di 2 ore, ma proprio i tempi ridotti di accesso a Cona per la maggioranza degli utenti e la riduzione delle distanze massime contribuiranno a rendere questa evenienza sempre più rara nella nostra provincia. Qualcuno potrebbe pure suggerire che proprio perché i nostri servizi cardiologici sono organizzati e diretti dal Prof. Ferrari, Presidente della Società Europea di Cardiologia, i ferraresi possono stare tranquilli sulla loro eccellenza e corrispondenza allo stato dell'arte. Ma basti per tutti il fatto che anche le evidenze sopra discusse (ce ne sono molte altre relative alla miglior struttura, organizzazione e dotazione tecnologica della nuova sede) concordano nell'indicare non solo che non vi sono motivi di preoccupazione, ma che il Sant'Anna diventerà un ospedale migliore e più sicuro proprio quando verrà finalmente trasferito a Cona.