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Responsabilità derivati Dexia e nuovo ospedale a Cona (II)
Archivio legislatura 2009 - 2014
A parte gli insulti e le invenzioni strampalate con cui Tavolazzi tenta di nascondere i fatti (dipendo dall’Università e non pianifico gli ospedali della Regione), la questione è semplice: i documenti dimostrano che come city manager egli non solo raccomandava l'adozione del derivato al Comune di Ferrara, ma aveva anche un ruolo operativo nel trasferimento del Sant'Anna a Cona.
Tavolazzi è diventato city manager non a seguito di concorso pubblico, e nemmeno per mandato elettorale, ma per cooptazione fiduciaria da parte dell'allora sindaco Sateriale. Nessun sindaco designerebbe un proprio collaboratore (assessore, city manager, capo di gabinetto, o altro a qualsiasi titolo) sapendo che è un oppositore della sua politica o del suo programma, così come nessun collaboratore potrebbe accettare la designazione senza condividere il programma che si impegna a realizzare.
Sateriale e la sua maggioranza avevano dichiarato di voler trasferire a Cona tutto il Sant'Anna, pronto soccorso compreso, già nella campagna elettorale del 1999. Nel gennaio 2000 avevano firmato il protocollo d'intesa (con Regione, Provincia ed altri) che dava l'avvio ufficiale al progetto; 3 mesi dopo (24 marzo con decorrenza 18 aprile) avevano cooptato politicamente Tavolazzi nell'incarico di city manager: un incarico strapagato per contribuire alla realizzazione del programma di mandato di quella amministrazione, compreso dunque il portare il Sant'Anna a Cona.
Ora Tavolazzi sostiene di essere sempre stato contrario al polo unico di Cona ma, sapendolo, Sateriale non lo avrebbe mai chiamato a collaborare ai suoi progetti e in particolare a quello di Cona, mentre se davvero Tavolazzi fosse stato contrario non avrebbe potuto accettare una designazione che comportava molto più che far la punta alle matite. Doveva risultare d’accordo! Tanto è vero che Sateriale lo nominò subito nella commissione di garanzia e supervisione per la realizzazione di Cona (cosa che anni dopo l'interessato pateticamente negherà), dove i documenti dimostrano che operò fino a quando venne esautorato "perché voleva fare il sindaco senza essere stato eletto". A rigor di logica, Tavolazzi potrebbe anche essere diventato contrario al polo unico di Cona dopo essere stato city manager, ma lui lo esclude negando ogni sua corresponsabilità anche temporanea. Oppure egli potrebbe essere stato contrario fin dall'inizio, senza manifestarlo per non pregiudicare la propria designazione a city manager. Altre possibilità logiche, però, non esistono.
Un fatto è certo: la sua ben remunerata disponibilità a collaborare, vuoi con convinzione oppure con contrarietà a lungo ben dissimulata, svanì e fu comunque sostituita da un evidente desiderio di vendetta solo a partire da quando (e nei confronti dei politici che) lo sollevarono dall'incarico. Altrettanto certo è che quella fu la fine delle sponsorizzazioni politiche di sinistra (seguirà, anni dopo, l'interdizione da quelle del M5S, perché il nostro sa farsi riconoscere ovunque si rifugi) per la carriera dell’ex militante di partito di lungo corso che coltivava amicizie altolocate nello stesso centrosinistra che solo dopo il licenziamento avrebbe iniziato a disprezzare, dicendosene estraneo.
Oggi, rilevare in tutto ciò un tipico trasformismo opportunista è inevitabile, oltre ad essere il giudizio più benevolo possibile.